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Dalle stelle alle stalle? E’ un attimo!
E poi accadde.
Accadde come sempre, purtroppo, nella storia.
Accadde che gli uomini si dimenticarono presto dei ringraziamenti dovuti a coloro che stavano morendo ed infettandosi negli ospedali per curarli.
Si dimenticarono della Spoon River dei camici bianchi.
Si dimenticarono della distesa di croci.
Si dimenticarono delle pelli dei visi trafitte dalle mascherine indossate per ore e della parola “eroi” che era rimbalzata da un terrazzo all’altro e da un post all’altro… e passarono alle denunce.
https://www.corriere.it/…/cor…/spoon-river_principale.shtml…
Viviamo spesso di “pancia” e di istinti.
E l’istinto è istantaneo.
Come si somigliano queste due parole.
Oggi è così…domani sarà cosà.
Del doman non vi è certezza.
In tutti i sensi.
Siamo un’umanità inaffidabile.
D’altra parte se anche con Gesù Cristo siam passati dalla festa delle palme alla croce sul Golgota, in cinque giorni, non è che ci dobbiamo meravigliare poi molto.
Non c’è niente di nuovo sotto il sole. Continua a leggere Dalle stelle alle stalle? E’ un attimo!
Quando una ragazza di San Patrignano mi raccontò la forza del padre
“Mio padre è morto ed io, in quel momento, ho “ricevuto” la forza di cambiare, scegliendo di vivere. Il suo più grande desiderio si è avverato con la sua morte”
Claudia, dopo aver pronunciato questa frase, si ferma e si commuove.
Anche le mie alunne si fermano.
Come quando nella liturgia del venerdì santo si arriva al: “Allora Gesù, chinato il capo, morì”.
Il lettore si ferma.
Tutto si ferma perché tutto è compiuto.
Si sente che c’è nell’aria qualcosa di misterioso.
Si intuisce che un sacrificio grande si sta trasformando in un’esplosione di vita senza confini.
La “fine” sta diventando “inizio”.
Il fallimento si sta cambiando in vittoria.
Il sogno sta diventando realtà.
Il padre di Claudia è morto da “fallito”, ricco solo della speranza che quel “Tutto è compiuto” diventasse anche per lui anticipazione di una vita nuova.
La vita di sua figlia.
Le sue lacrime, le sue notti in bianco, il suo rincorrere la figlia, le preghiere bisbigliate per lei in ogni dove… tutto era arrivato alla scommessa finale: “Scommetto che non è stato tutto inutile. Scommetto che Dio prenderà i pochi pani e pesci che ho e ci realizzerà il mio sogno!”
Ed effettivamente, caso o non caso, dopo il suo ultimo respiro un vento di vita ha preso la direzione più impensabile, arrivando fino al centro del cuore di Claudia.
Dalla “fine” del padre, è partito un “inizio” per lei. Continua a leggere Quando una ragazza di San Patrignano mi raccontò la forza del padre
L’amore è il caos perfetto con promesse allettanti
“Prof, lei ci ha chiesto cosa significa per noi la parola amore ed io voglio risponderle, dicendole tutto quello che penso. Userò questa lettera come “modo” per sfogarmi e, se ci fossero imperfezioni o sbagli, lei non ci badi e vada avanti come fosse una lettera perfetta sull’amore.
Perfetta come è l’amore. Lo so, in amore si soffre e si piange anche, ma il bello è proprio questo. L’ amore è un sentimento fortissimo che ne racchiude tantissimi altri: dai più belli ai più brutti.
Quindi l’amore è un caos, ma pur sempre una forma caotica dove circola il bene. Amare è sempre sinonimo di bene. A prescindere.
Ed il bello è che viene da sé. Nessuno ha il prefisso per chiamarlo. Arriva e basta. A volte neanche te ne accorgi di essere sfiorato dall’amore. Oppure te ne accorgi dopo un po’. L’amore ti è accanto ma tu lo sai e non lo sai.
Però ti fa vedere di ciò che è intorno a te ed in te, perché ti fa accorgere della vita. Priscilla.”
Cara Priscilla, hai presente un labirinto che spesso ti dà l’impressione di tornare al punto di partenza?
Hai presente un cammino così complesso e arzigogolato da farti sfiorare la tentazione della resa?
Hai presente un’esplosione di caos emozionale che ti scombussola ma, contemporaneamente, ti ridà la bussola della vita in mano?
Hai presente la gioia e l’angoscia, l’entusiasmo e la depressione, l’est e l’ovest, il bianco ed il nero, la passione e il tormento, l’avanti e l’indietro…?
Ecco, tutto questo caos è l’agitazione perfetta delle acque amorose.
L’amore è un vortice di emozioni e sentimenti che coniuga ogni gesto al futuro anteriore. Sentiamo di stare dentro una “promessa” che ci precede e, contemporaneamente, sappiamo che tutto è ancora da inventare.
L’amore si insinua tra genitori e figli, tra colleghi ed amici, tra appassionati e studiosi, tra amanti e innamorati, tra piede e pedale, tra occhio e stelle, tra scultore e marmo. Continua a leggere L’amore è il caos perfetto con promesse allettanti
Il bullismo raccontato da una fragilissima e tosta quattordicenne
Si chiama Alice, ha 14 anni, un aspetto bellissimo (particolare da tenere bene in mente quando leggerete il suo scritto) ed alcune fragilità che l’hanno resa speciale.
Un giorno mi si è avvicinata con un bigliettino scritto a mano.
Me l’ha dato quasi sottobanco dicendomi: “Qui prof ho scritto alcune cose che non sono riuscita a dirle a voce. Vorrei che le leggesse!”
Mi sono portata a casa quel bigliettino prezioso e per alcuni giorni non sono riuscita neanche ad aprirlo per le tante corse che sempre mi accompagnano nelle mie giornate.
Poi oggi l’ho aperto e l’ho letto.
Sono rimasta a bocca aperta per quel che mi diceva e per come me lo diceva. Con il suo permesso, farò diventare questo bigliettino, ricchezza per tanti!
“Buonasera prof, le vorrei raccontare una cosa che non ho fatto in tempo a dirle la scorsa lezione, quando abbiamo parlato del bullismo.
Io dalle persone non sono mai stata accettata. Per la mia timidezza. Quando sono con le persone non so mai cosa dire.
Ecco perché ho sempre cercato di legarmi con persone molto
estroverse. Ho cercato, perché in realtà non ci sono mai riuscita.Osservandomi da cima a fondo, vedendo il mio abbigliamento, il mio silenzio…le ragazze della mia ex scuola (parlo delle medie inferiori prof) mi hanno sempre presa di mira, parlando male di me tra di loro. E siccome in gruppo io non parlavo, loro non mi rivolgevano parola e mi trattavano come fossi un essere invisibile.
I ragazzi, beh…ancora peggio. Mi facevano sentire male per il mio aspetto fisico, facendomi sentire più brutta di quanto io non lo fossi già.
Lo scorso anno, in terza media, tutto è iniziato in un modo che mai mi sarei aspettata. Mi sembrava di vivere un bruttissimo film. Scotch nei capelli, sempre presa di mira nel peggiore dei modi, facevano volare i miei oggetti…arrivai ad un punto tale che piangevo come una bambina e desideravo cambiare scuola. Alla fine dissi qualcosa ai prof e loro presero provvedimenti.
Tutti mi consideravano la più debole, ma ero la più forte.
Lì poche persone mi sostenevano e quelli che si
consideravano forti, si sono poi rivelati deboli e pieni di paura. Avevano paura persino di dire al prof: “E’ stato quel tipo a rubare i libri dagli zaini, per copiare”. Io sono stata l’unica a dirlo. Tutti gli altri avevano paura di quello lì. Stavamo rischiando una nota di classe ed io sono stata l’unica ad ammettere chi fosse il ladro dei libri.Per me la cattiveria non ha lo scopo di indebolirci ma di fortificarci. Ecco perché non può essere eliminata.
Io quest’anno mi sto trovando bene. La classe è parecchio vivace ma anche divertente e in molti mi hanno accettata. Ho anche più amici. E se io, che in genere ho molta pazienza, arrivo al limite, uso il mio carattere. E’ morta quell’“Alice” che stava
zitta e buona buona.E non vale la pena uccidersi per quelle persone super deboli. Anzi, rispondete, parlate con i migliori amici, con i genitori, gli psicologi, i professori, i presidi…
Uccidermi, mai e poi mai! Siamo giovani ed abbiamo tutta la vita davanti.
Scusi per gli errori grammaticali; l’ho scritto di fretta. Arrivederci prof e grazie per avermi ascoltata. Alice”
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“Se non mi sfiorassero i dubbi, la vita sarebbe scontata e la fede sarebbe una cosa da burattini” (A. d’Avenia)
Buonasera, sono Debora ho 17 anni e frequento il quarto anno del liceo delle scienze umane. Ho trovato per caso il suo blog e ho deciso di scriverle perché da questa mattina (precisamente da dopo l’ora di filosofia, durante la quale abbiamo parlato di Cartesio e di Dio) mi sono iniziati a venire dubbi riguardo Dio. Fin da bambina ho sempre creduto. Faccio attivamente parte all’oratorio con i bambini che chiude l’anno con il Grest. Questo mio dubitare mi fa stare male; soprattutto perché non trovo risposte. Sinceramente non so vedere la mia vita da non credente, ma i dubbi che ho sono grandi e, secondo me per ora, senza uscita. Spero che lei mi riesca ad aiutare.
Buona serata
Debora
Carissima Debora, stai crescendo ed è cosa buona e giusta farti un sacco di domande, lasciandoti alle spalle una fede un po’ da bambina, “ereditata” dagli adulti intorno a te.
La tua vita ha bisogno di una tua scelta libera e di una fede personale conquistata anche con domande e risposte intimamente tue.
E’ il momento in cui ci si chiede: “Ma sarà vero tutto questa storia di Dio? Sarà tutta una montatura? Sarà auto-convincimento? Suggestione psicologica?”
Queste domande e questi dubbi sono inevitabili durante la nostra vita (non solo alla tua età). Siamo esseri umani e creature in perenne ricerca.
La fede è qualcosa di vivo ed in continuo movimento.
Non è un oggetto statico: o ce l’hai o non ce l’hai.
E’ conquista ed è dono.
E’ punto interrogativo e punto esclamativo.
E’ cercare Dio continuamente per poi scoprire che, se lo facciamo, è perché Lui già si è fatto trovare (“Nessuno viene a me se il Padre non lo attira” Gv 6,44)
La fede è germe di vita che va curato e nutrito.
E’ riflessione, studio, cultura ed approfondimento teologico, per non essere “creduloni” ma “credenti” « pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi » (1 Pt 3,15).
E’ esperienza, per diventare testimoni entusiasti e non predicatori intellettuali o professionisti del sacro. Continua a leggere “Se non mi sfiorassero i dubbi, la vita sarebbe scontata e la fede sarebbe una cosa da burattini” (A. d’Avenia)
“Lasciami volare!” disse il pesciolino rosso che non voleva morire
“Prof, potrebbe darci una mano? Potrebbe leggere nelle classi il libro “Lasciami volare” e preparare tutti gli studenti all’incontro con Gianpietro Ghidini?”
“Certo Maikol!” rispondo subito entusiasta.
Lo sono sempre quando vedo i rappresentanti d’istituto darsi da fare per organizzare le cose, al meglio. Però aggiungo: “Ma chi è Gianpietro Ghidini? E quel libro dove lo trovo? Di che parla? Quando verrà ‘sto tipo? E l’argomento qual è?”
Maikol, dall’altra parte del telefono, mi risponde sorridendo tra il divertito e l’imbarazzato: “Ecco prof, facciamo così: potrei dare il suo numero alla responsabile dell’Associazione “
Quattro maggio”, che ne dice? Così questa signora la chiamerà e le spiegherà tutto”.
Come si fa a dire di no a Maikol, un sorriso che più dolce non si può, con due occhi furbi da morire.
Un paio di settimane dopo ricevo la telefonata: “Prof.ssa Corvo Maria Cristina? Il suo numero me lo ha dato Maikol, un suo alunno, e…”
“Sì, sì, mi aveva avvertita!” rispondo contenta di poter finalmente avere delle risposte. “Mi dica pure che sono felice di ascoltarla!”
“Ecco professoressa, nel nostro paese, un po’ di anni fa, è nata quest’associazione chiamata “Quattro maggio” in ricordo di due ragazzi, purtroppo morti per overdose. Quattro maggio è appunto la data di nascita di Danilo, uno dei due ragazzi. L’altro si chiamava Gabriele. Forse si ricorderà di questo fatto e…”
Il mio cuore inizia a battere forte. Gabriele era stato un mio alunno: come dimenticarsi il suo sorriso? Quel fatto, poi, me lo ricordavo perfettamente anche per altre strane fatalità che mi urlavano dentro: “Guarda quante strane coincidenze nella vita! Guarda come tutto si ricollega e come è piccolo il mondo!”
La signora, intanto, mi stava spiegando tutto molto bene. Mi parlava di padri feriti a morte dalla morte dei propri figli…di un papà che aveva voluto reagire a quel diluvio di dolore, facendo un’associazione che si occupasse di prevenzione alla tossicodipendenza…mi raccontava di iniziative volte a dare overdose di vita, più che prediche o informazioni sulle conseguenze della droga.
Più mi parlava e più mi sentivo felice di poter dare una mano a quest’Assemblea Generale della mia scuola. Ero sul serio emozionata per poter reincontrare, nel mio cammino, Gabriele, il mio ex alunno. Continua a leggere “Lasciami volare!” disse il pesciolino rosso che non voleva morire
Per consacrarsi bisogna avere un cuore da mendicanti
“Ciao Cristina, potresti pubblicare qualcosa che spieghi cos’è un atto di consacrazione?
Lo scopo? Per chi si può invocare? Chi può richiederla?
So di consacrazioni soprattutto a Maria.
Buona giornata e grazie per i tuoi post”
Cara Paola, vorrei iniziare mettendo subito a nudo la mia grande difficoltà nel risponderti.
E’ difficile, infatti, parlare di “consacrazione” senza rischiare di aprire la porta al devozionismo e non alla devozione, alla fragile emozione e non alla vigorosa volontà.
La consacrazione non è una pratica religiosa propiziatoria rivolta a Dio, affinché Lui faccia ciò che gli chiediamo (anche se spesso viene vissuta così).
Per balbettare qualcosa di sensato sulla consacrazione, mi sono rivolta al gigante dei giganti: Paolo di Tarso.
Tipo deciso e tosto che, tra il 55 ed il 58 scriveva ai Romani (12,2): “Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà”
Wow! Per piacere; rileggiti lentamente questa frase. Parola dopo parola. Lentamente.
Adesso puoi continuare a leggere ciò che ho scritto, perché oramai il più è stato detto.
Le fondamenta sono state gettate.
Il muro portante è stato alzato.
Paolo, infatti, ci ha detto l’essenziale; la nostra mente deve essere rinnovata per capire ciò che Dio vuole.
Come?
Non mediante virtuosismi intellettuali od elucubrazioni filosofiche (che poi servono quasi sempre a foraggiare il nostro “ego”, mai sazio di trionfi), ma tramite l’esperienza.
“Per esperienza” possiamo arrivare a conoscere la volontà di Dio; la sua “buona, gradita e perfetta volontà”.
Partendo da questo primo punto, possiamo allora allontanarci il prima possibile dall’idea di una Volontà Divina triste, punitiva, giustiziera, angosciante, seriosa…
La sfida del cristianesimo in questo terzo millennio consisterà proprio nel passare da una fede crocifissa ad una fede risorta!
La gioia cristiana è una tristezza superata, è un banchetto nuziale che inizia qui e finirà nell’eterno cuore di Dio. Continua a leggere Per consacrarsi bisogna avere un cuore da mendicanti
“Piacere, sono lo Spirito Santo” “Chi, scusi? Può ripetere…”
“Senti, ti va di fare un incontro con i ragazzini della cresima?”.
“Iooo? Io non sono capace di parlare ai preadolescenti… io sono sempre in contatto con ragazzi più grandi… non sono la persona giusta don Gabriè!”
“Allora vorrà dire che verrai e ci darai la prova di non essere la persona giusta”.
Sono in Francia e non posso permettermi telefonate lunghe. Chiudo il cellulare ed ho la sensazione di essere stata fregata alla grande. Ma che si deve dire ai ragazzini della cresima?
Per caso sono quegli stessi ragazzini che, secondo le statistiche, scappano dalla parrocchia appena fatto il sacramento? Quelli che arrivano alla cresima in overdose di prediche e spiegazioni teologico-spirituali sui sette doni dello Spirito Santo? Quelli che “Finalmente è arrivata ‘sta domenica e poi…cciaooo belli!!!La parrocchia non fa più per me!”
Sono arrivata al punto di chiedermi (seriamente!) se abbia un senso far fare il sacramento della Confermazione in un’età in cui tutto grida ribellione verso il mondo degli adulti.
E così, con questo bagaglio di dubbi educativo-catechistici, per l’incontro con questi ragazzini ho fatto una scelta: racconterò tutte storie realmente accadute che testimonino la presenza dello Spirito Santo nella vita di ciascuno di noi. Voglio evitare il più possibile di ridurre la Terza Persona della Trinità ad una specie di fantasma inafferrabile, una realtà evanescente, una forza misteriosa ed indecifrabile.
E’ una persona divina! Ha una volontà di bene per noi! E’ Dio! Ci circonda tutti come il vento leggero, ci sostiene in vita come l’ossigeno.
Non lo vediamo ma lo “sentiamo” intorno a noi: esattamente come il vento e l’ossigeno. Continua a leggere “Piacere, sono lo Spirito Santo” “Chi, scusi? Può ripetere…”
“Il teatro va fatto; meno si parla e meglio è” (M. Scaccia)
“Alla fine di queste due ore passate insieme, secondo voi, cos’è il teatro?”
E’ Fabio che parla; un ragazzo di 43 anni che si presenta così ai miei studenti. Mi ricorda una frase di George Bernard Show: “L’uomo non smette di giocare quando invecchia, ma invecchia quando smette di giocare”.
Ma torniamo indietro nel tempo, a gennaio scorso. Volevo proporre ai ragazzi un’assemblea di classe alternativa. Lo slogan era: “Sto’ mese, la famo strana!”
Traduzione: “facciamo qualcosa che, in genere, non entra mai dalla porta dell’aula, nell’assemblea di classe!”
In ogni scuola (o quasi) si fanno corsi teatrali pomeridiani e a partecipare sono solo i ragazzi che, ovviamente, scelgono di farli. Cioè c’è già una selezione a monte, fatta proprio dagli alunni stessi. A gennaio iniziai a pensare: “E se noi invertissimo le parti? E se invece che mandare Maometto alla montagna, facciamo venire la montagna a Maometto?”
Traduzione: “E se invece che far fare teatro solo ai ragazzi già incuriositi o predisposti, facessimo fare due ore di teatro anche a quelli convinti di non esserci portati e che non lo farebbero mai?”
E’ nata così questa telefonata: “Fabioooo!!! Come staiii!!!”
Fabio è un mio ex alunno che la vita ha portato a fare, per passione, il teatro. Ha alle sue spalle una Compagnia Teatrale chiamata “Papaveri e Papere”, ama recitare ed ultimamente si è divertito (perché lui è proprio così: unisce sempre la passione col divertimento) a fare il regista.
Chi meglio di lui poteva aiutarmi?
“Fabio pensavo…se tu venissi a scuola…facciamo l’esperimento con una classe…sai quanto sia importante certi esercizi teatrali per crescere, sperimentare, allargare la mente a…bla bla bla…”
“Cri, ora sono in viaggio, però l’idea mi piace! Ti aiuterò. Io sono spesso fuori per lavoro. Quindi lo faremo di sabato; l’unico giorno della settimana che sono certo di essere libero. Scegli la classe e dimmi in quale sabato dovrò venire!”
“E se fossero due classi?”
“Va bene, dai.”
“E se fossero tre?”
Sospiro dall’altra parte del telefono. Fabio sta iniziando a capire che mi ha dato una mano ma io mi sto prendendo l’intero braccio. Continua a leggere “Il teatro va fatto; meno si parla e meglio è” (M. Scaccia)