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San Patrignano ha roba fatta con amore!
Un gesto d’amore e tutto cambia
Questa foto l’ho scattata il 2 marzo 2023 a San Patrignano. Sono alcuni miei studenti intenti a guardare i colori arcobalenati (come direbbe Giorgia, la mia nipotina) nella parte della comunità dove si lavora sulla grafica.
Eravamo in 86, ma domani ci tornerò con quasi 150 studenti liceali.
Il 2 marzo, tra le tante storie ascoltate, una mi è rimasta particolarmente impressa.
Ve la voglio raccontare.
Maria (la chiamerò così) ha 21 anni ed oramai la sua vita è una discesa verso l’inferno. La droga e la prostituzione l’hanno schiacciata e lei ha dimenticato di essere un essere umano.
Una sera di pioggia e vento è accasciata per terra, avanti ad un portone, nel maldestro tentativo di ripararsi dalla pioggia battente.
E’ in quel momento che arriva un signore. Sui sessant’anni. Abita lì, in quel palazzo. Le chiede come sta. Le domanda se vuol salire per asciugarsi.
Lei sale. Non le pare vero.
Lui le chiede se vuole farsi una doccia e dormire in casa, al caldo.
Lei si lava. Non può credere a tanta tenerezza.
E siccome non ci crede perché la vita le ha insegnato questo, si prepara a pagare il prezzo dell’inaspettata ospitalità, con le prestazioni sessuali che oramai sono diventate l’unica moneta che lei usa, per avere qualcosa in cambio.
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L’affetto ci salverà
“STAMMI VICINO”. “NON TI LASCIO” “MI VUOI BENE ANCORA?” “DI PIU’”
Quando entra in sala insegnanti o in classe non passa inosservata: è troppo simpatica ed allegra per non farsi notare.
Sportiva, spontanea ed amica mia.
Da tanti anni ci conosciamo ed il tempo ci ha piacevolmente legate. All’inizio abbiamo cominciato con il condividere i viaggi d’istruzione ed i progetti scolastici. Poi, pian piano, abbiamo condiviso anche i retroscena delle nostre vite, comprese confidenze intime e lacrime.
Anche quando la scuola ci ha divise, mandandoci in luoghi diversi, la nostra amicizia è rimasta.
Vera e spontanea come è sempre stata.
Quando insegnavamo nella stessa scuola, io l’ammiravo tanto per come riusciva a non farsi fagocitare dalla sua terribile vita privata, dando sempre un’immagine di spensieratezza ed alta professionalità.
Eppure…
Eppure, come tanti di noi, anche lei aveva la sua battaglia personale sconosciuta ai più.
Ancora ricordo le sue lacrime quando mi raccontava di aver trovato polizia ed ambulanza vicino casa sua perché …
Non vado nei particolari ma scrivo solo una parola: tossicodipendenza.
Un figlio bravissimo ed un figlio difficilissimo.
Lo scrivo questo particolare, perchè voglio proteggerla dai giudizi faciloni di chi, baciato dalla fortuna, crede che il proprio bravo figlio sia merito esclusivo della sua bravura educativa.
La crescita di un figlio dipende da così tanti fattori …
Quando si toccano questi tasti, è sempre troppo facile giudicare e sentenziare.
Un po’ di giorni fa la chiamo e lei mi dice: “Cri, ho scritto una lettera a Carolina. Anche lei ha avuto un figlio tossicodipendente e mi può capire. E sai una cosa? …” Continua a leggere “STAMMI VICINO”. “NON TI LASCIO” “MI VUOI BENE ANCORA?” “DI PIU’”
Una storia vera. Perchè la realtà supera la fantasia e i sogni raggiungono la realtà.
E’ giovedi 2 maggio 2019 ed io sono a San Patrignano con circa 90 miei studenti.
Da sempre sono fortemente attratta dai luoghi dove si raccolgono creature che cadono e si rialzano.
Dentro le vene di San Patrignano scorre sangue rosso vita.
E’ un sangue che si racconta.
Come il sangue rosso vita che ci ha donato Marco (non è il suo nome vero, ma non è questo l’importante del racconto). Non posso farvi sentire le sue pause, il suo tono pacato, il silenzio concentratissimo che ha accompagnato i 35 minuti del suo racconto. Ma posso farvi leggere quello che ha detto, riprendendolo parola per parola, dalla registrazione che ho fatto quel giorno.
Potrete leggere e farvi anche voi la vostra dose quotidiana di coraggio e rinascita.
Buona lettura a voi e buona vita a Marco!
Mi chiamo Marco e sono di ********. In famiglia i miei mi hanno sempre ricoperto di attenzioni ed amato. Anzi, mia sorella era pure gelosa di me per le attenzioni che avevo…. Ma quand’ero piccolo non riuscivo a stare fermo, ne combinavo una dietro l’altra, finché un giorno ne ho combinata una talmente grande che la maestra mi ha preso per i capelli e me ne ha date talmente tante… e poi mi ha messo sotto la cattedra. Quest’episodio mi ha un po’ cambiato perché, da lì in poi, io non sono più stato vivace. Mi sono rinchiuso in me stesso. Non parlavo più. Tornavo a casa, mia mamma mi vedeva strano ed io non dicevo niente. Ero silenzioso. Però dopo alcuni giorni stavo talmente male che mi son messo a piangere ed ho raccontato a mia mamma tutto quello che era successo con la maestra… lei mi ha cambiato scuola. La seconda classe elementare l’ho fatta in un altro istituto. Ma quando sono arrivato lì, io oramai non ero più lo stesso. Se prima ero di compagnia e scherzavo, lì stavo in un angolo, da solo, perché avevo paura delle reazioni degli altri. Non riuscivo ad interagire con gli altri. Ero sempre da solo e venivo preso di mira. Ricordo che anche quando mi chiedevano qualcosa io non riuscivo a parlare tranquillamente. Balbettavo. Sono cresciuto così fino alla quinta. Continua a leggere Una storia vera. Perchè la realtà supera la fantasia e i sogni raggiungono la realtà.
Quando una ragazza di San Patrignano mi raccontò la forza del padre
“Mio padre è morto ed io, in quel momento, ho “ricevuto” la forza di cambiare, scegliendo di vivere. Il suo più grande desiderio si è avverato con la sua morte”
Claudia, dopo aver pronunciato questa frase, si ferma e si commuove.
Anche le mie alunne si fermano.
Come quando nella liturgia del venerdì santo si arriva al: “Allora Gesù, chinato il capo, morì”.
Il lettore si ferma.
Tutto si ferma perché tutto è compiuto.
Si sente che c’è nell’aria qualcosa di misterioso.
Si intuisce che un sacrificio grande si sta trasformando in un’esplosione di vita senza confini.
La “fine” sta diventando “inizio”.
Il fallimento si sta cambiando in vittoria.
Il sogno sta diventando realtà.
Il padre di Claudia è morto da “fallito”, ricco solo della speranza che quel “Tutto è compiuto” diventasse anche per lui anticipazione di una vita nuova.
La vita di sua figlia.
Le sue lacrime, le sue notti in bianco, il suo rincorrere la figlia, le preghiere bisbigliate per lei in ogni dove… tutto era arrivato alla scommessa finale: “Scommetto che non è stato tutto inutile. Scommetto che Dio prenderà i pochi pani e pesci che ho e ci realizzerà il mio sogno!”
Ed effettivamente, caso o non caso, dopo il suo ultimo respiro un vento di vita ha preso la direzione più impensabile, arrivando fino al centro del cuore di Claudia.
Dalla “fine” del padre, è partito un “inizio” per lei. Continua a leggere Quando una ragazza di San Patrignano mi raccontò la forza del padre
“Fidatevi dei vostri sogni, perché in essi è nascosto il passaggio verso l’eternità” (Kahlil Gibran)
“Va bene, richiamiamolo”
Quando mi chiedono perché ho fatto tornare Giampiero Ghidini nella mia scuola, a distanza di soli due anni, rispondo che essenzialmente è per due motivi:
- sono attratta da coloro che non si sono fatti schiacciare dalle prove della vita, mantenendo intatto il ruggito del guerriero
- sono affascinata dalle persone che narrano di una forza interiore, riconquistata con il tocco misterioso di un familiare che vive nell’altra dimensione
Gianpietro Ghidini ha tutte e due questi motivi.
Bertolt Brecht ha scritto: “Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi, altri che lottano un anno e sono più bravi, ci sono quelli che lottano più anni e sono ancora più bravi, però ci sono quelli che lottano tutta la vita: essi sono gli indispensabili.”
Io ho voluto far incontrare i miei studenti con uno di questi “indispensabili”.
Mercoledì 25 ottobre l’ho osservato attentamente nella lunga Assemblea Generale organizzata al Palazzetto dello Sport della mia città.
L’ho visto mentre era sinceramente emozionato in attesa della lunga chiacchierata che avrebbe fatto di lì a poco con più di mille ragazzi.
L’ho inseguito con lo sguardo mentre si muoveva col microfono in mano, gesticolando emozioni profonde e spandendo energia buona sul giovane pubblico. Continua a leggere “Fidatevi dei vostri sogni, perché in essi è nascosto il passaggio verso l’eternità” (Kahlil Gibran)
Il bullismo raccontato da una fragilissima e tosta quattordicenne
Si chiama Alice, ha 14 anni, un aspetto bellissimo (particolare da tenere bene in mente quando leggerete il suo scritto) ed alcune fragilità che l’hanno resa speciale.
Un giorno mi si è avvicinata con un bigliettino scritto a mano.
Me l’ha dato quasi sottobanco dicendomi: “Qui prof ho scritto alcune cose che non sono riuscita a dirle a voce. Vorrei che le leggesse!”
Mi sono portata a casa quel bigliettino prezioso e per alcuni giorni non sono riuscita neanche ad aprirlo per le tante corse che sempre mi accompagnano nelle mie giornate.
Poi oggi l’ho aperto e l’ho letto.
Sono rimasta a bocca aperta per quel che mi diceva e per come me lo diceva. Con il suo permesso, farò diventare questo bigliettino, ricchezza per tanti!
“Buonasera prof, le vorrei raccontare una cosa che non ho fatto in tempo a dirle la scorsa lezione, quando abbiamo parlato del bullismo.
Io dalle persone non sono mai stata accettata. Per la mia timidezza. Quando sono con le persone non so mai cosa dire.
Ecco perché ho sempre cercato di legarmi con persone molto
estroverse. Ho cercato, perché in realtà non ci sono mai riuscita.Osservandomi da cima a fondo, vedendo il mio abbigliamento, il mio silenzio…le ragazze della mia ex scuola (parlo delle medie inferiori prof) mi hanno sempre presa di mira, parlando male di me tra di loro. E siccome in gruppo io non parlavo, loro non mi rivolgevano parola e mi trattavano come fossi un essere invisibile.
I ragazzi, beh…ancora peggio. Mi facevano sentire male per il mio aspetto fisico, facendomi sentire più brutta di quanto io non lo fossi già.
Lo scorso anno, in terza media, tutto è iniziato in un modo che mai mi sarei aspettata. Mi sembrava di vivere un bruttissimo film. Scotch nei capelli, sempre presa di mira nel peggiore dei modi, facevano volare i miei oggetti…arrivai ad un punto tale che piangevo come una bambina e desideravo cambiare scuola. Alla fine dissi qualcosa ai prof e loro presero provvedimenti.
Tutti mi consideravano la più debole, ma ero la più forte.
Lì poche persone mi sostenevano e quelli che si
consideravano forti, si sono poi rivelati deboli e pieni di paura. Avevano paura persino di dire al prof: “E’ stato quel tipo a rubare i libri dagli zaini, per copiare”. Io sono stata l’unica a dirlo. Tutti gli altri avevano paura di quello lì. Stavamo rischiando una nota di classe ed io sono stata l’unica ad ammettere chi fosse il ladro dei libri.Per me la cattiveria non ha lo scopo di indebolirci ma di fortificarci. Ecco perché non può essere eliminata.
Io quest’anno mi sto trovando bene. La classe è parecchio vivace ma anche divertente e in molti mi hanno accettata. Ho anche più amici. E se io, che in genere ho molta pazienza, arrivo al limite, uso il mio carattere. E’ morta quell’“Alice” che stava
zitta e buona buona.E non vale la pena uccidersi per quelle persone super deboli. Anzi, rispondete, parlate con i migliori amici, con i genitori, gli psicologi, i professori, i presidi…
Uccidermi, mai e poi mai! Siamo giovani ed abbiamo tutta la vita davanti.
Scusi per gli errori grammaticali; l’ho scritto di fretta. Arrivederci prof e grazie per avermi ascoltata. Alice”
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“Lasciami volare!” disse il pesciolino rosso che non voleva morire
“Prof, potrebbe darci una mano? Potrebbe leggere nelle classi il libro “Lasciami volare” e preparare tutti gli studenti all’incontro con Gianpietro Ghidini?”
“Certo Maikol!” rispondo subito entusiasta.
Lo sono sempre quando vedo i rappresentanti d’istituto darsi da fare per organizzare le cose, al meglio. Però aggiungo: “Ma chi è Gianpietro Ghidini? E quel libro dove lo trovo? Di che parla? Quando verrà ‘sto tipo? E l’argomento qual è?”
Maikol, dall’altra parte del telefono, mi risponde sorridendo tra il divertito e l’imbarazzato: “Ecco prof, facciamo così: potrei dare il suo numero alla responsabile dell’Associazione “
Quattro maggio”, che ne dice? Così questa signora la chiamerà e le spiegherà tutto”.
Come si fa a dire di no a Maikol, un sorriso che più dolce non si può, con due occhi furbi da morire.
Un paio di settimane dopo ricevo la telefonata: “Prof.ssa Corvo Maria Cristina? Il suo numero me lo ha dato Maikol, un suo alunno, e…”
“Sì, sì, mi aveva avvertita!” rispondo contenta di poter finalmente avere delle risposte. “Mi dica pure che sono felice di ascoltarla!”
“Ecco professoressa, nel nostro paese, un po’ di anni fa, è nata quest’associazione chiamata “Quattro maggio” in ricordo di due ragazzi, purtroppo morti per overdose. Quattro maggio è appunto la data di nascita di Danilo, uno dei due ragazzi. L’altro si chiamava Gabriele. Forse si ricorderà di questo fatto e…”
Il mio cuore inizia a battere forte. Gabriele era stato un mio alunno: come dimenticarsi il suo sorriso? Quel fatto, poi, me lo ricordavo perfettamente anche per altre strane fatalità che mi urlavano dentro: “Guarda quante strane coincidenze nella vita! Guarda come tutto si ricollega e come è piccolo il mondo!”
La signora, intanto, mi stava spiegando tutto molto bene. Mi parlava di padri feriti a morte dalla morte dei propri figli…di un papà che aveva voluto reagire a quel diluvio di dolore, facendo un’associazione che si occupasse di prevenzione alla tossicodipendenza…mi raccontava di iniziative volte a dare overdose di vita, più che prediche o informazioni sulle conseguenze della droga.
Più mi parlava e più mi sentivo felice di poter dare una mano a quest’Assemblea Generale della mia scuola. Ero sul serio emozionata per poter reincontrare, nel mio cammino, Gabriele, il mio ex alunno. Continua a leggere “Lasciami volare!” disse il pesciolino rosso che non voleva morire