UNA VIA DOVE E’ ACCADUTO …

La strada è angusta, anche se si trova a due passi dal centro di Monza.
Se ci capiti per caso di notte, sprigiona tutta la sua dimensione grottesca. Tu cammini, e senti il rumore riecheggiante dei tuoi passi, così chiari e definiti che ti volti per vedere se qualcuno ti stia seguendo. E invece sei solo.
O forse no?
Forse una presenza in questa via c’è davvero. Una presenza che non se ne andrà mai.
Perché è proprio qui che visse Marianna De Leyva.
Figlia di Martino De Leyva, importante comandante dell’esercito spagnolo, nacque nel 1575 a Milano, in una stanza all’interno di Palazzo Marino. Del resto era pure figlia della figlia di Tommaso Marino, quel ricco banchiere genovese che aveva fatto costruire l’attuale sede del Comune di Milano. E qui visse i primi anni della sua vita.
Poi rimase orfana di madre, e fu spedita in convento.
Il padre intanto tornò in Spagna e fece di nuovo famiglia. La piccola Marianna, invece, cominciò un’altra vita, e nel 1588 entrò nel monastero benedettino di Santa Margherita a Monza con il nome di suor Virginia Maria. Ebbe inoltre l’onere di amministrare la giustizia in città. I De Leyva erano feudatari della contea di Monza, per cui a rotazione suor Virginia alternava questa carica con i suoi due fratellastri.
Ed è proprio durante la sua amministrazione che conosce Gian Paolo Osio.
Il primo incontro avviene per caso: il giovane, che ha il palazzo che guarda proprio all’interno del monastero, sta scambiando qualche sguardo un pochino troppo avventato con una educanda. Così suor Virginia nota i due che tubano a distanza, si arrabbia ed espelle l’educanda per poi bandire dalla città Gian Paolo Osio, accusato inoltre di omicidio.
In realtà la condanna dura un anno, poi ha modo di redimersi e tornare sfrontatamente a chiedere scusa alla De Leyva, la quale accetta il pentimento, ma non solo, accetta anche sporadiche visite dell’Osio nelle sue stanze.
Da qui inizia la loro storia d’amore clandestina.
Nessuno ovviamente all’interno del convento deve sapere niente, tranne quattro suore che nascondono e favoriscono abilmente la relazione.
Nell’ombra, nel peccato, tra le mura del suo convento, suor Virginia resta incinta. Il piccolo però muore poco dopo la nascita.
E’ grande il trauma per la De Leyva, che fa di tutto per allontanare da sè l’Osio: si procura orribili sieri anti-amorosi e si fa consegnare dall’amante le chiavi che utilizza per accedere clandestinamente al convento, gettandole in un pozzo. Ma evidentemente anche queste soluzioni non sono sufficienti, e suor Virginia Maria riprende a frequentare Gian Paolo Osio. Questa volta con ancora più intensità.
E resta di nuovo incinta.
La figlia sopravvive e le viene dato il nome di Alma Francesca Margherita (chi lo sa, forse in onore del convento in cui è nata); il problema è che adesso in tanti sospettano e vorrebbero parlare.
Come la conversa Caterina da Meda, che in occasione della visita di un importante prelato milanese si ripromette di spifferare tutta la storia.
Ma non ne avrà la possibilità: la sua vita viene spezzata da un colpo di archibugio dell’Osio.
Il suo corpo viene in tutta fretta nascosto nella ghiacciaia e si crea una breccia ad hoc in un muro del convento, per far credere in una sua fuga. La situazione però precipita presto e tra varie vicende rocambolesche la storia di Marianna e di Gian Paolo resta tuttora nell’immaginario collettivo.
I due non si rivedranno mai più.
Lui assassinato a tradimento, dopo altri omicidi commessi e una fuga dal carcere di Pavia.
Lei arrestata e murata in una cella di un convento di Milano.
E non avrà nemmeno modo di rivedere la sua Monza, nemmeno dopo il rilascio. Muore molto anziana con una seconda parte della vita dedicata al pentimento.
Però le sue oscure vicende sono ancora lì, ad impregnare quei muri che restano gli ultimi residui del distrutto monastero di Santa Margherita a Monza. Lì, con quel riecheggiare di passi, che ti sembra quasi di trovartela alle spalle, da un momento all’altro, mentre ti impone di allontanarti da quella strada tragica e maledetta, a due passi dal centro. Quella strada che porta il suo nome: Via della Signora… suor Virginia Maria, al secolo Marianna De Leyva, o se preferite suor Gertrude, la Monaca di Monza.

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Quest’uomo è Yeshua”.

“La radiazione sulla Sindone ha impresso uno spettro stratificato tridimensionale. nemmeno la nostra tecnologia e i computer più sofisticati, compresi i sistemi laser, sono in grado di farlo. Non c’è niente, nel pianeta, nemmeno vicino a qualcosa di simile. È il primo e unico caso.
Il sangue, il raro tipo AB negativo, la mancanza del cromosoma y trovato in esso, solo il cromosoma x [madre], la quantità di bilirubina [estrema sofferenza], le particelle di sabbia nella zona della caviglia e del ginocchio ferito, con una specifica combinazione di minerali, presenti solo nell’area del sentiero del Golgota nel mondo, le particelle di polline, di specie autoctone di Gerusalemme, e prodotte appositamente in marzo-aprile.
Lo spettro non è quello di un stendere/premere il panno, o circondare il corpo su di esso, ma di un corpo sospeso nell’aria, senza pressione, che si irradia dall’interno verso l’esterno. Particelle di aceto sulla zona della barba, vicino alla bocca.
La fonte di energia aveva anche alcune delle proprietà dei raggi X. Perciò certe aree come le mani, le falangi ossee interne delle dita, o i denti sotto il labbro inferiore, sono mostrati nello spettro tridimensionale.
Durante il dolore estremo brutale il sangue non coagula a causa di una sostanza rilasciata in tali condizioni dal corpo. Quindi sanguina ancora dopo morto. C’è sangue rilasciato prima della morte e sangue rilasciato dopo la morte nel sudario.
Il taglio laterale ha sangue e acqua rilasciati dal polmone. Il taglio ha le dimensioni esatte della punta di lancia utilizzata dall’esercito romano nel I secolo di cui alcune sono conservate ed esposte nei musei archeologici.
Le fruste romane usate nel I secolo avevano 2 sfere metalliche alle estremità. i tagli presentano doppie incisioni parallele, lungo tutto il dorso delle braccia e le cosce.
Lo stesso sangue specifico, semi, segni del viso, si trovano nel ‘sudarium di Oviedo’ in Spagna. In realtà è un tovagliolo. Recentemente gli scienziati hanno scoperto che la Sindone non è un telo funebre nelle misure e nella forma, ma piuttosto una tovaglia per la cena pasquale del tipo che userebbero le famiglie ricche con ospiti. Come se qualcuno l’avesse dato per seppellirlo, al popolo di Yeshua, in fretta.
in Israele, tradizionalmente il sangue di una persona, deve essere seppellito con il suo corpo. Anche ora in Israele, quando un soldato o un civile viene assassinato per strada, puliscono il terreno e seppelliscono questo panno con il corpo.
Il vangelo di Giovanni dice che il panno che aveva coperto la testa di Yeshua era piegato e giaceva sul lato della tomba di pietra.
Recentemente si è scoperto che il campione datato al carbonio è stato tagliato da un angolo della Sindone di Torino, che è stato danneggiato e riparato intrecciando fili di cotone ai fili di lino della Sindone persi dell’area danneggiata intorno al 1400 dC.

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Tutta la vita ci abbiamo messo, per imparare ad amarci!

“Tra me e tuo nonno c’è stato un grande amore.????
Tutta la vita ci abbiamo messo, per imparare ad amarci.????
Ricordo perfettamente una sera estiva, seduti su una panchina ai giardini.
Il nostro amore stava facendo i primi passi,
ma quel giorno lo guardai nel buio e gli dissi entusiasta:
“Amo tanto l’idea che noi due invecchieremo insieme!”.
Lui trasalì.
Fece una battuta per sdrammatizzare il disagio per quella promessa troppo impegnativa.
Poi, negli anni, mi superò in audacia e mi amò ancora più di me.????????
Soprattutto negli ultimi anni insieme.
Quando stare con lui era come sentire zolle della mia anima
ancora irrigate e pronte alla fioritura.????????
Non è stato sempre facile.
Te lo dico perché tu sappia come si muove l’amore.
Tu credi che non ci sia più,
e invece come la cenere è pronto a riaccendersi.
Tu urli: “Vattene” e invece vorresti dire “Resta”.
Tu pensi: “E’ finita” ma se lui non ci sarà, anche tu sarai un po’ di meno.

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A Davide, il mio alunno innamorato

“Come state ragazzi? Fatemi vedere se siete belli come nel 2020!!! E come va il vostro mondo interiore? State cercando la felicità?”

E’ la prima ora: praticamente il momento in cui devi fare iniezioni di buonumore e grinta mattutina, pur di svegliarli. Anche a costo di dire battute sceme in DAD. 

La parola d’ordine è: sorridere e sdrammatizzare l’impatto delle 8.10 con la prof e lo schermo.

“Siete felici? O vorreste sbattere la testa sul muro ché non ne potete più di stare a casa?”

I ragazzi ridono.

Io pure.

Oooh. Abbiamo abbattuto sul nascere il muro del suono lamentoso.

Davide (lo chiamerò così) invece, oltre a ridere, risponde. Davide: un viso dolce con atteggiamenti estremamente delicati. Mi rimase impresso nelle prime settimane del primo anno delle superiori, per quel suo modo sensibile di fare e per quel suo linguaggio forbito nell’esprimersi.

Un giorno mi mandò un vocale mentre ero alla mia decima chemio. Lo ascoltai mentre l’infermiera stava iniettandomi Taxolo a volontà ed anche lei rimase stupita.

“Ma chi è?”

“E’ un mio alunno fantastico” le risposi.

Vabbè: poi vidi il video della classe intera che mi augurava buon cammino, e mi si sciolsero le cataratte.

Ma torniamo alla questione principale: Davide e la felicità. “Prof, io lo so cosa è la felicità”

“Davideee! Allora sei felice? Ma quanto sono contenta! In questo mondo di lamento perenne, tu sei la mia luce stamattina!”

Doppiamente felice. Non posso dimenticare, infatti, lo sguardo drammaticamente triste di Davide, nei primi due mesi di scuola. “Che succede? Che c’è?” Ma anche per una persona con una spiccata intelligenza introspettiva come Davide, era difficile trovare l’alfabeto giusto per spiegare il dramma dell’angoscia interiore. A volte essere sensibili ed intelligenti insieme, è un boomerang. Davide aveva cercato di farci capire. Noi avevamo tentato di aiutarlo. Ma “se bastasse una bella canzone”, cantava Ramazzotti.

Poi ricordo l’ultima lezione insieme, prima del lockdown. Lui, il mio assistente di fiducia al pc ed io al Registro Elettronico. Gli stavo dicendo cosa caricare sulla Lim per la lezione, quando mi uscì quel “Come stai?” quasi per caso. Anzi, proprio non volevo chiederglielo per non farlo trovare in quella tediosa situazione di dover decidere se essere falso (“va meglio”) e così tagliare ogni possibile ulteriore domanda, o essere crudo (“va male”) e lasciar entrare quella malinconica frustrazione che ribadisce che la cacciata della depressione non è cosa facile. Invece quel giorno lui mi stupì con effetti speciali. “Bene prof, Sto bene. Anzi, direi senza alcun dubbio: benissimo!!!” Alzai lo sguardo dal Registro Elettronico per indagare sulla veridicità della sua risposta. Non c’erano dubbi: Davide era chiaramente felice. Gli occhi gli brillavano. Continua a leggere A Davide, il mio alunno innamorato

Maria legge e Giuseppe culla il bambino

Lei è Maria e sta leggendo (forse la Torah o un libro di preghiere o, magari, un bel romanzo)

Lui è Giuseppe e sta cullando un bambino.

“Il” bambino.

Quella che state guardando è una miniatura in tempera e oro che racconta l’amore. In tutte le sue sfaccettature. 

Un padre che accarezza ed una madre che legge.

Animali complici tenerissimi di una nascita.

La fantasia della vita che sorpassa l’immaginazione umana.

L’armonia perfetta e la serenità affascinante.

Non sappiamo di preciso chi ne sia l’autore.

L’immagine è tratta da un Libro d’Ore composto a Besançon, in Francia, nel 1450 circa ma ora si trova in Inghilterra, al Fitzwilliam Museum di Cambridge (MS 69 folio 48r,The Nativity). 

 

Giuseppe, Giuseppe!

 

 

Fino al V secolo nessuno lo aveva mai raffigurato nei presepi.

E sì che credo non sia stato facile per lui: fidanzato innamorato e con la “quasi” moglie incinta.

Di chi?

E come?

Noi raccontiamo tutto come una favola, ma una favola non è stata.

E’ stato un difficile scontro tra la piccola mente umana e la fantasia di Dio; tra la programmazione terrestre e la progettazione celeste; tra le fede normale (che arriva fino ad un certo punto) e la fede luminosa (che sorpassa l’orizzonte e sconfina fino alle stelle).

I vangeli ci dicono che è dovuto intervenire un angelo per rassicurarlo: “Non ti ha tradito Maria!”

 

Solo dal V secolo iniziano a raffigurarlo, ma lo fanno apparire addormentato (vabbè che gli angeli gli parlavano in sogno, ma mica avrà dormito sempre!), oppure seduto da una parte a contemplare la nascita misteriosa (avrà certo contemplato, ma avrà inevitabilmente anche agito, perchè un neonato ha bisogno di tutto).  Continua a leggere Maria legge e Giuseppe culla il bambino

Mai abbastanza!

Lei si girò lentamente verso di lui.
Gli sorrise e gli chiese: “Quante volte avremo fatto l’amore da quando ci amiamo?”
Lui l’abbracciò teneramente sotto il piumone e le sussurrò: “Mai abbastanza”.
Lei pensò che quel momento fosse il paradiso 

Da quella sera quel “mai abbastanza” le entrò dentro e diventò la sua frase preferita.

“Quante stelle cadenti vedrai il 10 agosto?”
Mai abbastanza

Quanti gelati vorrai mangiare la prossima estate?
Mai abbastanza

Quanti baci vorrai ricevere nella tua vita?
Mai abbastanza

Quanti tramonti vorrai ammirare ancora?
Mai abbastanza

Quante risate vorrai fare con Dio?
Mai abbastanza

Quanti anni vorrai vivere su questa terra?
Mai abbastanza

Quel “mai abbastanza” diventò la sua spinta per metter ali ai piedi e cercare il Custode dei cammini.
Partì con il cuore leggero non facendo tanto caso all’Infinito che in lei si nascondeva.
Inseguì sé stessa sudando sette camicie e ansimando di fatica.
Ed alla fine si ritrovò.
Proprio lì, dove tutto era iniziato.
Tra le braccia dell’Amore.
“Hai paura?” le chiese.
“Un po’”
“Non devi averne”
“Ma tutti ne hanno in questi giorni”
“E’ perché non si fidano dell’Amore. Ma sta arrivando, tra i capillari della vita, e la sta rinforzando. Ti fidi di Me?”
“Si. Ma Tu abbracciami e sussurrami ogni “mai abbastanza” possibile!”

Buona giornata a tutti coloro che stanno alzando la mano (pur con fatica) fino ad accarezzare il Cielo!  Continua a leggere Mai abbastanza!

Quale amore si avvicina di più a Dio?

“Ciao Cristina, ti ho ascoltata con molto piacere al caffè teologico di don Umberto. Su una cosa non sono d’accordo con te: quando dici che la forma di amore più grande è quello di coppia perché i figli, prima o poi, se ne vanno. Io penso, ma aveva già espresso questa cosa papa Luciani, che l’amore di una mamma (non posso dire di un padre perché essendo donna non lo so) sia l’amore che ci avvicina di più a Dio. A un figlio diamo tutto per fare in modo che viva libero, autonomo e lo ameremo sempre, anche se sceglierà di vivere lontano da noi. Un figlio lo perdoniamo sempre, un figlio è figlio per sempre. Grazie della tua attenzione, ti seguo sempre in “In te mi rifugio”.

Cara Rosaria, grazie per avermi mandato questo messaggio, dandomi così la possibilità di spiegarmi meglio. Quando si fanno queste piacevolissime serate teologiche, l’unico difetto è che sono troppo brevi.

Quindi: benvenuta ad un “secondo tempo” tra me e te (e chiunque vorrà leggerci).

L’amore ha diverse forme? Certo che .

Amore per i familiari, amore per gli amici, amore per sé stessi, amore per gli altri, amore per il mondo, amore per la scienza, per un ideale, per un obiettivo, per la politica, per il sociale, per lo sport, per i propri principi, per la patria, per la propria dignità, per un essere divino… e potremmo continuare e continuare e continuare.

L’amore si esprime in diversi modi? Certo che .

Amore platonico, amore sensuale, amore spirituale, amore caritatevole, amore incondizionato, amore di volontà, amore corrisposto, amore passionale, amore sessuale

L’amore è un sentimento così forte che diventa impossibile concentrarlo solo su una persona o solo su un oggetto o un ideale … è qualcosa di “infinito”. Continua a leggere Quale amore si avvicina di più a Dio?

“La cosa più importante che i genitori possono insegnare ai loro figli è come andare avanti senza di loro” (F. A. Clark)

La mia grande tristezza si deve al fatto che, ormai da tempo, sto sperimentando due forme di amore: una per la mia famiglia e l’altra per una persona con cui condivido un progetto di vita futura insieme.

Il problema? Che purtroppo non è la situazione più facile del mondo, dal momento che a dividerci c’è l’oceano e la mia famiglia si è sempre opposta facendomi sentire una figlia irriconoscente a cui non interessano i propri genitori (il dolore più grande che come figlia avrei mai potuto sentire, soprattutto per il mio carattere sensibile alle sofferenze degli altri )

Ho passato un anno lontana da casa con il coraggio di costruire, passo dopo passo, la mia vita. Ho affrontato difficoltà ed ho vissuto momenti di felicità che mai avrei potuto immaginare. Però purtroppo non ho potuto condividerli con i miei cari, anche se il mio desiderio più grande sarebbe di includerli in questa mia gioia… è che però a loro non interessa.

Vorrei cercare di capire qual è la volontà di Dio. Vorrei capire se la mia felicità a migliaia di km di distanza, è stata egoista perché dolorosa per i miei genitori o se, invece, Dio mi sta mettendo alla prova e devo continuare malgrado la paura.

La mia sensibilità è un grande freno e nel giro di due mesi sono passata dalla vetta della pace e della serenità con me stessa, all’angoscia più cupa nel rendermi conto di non avere la famiglia “dalla mia parte”. E questo nonostante gli incredibili risultati di crescita personale (ma anche professionale) che ho fatto lontana dal nido e che, purtroppo, in questo mio stato di tristezza, potrei dire di averli già perduti. Mi scuso per le lungaggini!

Il fulcro di tutto è: come riconoscere ciò che Dio vuole da me, per potermici affidare ciecamente, senza paura del futuro, del dolore, della distanza e delle delusioni altrui.”

Carissima Emma, se solo tu potessi vederti dal di fuori…dall’alto…con un po’ di sereno distacco…ti daresti subito le “dritte” giuste per camminare spedita verso la felicità e la tua realizzazione personale.

Invece sei vicinissima a te stessa. Sei dentro te stessa. Sei intrisa di sensibilità, di insicurezza e di sensi di colpa. I tuoi occhi vedono solo a pochi centimetri da te, perché l’orizzonte è offuscato da tanti dilemmi. Continua a leggere “La cosa più importante che i genitori possono insegnare ai loro figli è come andare avanti senza di loro” (F. A. Clark)

Nelle montagne russe della vita chiudo gli occhi, mi godo il viaggio e mi rifugio in Te

Ciao Cristina, sono venuta a conoscenza del tuo blog in maniera casuale, attraverso una ricerca sul tema dell’innamoramento: ho letto così una tua risposta ad una ragazza che vive una storia simile alla mia e le tue parole mi hanno molto aiutato in un momento buio.

Da quel momento ho iniziato a leggere con grande interesse le altre risposte, perché oltre ad essere molto intelligenti, sono illuminate dalla parola di nostro Signore, che mi pare di capire utilizzi come una bussola per il tuo quotidiano. Da qui, pur non conoscendoti, è nata la mia simpatia per te e il desiderio di raccontarti la mia storia. Dopo aver incontrato l’uomo che credevo avevo aspettato tutta la vita (visto che non ero una teen-ager, ma avevo trentadue anni), mi sono sposata e abbiamo avuto subito il nostro meraviglioso bimbo. Nonostante lavorassimo tutte e due, non avevamo da parte tanti soldi e siccome volevamo una casa, l’abbiamo acquistata locata, perché aveva un prezzo vantaggioso. Era prevista una locazione di tre anni e durante quel periodo abbiamo deciso di abitare con mia mamma, che vive sola ed ha una casa grande, in modo da mettere da parte un po’ di soldi e farci aiutare all’inizio del nostro menage, anche con il bimbo appena nato. L’aiuto era prezioso, anche perché non ebbi un buon post partum, dovuto a problemi di salute incontrati nel parto. La nostra casa si è resa libera due anni dopo, ma tra ristrutturazioni ed esitazioni (più mie che di mio marito, dovute anche ad una situazione di sostegno materiale e morale che avevo nella casa di mia mamma) eravamo pronti ad andarci tre anni dopo, ossia dopo cinque anni dal matrimonio. Il nostro matrimonio è stato sempre un po’ turbolento, nel senso che c’erano liti dovute alle tensioni e alle fatiche che dipendevano dai sacrifici che stavamo affrontando, dall’impegno di un bimbo piccolo e dalla mancanza di comunicazione fra me e mio marito (io cercavo il dialogo, ma mi sentivo di fronte un muro). Proprio quando è arrivato il momento di trasferirci nella nostra tanto agognata casa, mio marito mi ha detto che voleva la separazione, perché non aveva più un sentimento per me. Se n’è andato a vivere in una casa (che gli aveva messo a disposizione sua madre) che ha arredato con tanta cura (non lo aveva fatto nella nostra), lasciandomi con il mutuo da pagare e con i debiti contratti fino ad allora. Ho saputo poco tempo dopo che aveva una storia con la sua collega d’ufficio, con cui è andato quasi subito a convivere. Da allora sono trascorsi quattro anni e mezzo, convive ancora ed io abito con mio figlio nella nostra casa, pago il mutuo e lui mi passa una quota concordata per il bimbo. Ci siamo separati consensualmente, sto mantenendo con lui buoni rapporti per quanto sia difficile, perché la delusione è tanta, ma lo faccio per mio figlio.

Non ho rancore verso di lui e quando le difficoltà tentano di sopraffarmi, tengo lo sguardo fisso su Gesù, come Pietro quando cammina sulle acque e che rischia di affondare quando si concentra sulla paura e non sulla potenza di Dio. Mi sono chiesta miliardi di volte il perché del fallimento di questo progetto di vita insieme (mi sono anche sentita responsabile per aver proposto a mio marito di vivere con mia mamma nell’attesa di avere la casa nostra). Mi sono chiesta perché poi io stata colpita proprio nell’ambito familiare una seconda volta, dopo la scomparsa prematura di mio padre (avevo tre anni). Leggendo la Bibbia, che ho scoperto solo cinque anni fa (anche se sono cresciuta in una famiglia di tradizione cattolica) e che ho iniziato a leggere proprio dopo la separazione, ho trovato una frase di Dio, secondo cui le sue vie non sono le nostre vie. Non sembra apparentemente una risposta, eppure mi sembra ugualmente una risposta esaustiva. Leggendo le risposte che dai nel tuo blog, ho letto un’altra frase della bibbia, pronunciata da Pietro, che tu riporti e che mi risuona da qualche giorno: “Dove andare lontano da te Signore! Solo tu hai parole di vita eterna”. E così, nonostante le mie paure, soprattutto nel crescere il mio bimbo, ho chiaro di voler rimanere aggrappata a Cristo, che mi sosterrà in questo percorso. Ho voluto condividere con te i miei pensieri, perché anche se non ti conosco, penso che tu sia una persona straordinaria, che aiuti le persone che hanno bisogno di consigli, incoraggiamento, confronto. Spero di poter ricevere qualche tua parola anch’io.

Anna 

Carissima Anna, siamo tutti straordinari. Tutti.

Non sto scherzando e non sto neanche tentando di ingraziarmi le simpatie di coloro che leggeranno.

È che la realtà è proprio così: siamo tutti eccezionali e “grandi. È vero: passiamo momenti in cui viviamo sfiniti e ci sentiamo falliti ed altri in cui ci alziamo e ricominciamo. Ma è in questo sali-scendi della vita che ci capita di aiutare gli altri facendo / dicendo / scrivendo” cose belle e giuste. Continua a leggere Nelle montagne russe della vita chiudo gli occhi, mi godo il viaggio e mi rifugio in Te