Nelle montagne russe della vita chiudo gli occhi, mi godo il viaggio e mi rifugio in Te

Ciao Cristina, sono venuta a conoscenza del tuo blog in maniera casuale, attraverso una ricerca sul tema dell’innamoramento: ho letto così una tua risposta ad una ragazza che vive una storia simile alla mia e le tue parole mi hanno molto aiutato in un momento buio.

Da quel momento ho iniziato a leggere con grande interesse le altre risposte, perché oltre ad essere molto intelligenti, sono illuminate dalla parola di nostro Signore, che mi pare di capire utilizzi come una bussola per il tuo quotidiano. Da qui, pur non conoscendoti, è nata la mia simpatia per te e il desiderio di raccontarti la mia storia. Dopo aver incontrato l’uomo che credevo avevo aspettato tutta la vita (visto che non ero una teen-ager, ma avevo trentadue anni), mi sono sposata e abbiamo avuto subito il nostro meraviglioso bimbo. Nonostante lavorassimo tutte e due, non avevamo da parte tanti soldi e siccome volevamo una casa, l’abbiamo acquistata locata, perché aveva un prezzo vantaggioso. Era prevista una locazione di tre anni e durante quel periodo abbiamo deciso di abitare con mia mamma, che vive sola ed ha una casa grande, in modo da mettere da parte un po’ di soldi e farci aiutare all’inizio del nostro menage, anche con il bimbo appena nato. L’aiuto era prezioso, anche perché non ebbi un buon post partum, dovuto a problemi di salute incontrati nel parto. La nostra casa si è resa libera due anni dopo, ma tra ristrutturazioni ed esitazioni (più mie che di mio marito, dovute anche ad una situazione di sostegno materiale e morale che avevo nella casa di mia mamma) eravamo pronti ad andarci tre anni dopo, ossia dopo cinque anni dal matrimonio. Il nostro matrimonio è stato sempre un po’ turbolento, nel senso che c’erano liti dovute alle tensioni e alle fatiche che dipendevano dai sacrifici che stavamo affrontando, dall’impegno di un bimbo piccolo e dalla mancanza di comunicazione fra me e mio marito (io cercavo il dialogo, ma mi sentivo di fronte un muro). Proprio quando è arrivato il momento di trasferirci nella nostra tanto agognata casa, mio marito mi ha detto che voleva la separazione, perché non aveva più un sentimento per me. Se n’è andato a vivere in una casa (che gli aveva messo a disposizione sua madre) che ha arredato con tanta cura (non lo aveva fatto nella nostra), lasciandomi con il mutuo da pagare e con i debiti contratti fino ad allora. Ho saputo poco tempo dopo che aveva una storia con la sua collega d’ufficio, con cui è andato quasi subito a convivere. Da allora sono trascorsi quattro anni e mezzo, convive ancora ed io abito con mio figlio nella nostra casa, pago il mutuo e lui mi passa una quota concordata per il bimbo. Ci siamo separati consensualmente, sto mantenendo con lui buoni rapporti per quanto sia difficile, perché la delusione è tanta, ma lo faccio per mio figlio.

Non ho rancore verso di lui e quando le difficoltà tentano di sopraffarmi, tengo lo sguardo fisso su Gesù, come Pietro quando cammina sulle acque e che rischia di affondare quando si concentra sulla paura e non sulla potenza di Dio. Mi sono chiesta miliardi di volte il perché del fallimento di questo progetto di vita insieme (mi sono anche sentita responsabile per aver proposto a mio marito di vivere con mia mamma nell’attesa di avere la casa nostra). Mi sono chiesta perché poi io stata colpita proprio nell’ambito familiare una seconda volta, dopo la scomparsa prematura di mio padre (avevo tre anni). Leggendo la Bibbia, che ho scoperto solo cinque anni fa (anche se sono cresciuta in una famiglia di tradizione cattolica) e che ho iniziato a leggere proprio dopo la separazione, ho trovato una frase di Dio, secondo cui le sue vie non sono le nostre vie. Non sembra apparentemente una risposta, eppure mi sembra ugualmente una risposta esaustiva. Leggendo le risposte che dai nel tuo blog, ho letto un’altra frase della bibbia, pronunciata da Pietro, che tu riporti e che mi risuona da qualche giorno: “Dove andare lontano da te Signore! Solo tu hai parole di vita eterna”. E così, nonostante le mie paure, soprattutto nel crescere il mio bimbo, ho chiaro di voler rimanere aggrappata a Cristo, che mi sosterrà in questo percorso. Ho voluto condividere con te i miei pensieri, perché anche se non ti conosco, penso che tu sia una persona straordinaria, che aiuti le persone che hanno bisogno di consigli, incoraggiamento, confronto. Spero di poter ricevere qualche tua parola anch’io.

Anna 

Carissima Anna, siamo tutti straordinari. Tutti.

Non sto scherzando e non sto neanche tentando di ingraziarmi le simpatie di coloro che leggeranno.

È che la realtà è proprio così: siamo tutti eccezionali e “grandi. È vero: passiamo momenti in cui viviamo sfiniti e ci sentiamo falliti ed altri in cui ci alziamo e ricominciamo. Ma è in questo sali-scendi della vita che ci capita di aiutare gli altri facendo / dicendo / scrivendo” cose belle e giuste. Continua a leggere Nelle montagne russe della vita chiudo gli occhi, mi godo il viaggio e mi rifugio in Te

Il bullismo raccontato da una fragilissima e tosta quattordicenne

Si chiama Alice, ha 14 anni, un aspetto bellissimo (particolare da tenere bene in mente quando leggerete il suo scritto) ed alcune fragilità che l’hanno resa speciale.

Un giorno mi si è avvicinata con un bigliettino scritto a mano.

Me l’ha dato quasi sottobanco dicendomi:Qui prof ho scritto alcune cose che non sono riuscita a dirle a voce. Vorrei che le leggesse!”

Mi sono portata a casa quel bigliettino prezioso e per alcuni giorni non sono riuscita neanche ad aprirlo per le tante corse che sempre mi accompagnano nelle mie giornate.

Poi oggi l’ho aperto e l’ho letto.

Sono rimasta a bocca aperta per quel che mi diceva e per come me lo diceva. Con il suo permesso, farò diventare questo bigliettino, ricchezza per tanti!

“Buonasera prof, le vorrei raccontare una cosa che non ho fatto in tempo a dirle la scorsa lezione, quando abbiamo parlato del bullismo.

Io dalle persone non sono mai stata accettata. Per la mia timidezza. Quando sono con le persone non so mai cosa dire.
Ecco perché ho sempre cercato di legarmi con persone molto
estroverse. Ho cercato, perché in realtà non ci sono mai riuscita.

Osservandomi da cima a fondo, vedendo il mio abbigliamento, il mio silenzio…le ragazze della mia ex scuola (parlo delle medie inferiori prof) mi hanno sempre presa di mira, parlando male di me tra di loro. E siccome in gruppo io non parlavo, loro non mi rivolgevano parola e mi trattavano come fossi un essere invisibile.

I ragazzi, beh…ancora peggio. Mi facevano sentire male per il mio aspetto fisico, facendomi sentire più brutta di quanto io non lo fossi già.

Lo scorso anno, in terza media, tutto è iniziato in un modo che mai mi sarei aspettata. Mi sembrava di vivere un bruttissimo film. Scotch nei capelli, sempre presa di mira nel peggiore dei modi, facevano volare i miei oggetti…arrivai ad un punto tale che piangevo come una bambina e desideravo cambiare scuola. Alla fine dissi qualcosa ai prof e loro presero provvedimenti.

Tutti mi consideravano la più debole, ma ero la più forte.

Lì poche persone mi sostenevano e quelli che si
consideravano forti, si sono poi rivelati deboli e pieni di paura. Avevano paura persino di dire al prof: “E’ stato quel tipo a rubare i libri dagli zaini, per copiare”. Io sono stata l’unica a dirlo. Tutti gli altri avevano paura di quello lì. Stavamo rischiando una nota di classe ed io sono stata l’unica ad ammettere chi fosse il ladro dei libri.

Per me la cattiveria non ha lo scopo di indebolirci ma di fortificarci. Ecco perché non può essere eliminata.

Io quest’anno mi sto trovando bene. La classe è parecchio vivace ma anche divertente e in molti mi hanno accettata. Ho anche più amici. E se io, che in genere ho molta pazienza, arrivo al limite, uso il mio carattere. E’ morta quell’“Alice” che stava
zitta e buona buona.

E non vale la pena uccidersi per quelle persone super deboli. Anzi, rispondete, parlate con i migliori amici, con i genitori, gli psicologi, i professori, i presidi…

Uccidermi, mai e poi mai! Siamo giovani ed abbiamo tutta la vita davanti.

Scusi per gli errori grammaticali; l’ho scritto di fretta. Arrivederci prof e grazie per avermi ascoltata. Alice” 

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I coraggiosi osano!

iphoneregoleSalve Professoressa come sta? Credo bene come sempre… o come sempre lei vuole far credere a noi. 

Le scrivo questa “lettera di sfogo” per… beh, in realtà non so perché le scrivo. Potrei sfogarmi con qualche familiare o amico caro, ma la verità è che io credo che lei mi possa capire (o almeno ci prova a capire tutti noi).

20111110-022415Ho preso il suo libro, lo sto leggendo e ci trovo storie veramente toccanti. In confronto io dovrei ringraziare Dio per la vita che ho. Sono il tipico ragazzo che tutti credono avere una vita facile. Quasi perfetta. Ma non sanno nulla. Non sanno che io, a due anni, dalla Svizzera sono tornato in Basilicata.
Per scelta di mio padre… era la sua terra d’origine (ma, detto fra noi, chi si trasferisce dalla Svizzera per andare al sud Italia?).

Abbiamo passato 10 anni d’INFERNO tra povertà e perdita. Sì, perdita di una sorella che non ho mai potuto conoscere. Mi ricordo quella scena come se fosse ieri.

Rientravo da scuola come tutti i giorni, ma era evidente che qualcosa che non andava. Mia madre era seduta a tavola, intristita, col pancione (perché era incinta) ed aveva in braccio la mia sorellina che piangeva. Ricordo che domandai cosa era successo. Lei mi guardò e, all’inizio, non aveva il coraggio di dirmi qualcosa. Ma io insistetti. M disse solo queste parole: “Tua sorella non nascerà più”. Mi crollò il mondo addosso. Ero un bambino di soli 10/11 anni e non potevo credere che fosse successa una cosa del genere. Non un’altra volta! Sì, ha letto bene: non un’altra volta. Perché quando nacque mio fratello piccolo, c’era un altro bambino con lui, nel grembo di mamma. Ma non ce la fece a nascere vivo.

Quel giorno pensai: “Perché, di nuovo, a noi? Cosa abbiamo fatto di male per meritarci questo?”

Da lì, poi, dovemmo sopportare per altri due/tre anni un’infinità di ingiustizie, difficoltà economiche ed altre situazioni che ora non sto ad elencare.

Ma comunque i miei genitori fecero di tutto per darci ciò che altri ragazzi avevano.

Io il giorno uscivo con 0,50€ e rientravo con 0,50€ perché capivo la difficoltà economica che c’era in famiglia. Evitavo di spendere anche il minimo sindacale.
Ricordo anche questa scena: mio padre seduto a tavola che dice a me, mia sorella grande, mio fratello grande, mio fratello piccolo e a mia madre: “Che ne dite se riandiamo in Svizzera?”

A quel punto mi sono alzato da tavola dicendo: “Tu ci hai portato qui, dove noi nulla avevamo e ci siamo fatti una vita da zero… hai fatto male a venire qui giù in Basilicata… Ora io qui ho amici, familiari e tutta la mia infanzia… come pensi che io mi senta nel rifarmi una vita da capo, una seconda volta, a 13 anni?”

d4d246959368d0ba24a967de6b2cc0cfE lui: “Sì, hai ragione… ma sono sbagli che, purtroppo, nella vita si fanno… ho sbagliato, lo so, ma io chiedo infatti il vostro consenso per riandare in Germania, per riiniziare un qualcosa insieme … per un vostro futuro”.

Quella stessa estate partimmo per la Svizzera. Il primo anno fu difficile: una lingua diversa, la nostalgia degli amici lasciati in Basilicata… Comunque lì continuai a giocare a calcio; era il mio sogno diventare calciatore per aiutare mamma e papà in tutti i modi possibili..

caeb3134dfe8f4e8b22b865ca60bb918Quel sogno, per ora, va avanti. Proprio per inseguire questo sogno,  ho dovuto lasciare, ancora una volta, tutte le persone a me care e riiniziare un’altra vita, in un’altra città. Voglio che i miei genitori possano essere orgogliosi di me ma lo faccio anche per me. E’ una sfida personale per poter dire: “Ce l’ho fatta!”.
Ora che sono lontano dalla mia famiglia, capisco quanto io sia stato stupido a non apprezzare ciò che avevo ogni giorno. Il valore delle persone lo si capisce quando si perdono o quando non le abbiamo più vicine fisicamente.

frasi-sul-coraggioCon questo concludo dicendo che, nonostante tutto, io sorrido sempre… o almeno non mi faccio vedere triste dagli altri.

Ora basta; non vorrei andare tanto in là e seccarla con la storia della mia vita… non mi spetto che capisca, ma mi fa piacere che lei sappia cose che altri non immaginano, perché so che di lei mi posso fidare. Sono certo che essere venuto in questa scuola ed averla conosciuta, non sia stato un caso. Buona serata prof!

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