“SCENDO DAL CIELO SULLA TERRA, PER FARE DELLA TERRA UN CIELO”

Sto guardando la puntata di Ulisse dedicata alla Giordania (la potete rivedere in questo link: https://www.raiplay.it/video/2023/09/Ulisse-il-piacere-della-scoperta—Petra-e-i-tesori-della-Giordania-32a41729-cec7-4f8a-8d19-27fe8245308e.html )
e sono al 28esimo minuto circa, quando Alberto Angela è nel punto del Giordano dove si presume sia stato battezzato Gesù da Giovanni Battista.
Il punto preciso, ovviamente, non si conosce. Ma quel punto del Giordano è interessante perché lì intorno l’archeologia ha scoperto almeno otto chiese (che tra l’altro operavano anche in epoca islamica, simbolo di tolleranza dell’epoca), cinque fonti, un monastero e delle vasche battesimali (in una ancora oggi i pellegrini possono immergersi).
Ma in tutta questa storia, la cosa che più mi colpisce è il fatto che Gesù si sia fatto battezzare nel punto più basso della terra.
Forse non è un caso.
Il nome “Giordano” significa “che scorre sempre più giù”.
Forse la Parola di Dio è scesa proprio nel Giordano per raccontarci che non si allontanerà mai da nessuna nostra “bassezza” (geografica o umana).

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FIORIREMO E LASCEREMO UN SEGNO

Quest’immagine ieri ha catturato fortemente la mia attenzione.
Come si fa a non rimanerne incantati?
I fiori nel deserto sono sempre un’inaspettata sorpresa che ci raccontano il possibile bel finale dei nostri deserti interiori.
Quei percorsi difficili e solitari, in cui ci convinciamo che la vita sia andata a finire altrove ed i suoi colori mai più ritorneranno accanto a noi.
Chi di noi non conosce questi percorsi dolorosi?
Quante emergenze abbiamo dovuto affrontare nella nostra vita?
Quante volte ci è capitato di dire a noi stessi: “Questa volta non ce la faccio e la mia vita è finita”.
Invece, poi, accade.
Rivedi spuntare, pian piano (è un processo delicato) qualche tuo sorriso. All’inizio non ti capaciti neanche tu da dove venga fuori. Poi, sempre piano piano, al sorriso segue la speranza e poi ritornano i colori!
La realtà non è più fatta di buio e la Luce rientra in te.
Rammentiamoci con entusiasmo di tutte quelle volte che, nel passato, ce l’abbiamo fatta.
Fa bene a noi e ci fa scegliere con saggezza come comportarci, per essere portatori sani di speranza.
Ogni emergenza può far emergere la grandezza e lo splendore dell’essere umano.
Nella grande notte alcuni riescono a portare la luce, per il bene di tutti.
E più grande è la lotta, tanto più gloriosa sarà poi la vittoria.
Ora è giunta l’occasione di indossare degli occhiali nuovi per vedere “oltre” il panico e l’egoismo auto-distruttivo.
Dov’è pessimismo possiamo portare l’entusiasmo per la vittoria finale, mantenendo lo sguardo dritto, verso l’orizzonte.
Non esiste, infatti, gesto più sublime di questo: portare vita e speranza agli altri.
In questo difficile momento storico, noi possiamo far fiorire il deserto.
Possiamo diventare i generali, i capitani, i colonnelli o i soldati semplici della “Speranza”.
Ognuno di noi ha il suo ruolo ben preciso.
E mentre la paura vorrebbe vederci già tutti precipitati nel baratro dell’angoscia e dell’egoismo, alcuni di noi stanno già scegliendo di non dargliela vinta.
Alcuni stanno già prendendo in mano le armi del bene, per spanderlo un po’ dappertutto.
Negli ospedali, nei laboratori, nelle chiese, nelle aziende, nei condomini, nelle scuole, nelle proprie case…

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QUANDO GLI STUDENTI INCONTRANO I DETENUTI …

Questa volta non ci sono foto dell’incontro e non esistono immagini dell’esperienza fatta da quasi 100 ragazzi del quinto anno del Liceo Scientifico Vito Volterra – Fabriano
Ne potete vedete solo un paio, fatte quando oramai eravamo fuori, usciti da un incontro di ore con i detenuti e le detenute della Casa Circondariale di Villa Fastiggi, il carcere che si trova nei pressi di Pesaro.
Saremmo dovuti uscire a mezzogiorno ed invece siamo usciti non prima delle 13.45.
Neanche la fame li ha fatti desistere dalle tante domande che continuavano a porre.
Non riuscivamo più a portar via i nostri studenti dall’incontro con la realtà dei “brutti, sporchi & cattivi” (così si sono ironicamente definiti i detenuti, spiegando ai ragazzi il loro mondo, i loro errori e le loro speranze).
Potrei fare un post lunghissimo se solo mi mettessi a raccontare le loro storie; magari lo farò in seguito. Sono convinta, infatti, che la vita reale insegni più dei romanzi.

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Un gesto d’amore e tutto cambia

Questa foto l’ho scattata il 2 marzo 2023 a San Patrignano. Sono alcuni miei studenti intenti a guardare i colori arcobalenati (come direbbe Giorgia, la mia nipotina) nella parte della comunità dove si lavora sulla grafica.
Eravamo in 86, ma domani ci tornerò con quasi 150 studenti liceali.

Il 2 marzo, tra le tante storie ascoltate, una mi è rimasta particolarmente impressa.
Ve la voglio raccontare.
Maria (la chiamerò così) ha 21 anni ed oramai la sua vita è una discesa verso l’inferno. La droga e la prostituzione l’hanno schiacciata e lei ha dimenticato di essere un essere umano.
Una sera di pioggia e vento è accasciata per terra, avanti ad un portone, nel maldestro tentativo di ripararsi dalla pioggia battente.
E’ in quel momento che arriva un signore. Sui sessant’anni. Abita lì, in quel palazzo. Le chiede come sta. Le domanda se vuol salire per asciugarsi.
Lei sale. Non le pare vero.
Lui le chiede se vuole farsi una doccia e dormire in casa, al caldo.
Lei si lava. Non può credere a tanta tenerezza.
E siccome non ci crede perché la vita le ha insegnato questo, si prepara a pagare il prezzo dell’inaspettata ospitalità, con le prestazioni sessuali che oramai sono diventate l’unica moneta che lei usa, per avere qualcosa in cambio.
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Fai bei sogni!

Tutto è nato così: da una mia amica che insegna alle medie inferiori di una città che qui non preciso, che mi ha riferito che quando ha detto ai suoi alunni di terza media quel semplice: “Avete sentito che è stato arrestato un importante mafioso?” si è sentita rispondere altrettanto semplicemente: “Che figo!”

Così questa settimana, a scuola, con i miei studenti (anch’essi cresciuti a pane e Gomorra), abbiamo fatto insieme una riflessione.
Siamo partito proprio dall’ABC.

Ma che significa la parola “peccato”? Abbiamo fatto una passeggiata nel sentiero che mi attrae tanto da sempre: l’etimologia ebraica (una lingua molto concreta e poetica nei suoi significati).
“Peccato” ha la sua radice in khaw-taw che significa “mancare, sbagliare il bersaglio (parlando di un arciere) o inciampare”.

E così abbiamo fatto il parallelismo tra due arcieri: Matteo Messina Denaro e fra Biagio Conte.
Entrambi siciliani.

30 anni di fuga e latitanza da una parte.
30 anni di Missione e Speranza dall’altra.

Una vita sterile come un albero secco, che ha creato morte e solitudine da una parte.
Una vita feconda come un albero rigoglioso che ha donato bene e guarigione dall’altra.
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ETTY HILLESUM E LA SUA VITTORIA IMMENSA

Etty.
Etty Hillesum.
Ebrea olandese. Passionale e appassionata.
Morirà ad Auschwitz il 30 novembre 1943 all’età di 27 anni; esattamente 30 mesi dopo aver iniziato a scrivere un diario.
Un Diario che aveva iniziato a scrivere su consiglio del suo grande amico, psicoterapeuta e poi anche amante Julius Spier (su Julius Spier, psicochirologo e allievo di Jung, ci sarebbe da scrivere tanto ma qui sorvolo).
Un Diario che per quasi quarant’anni nessuna Casa Editrice volle pubblicare (purtroppo!).
Un Diario in cui lei scriverà quel suo percorso di ricerca esistenziale intensissimo (doveva andar veloce chè la sua vita sarebbe stata stroncata di lì a poco) che le consentirà di scoprire un inedito rapporto con sé stessa, con Dio e con gli altri.
Un diario in cui annoterà tutte le tappe di questa sua trasformazione interiore.
Etty, personalità complessa, strapiena di passioni di carne e strapiena di ricerca di Cielo.
Una creatura di carne e di spirito che, con i suoi “alti e bassi”, con la sua lotta alla depressione e la sua voglia di vita, si metterà testardamente a scrutare l’orizzonte, alzando lo sguardo verso la Luce, mentre le tenebre scendevano sulla terra per scandire i giorni dell’attimo più buio della storia umana.

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FINE DELLA GUERRA!

Il 4 novembre 1918 viene annunciata la fine della prima guerra mondiale.
Anni di morte, fame, dolore, trincee e sofferenze indicibili, finiscono.
A scuola e nei libri di storia, leggiamo i nomi dei comandanti e dei generali, ma se solo potessimo conoscere i nomi dei soldati e le loro tragiche storie!
Persone umili, ragazzi e contadini che hanno pagato il prezzo più alto.
Tutti obbligati a sacrificare la vita per uno scopo che molto spesso non potevano neppure comprendere.
Numerosi sono stati, durante la Grande Guerra, i tentativi di ribellione a tale scempio.
Soldati che hanno provato a protestare contro questa follia, che si sono rifiutati di contribuire a massacri inutili.
Tanti cercarono di tornare a casa di nascosto, semplicemente perché sapevano di avere la frutta da raccogliere nel campo.
Considerati traditori, molti di loro sono stati fucilati all’istante, senza passare da nessun tribunale.
Giustiziati e ricoperti di vergogna, l’Italia ha il triste primato per numero di tali esecuzioni all’interno delle proprie truppe.

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SIAMO CREATURE. FRAGILI EPPURE IMMENSE.

Ieri, per i casi strani della vita, ho ascoltato il dolore di due creature umane.
Loro non si conoscono ma hanno lo stesso profondissimo dolore, solo che una l’ha provocato e l’altra l’ha subìto.
Una vorrebbe tornare indietro nel tempo… l’altra pure.
Una ancora non si capacita dell’accaduto…l’altra pure.
Una ha il cuore spezzato…l’altra pure.
Una è piena di angoscia…l’altra pure.
Ieri, per pura casualità, ho raccolto per strada la moneta della Vita ed ho potuto vederne entrambe le facce.
Ho visto che entrambi i lati sono “opportunità”.
Ho intuito che le lacrime hanno bisogno di tempo.
Ho ascoltato rabbia e voglia di perdono.
Ho incontrato le contraddizioni umane e le ho amate entrambe.
Ieri per un dono della Vita, ho visto contemporaneamente il giorno e la notte.
Ho guardato le stelle nel buio e l’arcobaleno nella pioggia.
Ho abbracciato la voce incrinata della luna e la tristezza intima del tramonto.
Ho imparato la fatica del perdono dai piedi infangati di due creature umane.
Creature. Appunto. Fragili. Eppure mi hanno insegnato tanto.

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Che il suo ricordo sia una benedizione!

Janusz Korczak– nome d’arte di Henryk Goldszmit- e’ ricordato per non aver mai abbandonato i 200 orfani che erano sotto le sue cure nel Ghetto di Varsavia.
Li ha protetti fino alla fine, a costo della propria vita. La mattina del 5 agosto 1942 fu deportato nel campo di sterminio di Treblinka assieme a tutti i bambini ospiti dell’orfanotrofio. Riconosciuto dagli ufficiali nemici venne trattenuto perche’ una tale personalita’ non avrebbe dovuto seguire il destino di altri, ma egli si rifiuto’ di abbandonare i suoi bambini.

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NON DIMENTICHEREMO

Visitare sul Monte Herzl o Monte del Ricordo il Museo Yad Vasham, significa entrarvi dritti con le proprie gambe ed uscirne deboli e con le gambe claudicanti.
Il peso a cui si sottopone la propria anima, è enorme.
Eppure non è uno schiaffo in faccia ma una mano che ti accompagna tra lacrime e morte, sussurrandoti con decisa delicatezza: “Non li dimenticare!”
l Museo dell’Olocausto o Yad Vashem è un vero e proprio simbolo in memoria dei sei milioni di ebrei assassinati durante la seconda guerra mondiale.
Occupa un’area di 4.200 metri quadrati.
È stato creato nel 1953, ristrutturato nel 2005 ed i lavori continuano ancora.
Tra le foto riconoscerete la Cripta del Ricordo: una grande cripta di cemento che contiene solo una fiamma eterna in onore di tutti gli ebrei assassinati.
Per non dimenticare gli orrori dell’Olocausto, sul pavimento della cripta sono scolpiti i nomi di tutti i campi di sterminio costruiti in Europa nella seconda guerra mondiale.
Il Memoriale dei bambini è l’unico luogo dove ho fatto un filmato.
https://www.facebook.com/100044259082466/videos/pcb.626488152169815/600417524761224
Per i miei studenti…
Per il mio cuore…
Per chiunque voglia emozionarsi ❤️

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