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FINE DELLA GUERRA!
MERCOLEDI 25 MARZO 2022: MARIA, PROTEGGICI DA NOI STESSI
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Storia vera di un uomo che, dalla notte di Nakasaki, ha camminato nella Luce, aiutando tutto e tutti, nonostante il suo dolore.
Ricordo che stavo tornando da Roma.
Era notte e cercavo sulla radio qualcosa che potesse tenermi sveglia.
Veramente stavo inseguendo musica bella ma, girando qua e là tra le frequenze, mi incuriosì la lettura di un libro.
Era il nove agosto di un po’ di anni fa e quella voce maschile mi stava catapultando tra le pagine di un libro che poi avrei amato tanto: Le campane di Nagasaki.
Quella lettura aveva la caratteristica che io metto al top nella scelta dei libri da acquistare: era autobiografico. Poi c’era anche la seconda caratteristica che io adoro: narrava il passaggio in una valle di lacrime e la vittoria sulla cattiveria.
Credo che il motivo per cui io sia, da sempre, irrimediabilmente attratta dalle storie vere ed autobiografiche, sia nella mia ricerca perenne della vera felicità e forza interiore. E chi mi potrà insegnare la via, se non coloro che sono usciti vittoriosi dai colpi duri della vita?
Li vedo un po’ come quegli splendidi vasi giapponesi che, rotti per sbaglio, vengono riparati con l’oro. E’ la tecnica del Kintsugi che riunisce i pezzi di ceramica rotti con la preziosità dell’oro fino. Alla fine il vaso è più bello di quanto lo fosse all’originale.
Potrei definirmi una ricercatrice di creature umane ancora più splendenti di oro, rispetto all’inizio della loro vita.
Il protagonista del libro è Paolo Nagai Nakashi.
Siete pronti a saperne un po’ di più su di lui?
Se la sua storia e le sue parole sono riuscite a tenermi sveglissima in una viaggio notturno di ritorno da Roma, tanto più (ne sono certa) lo faranno con voi.
Oggi è il 9 agosto 2020 e racconteremo Nagasaki e la storia struggente e forte di un marito e medico eccezionale!
Takashi Nagai nasce nel febbraio del 1908 a Isumo (vicino a Nagasaki) in Giappone, in una famiglia discendente dei samurai, di religione scintoista. Sono cinque figli.
Fin da piccolo è evidente in lui una grandissima attitudine per gli studi ed il padre (esperto di medicina orientale) gli trasmette la passione per l’arte di curare. Nel 1928 Takashi si iscrive alla Facoltà di Medicina di Nagasaki, in pieno clima positivista e di piena fiducia nella scienza e nella tecnica.
Racconta nel suo diario: «fin dagli studi liceali ero diventato prigioniero del materialismo […]; alla Facoltà di medicina mi fecero sezionare cadaveri: la struttura meravigliosa del corpo, l’organizzazione minuziosa delle sue minime parti, tutto ciò provocava in me ammirazione. L’anima? Un fantasma inventato da impostori per ingannare la gente semplice».
Nel 1930 sua madre subisce un colpo apoplettico e, senza poter parlare, gli rivolge un ultimo sguardo. Quell’addio materno sarà la svolta determinante nella sua vita. Continua a leggere Storia vera di un uomo che, dalla notte di Nakasaki, ha camminato nella Luce, aiutando tutto e tutti, nonostante il suo dolore.
Oltre l’apparenza c’è una saggezza meravigliosa!
Ieri mattina mi è rimasto impresso il post di un amico.
Breve.
Interessante.
Inquietante.
“Veder giocare a basket in un campetto,
prendere del “vecchio di merda domani muori”
per aver fatto presente che non si può.
Me mancava, il vecchio di merda”
Istintivamente mi sono chiesta cosa avrei fatto io, al posto del protagonista della triste vicenda.
Mi sono immaginata usare l’ironia (è sempre efficace per svergognare la maleducazione di bassa lega).
Oppure sfruttare il silenzio accompagnato da uno sguardo valevole più di mille parole (anche questo funziona spesso e bene)
O anche un sano e sbrigativo “Oh deficiente! Ma ci stai con la testa? Chi sono i tuoi genitori, dimmi un po’!” che fa sempre il suo sporco ed efficace lavoro.
Ma mentre mi immaginavo nei vari panni, mi è venuto in mente un fatto.
Una volta mi trovavo a pranzo con un uomo anziano.
Stavamo parlando quando, in tivù, passò la notizia di un ragazzo che aveva ucciso entrambi i genitori.
Lui si fermò con la forchetta a mezz’aria.
Ascoltò concentratissimo.
Poi una lacrima gli solcò il viso ed il dolore avvolse il suo sguardo.
Io ero ferma.
In silenzio.
Non osavo dire niente.
Fu lui ad interrompere il mio imbarazzo, sussurrando mentre guardava il vuoto: “Mi dispiace tanto. Mi dispiace davvero tanto”.
Io pensavo si riferisse alla morte violenta dei due genitori.
Ed invece…
“Quando ascolto notizie così, provo un dolore enorme per chi si rovina la vita facendo un male così grande! Uccidere i propri genitori. Poveretto. E’ proprio una povera creatura umana. Ha perso i suoi genitori ed ha perso sé stesso. Poveretto. E’ povero di cuore, di anima e di futuro. Che angoscia la sua vita!”.
E mentre tutto il mondo stava provando pena per le vittime, lui provava pena per l’assassino.
Tutto era invertito nel suo cuore.
Non che giustificasse il figlio.
Anzi!
Ma proprio perché non lo giustificava affatto, provava ancora più angoscia nel guardarlo.
Io non capivo proprio bene bene.
Un attimo prima del suo lacrimare mi sembrava tutto chiaro.
Le vittime erano da una parte e il colpevole dall’altra.
Ora invece stavano vicine.
Stavo vedendo tre vittime.
Vedevo una specie di dolore che poteva allargarsi, partendo dai due genitori uccisi fino al figlio uccisore.
Qualcosa “dentro” mi incoraggiava: “Non ti fermare al primo passo. Vai oltre”
Ed ho visto tre vittime.
Tre persone morte.
Due fisicamente ed una spiritualmente. Continua a leggere Oltre l’apparenza c’è una saggezza meravigliosa!
Il supereroe che è in noi (seconda parte)
Subito dopo aver pubblicato la prima parte di questo post dedicato ai supereroi, è stato scritto questo commento interessante nel blog.
“Ciao a tutti, sono una Super Eroe, diciamo Wonder Woman.
Ho iniziato presto, non ricordo quando, perchè nessuno intorno a me sembrava in grado di provvedere a se stesso ed a quelli che gli erano affidati. Mi sono detta “qui crolla tutto, che faccio? Rimbocchiamoci le mani, salviamo il salvabile”
Sono passati 40 anni e faccio ancora la Super Eroe, è il mio lavoro e, a quanto pare, mi riesce anche bene visto che tutti mi cercano!! Mi ammirano, mi guardano dal basso verso l’alto “come fai ad essere così”, “come vorrei essere come te!” …
Volete fare un regalo al Super Eroe della porta accanto? Regalategli carezze, regalategli un mazzo di rose, accarezzategli la testa, alleggeritegli il peso, anche se solo per una sera soltanto!”
Il supereroe è una formidabile risorsa, ma non va sfruttato. Anche lui/lei ha un cuore e bisogno di carezze.
6. Super Man: voglia di giustizia!
Clark Kent ha un nome terreste da non sottovalutare: Kal-El.
I suoi due creatori, Shuster e Siegel, entrambi ebrei, gli diedero questo nome che, in lingua ebraica, significa “Voce o Vascello di Dio”.
“El” in ebraico, infatti, significa “Dio”.
Clark Kent è un neonato salvato dai suoi genitori che, a causa dell’imminente e drammatica esplosione del pianeta, lo rinchiudono in una navicella spaziale monoposto per proiettarlo verso la salvezza. Come un novello Mosè abbandonato tra i flutti del Nilo, sulla terra darà inizio a qualcosa di nuovo.
“L’ultimo figlio di Krypton” diventerà un giornalista preciso e attento ma, sotto il completo, nasconderà il famosissimo mantello per volare (con tutti i suoi poteri annessi).
Nel numero 775 di Action Comics Superman dice:
“I sogni ci salvano. I sogni ci elevano e ci trasformano. E sulla mia anima, giuro, che finché il mio sogno di un mondo dove dignità, onore e giustizia diventino la realtà che noi condividiamo, non smetterò mai di combattere. Mai.”
Quanti Superman ci sono nel mondo, nascosti dietro i loro completini apparentemente normali?
Chi mai potrà farne un elenco completo?
Quante creature umane stanno fiorendo anche in inverno?
Tante!
Solo che, per assurdo, facciamo una grande fatica ad accorgerci dei “superman” che ci sfiorano.
Ed anche io, all’inizio, ho fatto fatica ad accorgermi dei superpoteri di un ragazzo italiano.
Mi sembrava così spropositatamente grande ciò che stava facendo, rispetto ai suoi 27 anni, che facevo fatica ad accettare l’idea che un ragazzo così giovane potesse davvero rivoltare il doloroso mondo dei bambini sull’isola di Samos. Continua a leggere Il supereroe che è in noi (seconda parte)
Vi prego; non vi dimenticate di noi!
Sto rincorrendo le tante cose da fare: per la scuola… e per il blog…. e per la casa… e per la famiglia… e per la giornalista che mi ha chiesto di… e per la lezione che devo preparami … e per…
Sto rincorrendo tutti i minuti possibili, perché sono indietro da morire …
Indietro da morire…
Già…
Ma quanto sono indietro “da morire”?
Io che sto correndo schiacciata dall’ansia di non riuscire a far tutto, oggi, 14 dicembre 2016, sono stata messa al muro da due messaggi arrivati a distanza di cinque minuti l’uno dall’altro.
Ora io li “incollo” qui nel blog ma, vi prego, leggeteli lasciandovi alle spalle idee politiche, studi di esperti di settore e tutto quello che fa diventare “un morto una tragedia” e “un milione di morti una statistica”.
Leggeteli, contando solo fino ad uno. Uno come ogni essere vivente che sta su questa terra.
Leggeteli, ascoltando queste due ragazze. Buttate via ogni istintivo tentativo di controbattere con un “Sì, però…”.
“Ascoltate” queste due giovani voci.
Leggete con me queste due provocazioni che mi sono arrivate.
Loro due non si conoscono.
Sono diverse per nome, nazionalità, lingua e religione.
Ma entrambe mi hanno costretta a passare dal mio “correre da morire” agli altrui “correre per non morire”!
Buona lettura. Continua a leggere Vi prego; non vi dimenticate di noi!
Un giorno faranno la guerra e nessuno vi parteciperà
Pian piano ci prepara, portandoci alla divisione ed alla paura …
Poi, come se fosse naturale, ci fa danzare nervosamente con la rabbia e le nostre istintive reazioni…
Prosegue, mettendoci in bocca frasi piene di superbia, che ci portano a giudicare tutto e tutti…
Ed infine giunge alla sua vittoria finale; far entrare l’odio dalla porta principale della nostra anima.
Basta leggere le frasi che girano sui social ed è chiaro come sia facile cadere in questa trappola (d’altra parte, se non fosse facile, tante guerre le avremmo evitate).
Ora, come un tragico déjà–vu facilmente prevedibile, i muri della divisione si ergeranno nei nostri cuori, lasciando fuori ciò che ci rende veramente uomini: la capacità di amare e riflettere bene.
Ecco allora arrivare l’istintiva voglia di trovare il capro espiatorio. Chi lo troverà nella religione, chi nell’ignoranza, chi in poteri occulti e chi negli islamici in toto.
Dietro l’angolo, ecco approfittare del momento, la perenne voglia di dare sentenze definitive… e le urla stanno già invadendo il mondo: “Togliamo di mezzo questa o quella cosa, quelli lì o quegli altri, e tutto sarà risolto!”
Ebbene: vinceranno questa guerra coloro che non si faranno cambiare l’anima; coloro che non si abbruttiranno con la presunzione che crede di capire tutto, con la rabbia che acceca, con la paura che divide, con l’ignoranza che insuperbisce. Continua a leggere Un giorno faranno la guerra e nessuno vi parteciperà
Il privilegio di insegnare ad un fiore delicato
Ricordo ancora la prima volta che sentii parlare di Sait. La scuola era iniziata da due giorni ed io ero in viaggio verso Assisi, quando mi squillò il cellulare.
“Pronto?”
“Ciao Cri, sono Laura”.
“Ciao Laura!!! Dimmi pure”.
“Senti, stamattina ho fatto per la prima volta lezione in 1B. Ma tu ci sei già andata? Hai conosciuto Sait?”
“Sait? E chi è Sait? No, ancora non ci sono andata in 1B e…”
“Senti Cri; tu devi assolutamente conoscere Sait! E’ un ragazzo fantastico della prima classe. Conosce il greco, parla l’ebraico, canta in modo divino…stamattina io ero a bocca aperta! Ma quando ci andrai in quella classe? Io non vedo l’ora di sentire la tua impressione! E quel ragazzo bisogna valorizzarlo assolutamente!!!”
Laura è la mia collega di italiano entusiasta del lavoro che fa e perennemente desiderosa di valorizzare ogni suo studente. E quel giorno, in una sola ora di lezione, aveva intuito subito la bellezza dei petali che adornavano quel fiore delicato chiamato Sait.
Un ragazzo che se fa le scale senza tenersi forte nel corrimano, ha paura, ma che poi non teme dire la sua di fronte all’intera scuola riunita in Assemblea Generale.
Un adolescente che sa sorridere sempre a tutti, anche se la vita sembra che a lui non abbia sorriso affatto.
Sait che, quando ascolta qualcosa che gli piace, ripete tra sé e sé le singole parole come fossero pezzi preziosi di un puzzle da costruire piano piano ma che poi, quando studia da solo, è capace di imparare il greco, l’ebraico e l’arabo.
Un alunno che è capace di vedere in tutti dei lati positivi e che quando parla ha sempre scintille di generosità da spargere a piene mani intorno a lui; anche quando gli altri hanno mani vuote di amore.
Sait che, appena può, esce dalla sua aula per venire nella mia e lasciare un senso di meraviglia nei ragazzi lì presenti, con le sue mini conferenze sulla teologia o sul sociale.
Io lo chiamo il mio fiore delicato mentre stamattina, un mio alunno, lo ha chiamato la mascotte della scuola.
Un po’ di giorni fa Sait è venuto a trovarmi in aula e mi ha detto: Continua a leggere Il privilegio di insegnare ad un fiore delicato
Io so che tra due giorni scriverai una canzone per me!
Era il 1995 e Pavarotti stava organizzando il suo “Pavarotti and Friends“ a Modena.
Il cantante lirico voleva assolutamente tra i suoi ospiti Bono (il famoso cantante irlandese degli U2).
Inizierà a tempestare di telefonate la sua segretaria per parlare con l’artista, ma ogni volta era un fiasco.
Bono in persona racconterà divertito: “La prima volta che ho parlato con il maestro è stato al telefono, Mi stava tormentando da giorni. Ogni volta che chiamava diceva alla mia segretaria “Salve, sono Luciano Pavarotti, potrebbe dire all’onnipotente di richiamarmi! Per favooree!!!!”
La segretaria rideva … dopo un po’ Pavarotti richiamava.
Fu incredibilmente tenace e quando finalmente riuscì a parlare con Bono, gli disse semplicemente: Continua a leggere Io so che tra due giorni scriverai una canzone per me!