Giorno 4 – L’asciugamano ed il catino sono accanto a me

“Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo»Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!»Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me»Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!»Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti»Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri». Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi»”  (Gv 13, 1-15)

Immaginandomi invitata in qualche liturgia del Giovedì Santo per farmi lavare i piedi, probabilmente direi di no.

Sarebbe troppo imbarazzante.

Le mani…ok.

Il viso…ok.

I piedi…no.

Immaginandomi nel Cenacolo al tempo di Gesù, al momento imbarazzantissimo della lavanda dei piedi, credo mi sarei concentrata più sul “come” sfuggire a quel lavaggio inaspettato che non al suo bel significato. Un po’ come quando si scattano le foto di gruppo e tu non vuoi esserci perché convinta di non essere fotogenica, e cerchi di mimetizzarti dietro qualche pianta.

E’ comodo scrivere da un pc, lontano duemila anni e quattromila chilometri dal Cenacolo.
E’ semplice scrivere tutte le elucubrazioni teologiche e spirituali sulla lavanda dei piedi, lontani da quel catino e da quelle mani.
Dà anche soddisfazione spiegare il significato del massimo gesto di servizio lasciatoci in eredità da Gesù.
Si vince facile con le riflessioni sulla Lavanda dei piedi.
E’ un gesto bello, innovativo, rivoluzionario, divino, da qualsiasi punto di vista lo si guardi. Continua a leggere Giorno 4 – L’asciugamano ed il catino sono accanto a me

Nelle montagne russe della vita chiudo gli occhi, mi godo il viaggio e mi rifugio in Te

Ciao Cristina, sono venuta a conoscenza del tuo blog in maniera casuale, attraverso una ricerca sul tema dell’innamoramento: ho letto così una tua risposta ad una ragazza che vive una storia simile alla mia e le tue parole mi hanno molto aiutato in un momento buio.

Da quel momento ho iniziato a leggere con grande interesse le altre risposte, perché oltre ad essere molto intelligenti, sono illuminate dalla parola di nostro Signore, che mi pare di capire utilizzi come una bussola per il tuo quotidiano. Da qui, pur non conoscendoti, è nata la mia simpatia per te e il desiderio di raccontarti la mia storia. Dopo aver incontrato l’uomo che credevo avevo aspettato tutta la vita (visto che non ero una teen-ager, ma avevo trentadue anni), mi sono sposata e abbiamo avuto subito il nostro meraviglioso bimbo. Nonostante lavorassimo tutte e due, non avevamo da parte tanti soldi e siccome volevamo una casa, l’abbiamo acquistata locata, perché aveva un prezzo vantaggioso. Era prevista una locazione di tre anni e durante quel periodo abbiamo deciso di abitare con mia mamma, che vive sola ed ha una casa grande, in modo da mettere da parte un po’ di soldi e farci aiutare all’inizio del nostro menage, anche con il bimbo appena nato. L’aiuto era prezioso, anche perché non ebbi un buon post partum, dovuto a problemi di salute incontrati nel parto. La nostra casa si è resa libera due anni dopo, ma tra ristrutturazioni ed esitazioni (più mie che di mio marito, dovute anche ad una situazione di sostegno materiale e morale che avevo nella casa di mia mamma) eravamo pronti ad andarci tre anni dopo, ossia dopo cinque anni dal matrimonio. Il nostro matrimonio è stato sempre un po’ turbolento, nel senso che c’erano liti dovute alle tensioni e alle fatiche che dipendevano dai sacrifici che stavamo affrontando, dall’impegno di un bimbo piccolo e dalla mancanza di comunicazione fra me e mio marito (io cercavo il dialogo, ma mi sentivo di fronte un muro). Proprio quando è arrivato il momento di trasferirci nella nostra tanto agognata casa, mio marito mi ha detto che voleva la separazione, perché non aveva più un sentimento per me. Se n’è andato a vivere in una casa (che gli aveva messo a disposizione sua madre) che ha arredato con tanta cura (non lo aveva fatto nella nostra), lasciandomi con il mutuo da pagare e con i debiti contratti fino ad allora. Ho saputo poco tempo dopo che aveva una storia con la sua collega d’ufficio, con cui è andato quasi subito a convivere. Da allora sono trascorsi quattro anni e mezzo, convive ancora ed io abito con mio figlio nella nostra casa, pago il mutuo e lui mi passa una quota concordata per il bimbo. Ci siamo separati consensualmente, sto mantenendo con lui buoni rapporti per quanto sia difficile, perché la delusione è tanta, ma lo faccio per mio figlio.

Non ho rancore verso di lui e quando le difficoltà tentano di sopraffarmi, tengo lo sguardo fisso su Gesù, come Pietro quando cammina sulle acque e che rischia di affondare quando si concentra sulla paura e non sulla potenza di Dio. Mi sono chiesta miliardi di volte il perché del fallimento di questo progetto di vita insieme (mi sono anche sentita responsabile per aver proposto a mio marito di vivere con mia mamma nell’attesa di avere la casa nostra). Mi sono chiesta perché poi io stata colpita proprio nell’ambito familiare una seconda volta, dopo la scomparsa prematura di mio padre (avevo tre anni). Leggendo la Bibbia, che ho scoperto solo cinque anni fa (anche se sono cresciuta in una famiglia di tradizione cattolica) e che ho iniziato a leggere proprio dopo la separazione, ho trovato una frase di Dio, secondo cui le sue vie non sono le nostre vie. Non sembra apparentemente una risposta, eppure mi sembra ugualmente una risposta esaustiva. Leggendo le risposte che dai nel tuo blog, ho letto un’altra frase della bibbia, pronunciata da Pietro, che tu riporti e che mi risuona da qualche giorno: “Dove andare lontano da te Signore! Solo tu hai parole di vita eterna”. E così, nonostante le mie paure, soprattutto nel crescere il mio bimbo, ho chiaro di voler rimanere aggrappata a Cristo, che mi sosterrà in questo percorso. Ho voluto condividere con te i miei pensieri, perché anche se non ti conosco, penso che tu sia una persona straordinaria, che aiuti le persone che hanno bisogno di consigli, incoraggiamento, confronto. Spero di poter ricevere qualche tua parola anch’io.

Anna 

Carissima Anna, siamo tutti straordinari. Tutti.

Non sto scherzando e non sto neanche tentando di ingraziarmi le simpatie di coloro che leggeranno.

È che la realtà è proprio così: siamo tutti eccezionali e “grandi. È vero: passiamo momenti in cui viviamo sfiniti e ci sentiamo falliti ed altri in cui ci alziamo e ricominciamo. Ma è in questo sali-scendi della vita che ci capita di aiutare gli altri facendo / dicendo / scrivendo” cose belle e giuste. Continua a leggere Nelle montagne russe della vita chiudo gli occhi, mi godo il viaggio e mi rifugio in Te