Perché l’ho condiviso?
Perché le tenebre si fanno largo, uccidendo.
A volte con le parole.
A volte con le armi.
Ma c’è una legge che le tenebre si scordano: LA VERITÀ È SEMPRE PIÙ FORTE DELLA MENZOGNA.
Andiamo ad un po’ di giorni prima.
Quel 30 maggio 1924 Giacomo decise di raccontare tutto.
Sapeva che stava rischiando la vita, ma non poteva più stare in silenzio.
Quel giorno denunciò tutto quel che vedeva: i brogli, le violenze, gli squadristi, senza remore…
Parlò per quattro ore, tra gli schiamazzi, gli insulti e le minacce dei fascisti.
Quando ebbe finito, si sedette, si voltò verso i compagni al suo fianco e pronunciò una frase profondamente profetica: “Io il mio discorso l’ho fatto, ora voi preparatemi l’orazione funebre”.
Matteo non era un ingenuo.
Aveva capito benissimo con chi aveva a che fare.
Undici giorni dopo fu rapito, massacrato di botte e infine accoltellato tra l’ascella e il torace, a bordo della Lancia Lambda su cui cinque fascisti lo avevano rapito poco prima.
Mesi dopo, il cane di un brigadiere in licenza trovò il corpo di Giacomo, dilaniato e in avanzato stato di decomposizione, in un bosco di Riano, alle porte di Roma.
Era il 16 agosto del 1924.
Era il giorno in cui l’Italia perse definitivamente, anche agli occhi dei più “distratti”, l’innocenza.
Giacomo aveva osato dire.
Giacomo era stato ammazzato.
Giacomo, il socialista inflessibile, l’uomo con una coscienza retta, lo statista rigoroso, il politico onesto, la vittima prescelta dal fascismo per dare un segnale a tutti, era stato ritrovato (straziato).
Se solo gli italiani avessero ascoltato quel “sangue”!
Nel 1924 ancora di sarebbero potuti evitare tanti morti e tanta violenza di cui ci saremmo vergognati poi.
Oggi in quasi tutte le città italiane c’è una via o una piazza dedicata a Giacomo.
L’onorevole Giacomo Matteotti.
Onorevole, per davvero!