
Le tavolate della sala da pranzo di san Patrignano, all’entrata delle donne si sono riempiti di fiori gialli. Così ho chiesto alle ragazze di poterli fotografare.
Nel pomeriggio poi, passo per uno dei tanti vialetti quando, all’esterno del grande Teatro, si apre appena appena una porta e sento cantare: le ragazze di San Patrignano non lo sanno ma lì dentro ci sono ragazzi che stanno provando una serata d’onore dedicata a loro.
Serate fatte col cuore! 



Roba fatta con amore!

Federico sta raccontando la sua difficilissima vita, arrivata fino al bordo del dirupo verso la morte.
Poi finisce con quel: “Ma poi, volete sapere una cosa? Qui a SanPa ho ricominciato a studiare e fra tre giorni discuterò la Tesi. Mi laureo in Lettere!” E nel teatro parte l’applauso scrosciante dei miei studenti.
Momento pieno di amore! 

Anna (la chiamerò così) è la mia alunna che, pur di venire, non ha voluto far tanto caso al mal di pancia della notte precedente. Così nella mattinata, mentre siamo nell’enorme lavanderia di SanPa, si sente male.
E’ bianca. Ha le nausee. Barcolla. L’accompagno subito fuori, all’aria aperta. In pochi attimi arriva Eugenio (lo chiamerò così). Le porta dell’acqua calda con limone e zucchero. Rimaniamo accanto a lei. Eugenio racconta.
Trentacinque anni, una figlia di dieci vista pochissimo, una vita da latitante per quattro anni, droga, spaccio ed uno sguardo apprensivo verso la mia alunna. “Va meglio?”.
Anna ha le labbra bianche ma ascolta attentamente il suo racconto. Forse si distrae anche un po’ con quella cascata di sciagure umane, al cui cospetto un virus intestinale è niente.
Eugenio alla fine dice: “Ora ho capito che cretino che ero, ma a quei tempi… Mia figlia è il mio tesoro e stiamo ricostruendo l’amore… SanPa mi ha salvato. Ma che fatica smettere di fare il coglione!” 

Stamattina, a scuola, l’adorabile bidella che accoglie tutti col sorriso, vien da me e mi dice: “La prossima volta voglio venire anche io a San Patrignano! I ragazzi stamattina erano tutti entusiasti!” 

Qualche volta piove a dirotto come la scorsa volta, e più di tanto non si può vedere…
Qualche volta c’è il sole e gli studenti possono vedere anche il canile, luogo fantastico dove i ragazzi, salvando i cani strappati da canili-lager, salvano sé stessi.
Ed io racconto loro la storia di Torey Hayden e della sua bambina difficilissima destinata ad una vita non-vita. Poi salvata da lei, con alcune sue intuizioni pedagogiche narrate nel suo famoso libro “Una bambina”.
Salvezza data con appassionato amore!

La legge pedagogica più grande, imparata in questa giornata?
L’amore.
Lo so, è un rischio pronunciare questa parola.
Chi la prende per una sdolcinatura poco professionale.
Chi la taccia per mero buonismo.
Ma forse è semplicemente la forza interiore più grande dell’universo, che ci fa dire di fronte agli errori umani:
“Io tanto spero e continuerò a fare del tutto per …!” 

M.C. 
