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SIAMO CREATURE. FRAGILI EPPURE IMMENSE.
Elogio degli alberi “storti”
“STAMMI VICINO”. “NON TI LASCIO” “MI VUOI BENE ANCORA?” “DI PIU’”
Quando entra in sala insegnanti o in classe non passa inosservata: è troppo simpatica ed allegra per non farsi notare.
Sportiva, spontanea ed amica mia.
Da tanti anni ci conosciamo ed il tempo ci ha piacevolmente legate. All’inizio abbiamo cominciato con il condividere i viaggi d’istruzione ed i progetti scolastici. Poi, pian piano, abbiamo condiviso anche i retroscena delle nostre vite, comprese confidenze intime e lacrime.
Anche quando la scuola ci ha divise, mandandoci in luoghi diversi, la nostra amicizia è rimasta.
Vera e spontanea come è sempre stata.
Quando insegnavamo nella stessa scuola, io l’ammiravo tanto per come riusciva a non farsi fagocitare dalla sua terribile vita privata, dando sempre un’immagine di spensieratezza ed alta professionalità.
Eppure…
Eppure, come tanti di noi, anche lei aveva la sua battaglia personale sconosciuta ai più.
Ancora ricordo le sue lacrime quando mi raccontava di aver trovato polizia ed ambulanza vicino casa sua perché …
Non vado nei particolari ma scrivo solo una parola: tossicodipendenza.
Un figlio bravissimo ed un figlio difficilissimo.
Lo scrivo questo particolare, perchè voglio proteggerla dai giudizi faciloni di chi, baciato dalla fortuna, crede che il proprio bravo figlio sia merito esclusivo della sua bravura educativa.
La crescita di un figlio dipende da così tanti fattori …
Quando si toccano questi tasti, è sempre troppo facile giudicare e sentenziare.
Un po’ di giorni fa la chiamo e lei mi dice: “Cri, ho scritto una lettera a Carolina. Anche lei ha avuto un figlio tossicodipendente e mi può capire. E sai una cosa? …” Continua a leggere “STAMMI VICINO”. “NON TI LASCIO” “MI VUOI BENE ANCORA?” “DI PIU’”
La malattia reca con sé sguardi nuovi sulla vita
“La parola di Dio per me è fonte presso cui mi disseto. Leggevo il blog ed ho condiviso il post che afferma che tutto è guidato da Dio secondo i suoi piani. Mi chiedo se anche una malattia possa essere voluta da Lui. Soffro da mesi a causa di un tumore che ha colpito mio padre, in un momento in cui avrebbe voluto vedere noi figlie più realizzate. Prima che si ammalasse aveva pensieri di forte scoraggiamento riguardo al nostro futuro, vedeva tutto in senso negativo. Si era allontanato già da parecchio dalla fede, covando rancori e custodendo in sè qualche suo peccato che mi sembrava lo stesse divorando. Costantemente mi chiedo il perchè della sua malattia e soffro nel vederlo impotente. Giulia”
Carissima Giulia, non so cosa rispondere al tuo “perché” riguardante la malattia di tuo padre.
D’altra parte chi, se non il Creatore, saprebbe darci una risposta certa e chiara in proposito?
E chi, se non Gesù stesso, saprebbe poi convincerci in modo indubitabile che Dio non ci vuole infermi? Le sue guarigioni regalate in ogni angolo della Palestina, parlano chiaro.
Dio quindi, non ci vuole né ammalati e né deboli.
Questa è una certezza che Gesù ci ha lasciato in eredità.
Eppure, nonostante questa chiarezza teologica, il dubbio che dietro ogni malattia ci sia lo zampino di Dio, ci rimane sempre.
Sarà l’inconscio…
Sarà il bisogno di trovare un capro espiatorio…
Sarà la rabbia di sentirci senza futuro…
Sarà la tentazione di farci un Dio a nostra immagine e somiglianza…
Sarà che l’infermità debilita il corpo e schiaccia l’anima…
Certo è che quando la malattia inizia a camminarci accanto, ci vuole un surplus di fiducia nella vita per continuare ad esserle grati.
E la fiducia nella vita viene soltanto trovandole un senso.
Io non conosco altro modo per sentirla appiccicata a noi anche quando la malattia ci vorrebbe isolati e già morti. Continua a leggere La malattia reca con sé sguardi nuovi sulla vita
E liberaci dall’insicurezza. Amen.
“Buonasera prof! Ci tenevo tanto a dirle che, dall’ultima lezione (quando ci ha fatti alzare in piedi uno ad uno, chiedendoci “Dimmi: quando ti senti veramente libero?”) io non ho fatto altro che pensare a questa domanda. Oggi, ripensando a quel giorno, credo di non aver dato la risposta “giusta”. Sa, molto spesso mi piacerebbe dire tante cose, ma poi, quando arriva il momento… mi blocco. Dimentico tutto, arrossisco e vado quasi in panico.
Avrei voluto dire che, forse, non mi sono mai sentita libera davvero. Non mi sento mai libera di essere me stessa (certe volte nemmeno con gli amici) perché ho paura. Ho paura di dire cose sbagliate, ho paura di essere giudicata, ho paura di dire quello che penso, perché ho proprio tanta insicurezza. E non so come cacciarla via. Sto cercando di lavorarci, sto cercando di cambiare il mio aspetto esteriore perché non mi piaccio e penso che, magari, sia quello il problema. Ce la sto mettendo tutta, ma mi sembra di essere sempre al punto di partenza.
Mi faccio sempre un sacco di complessi per qualunque cosa; qualunque!! Probabilmente mi sento libera solo quando sono a casa, con il pigiama, struccata, e con la mia famiglia, perché solo loro mi fanno sentire a mio agio. Mia madre non fa altro che riempirmi di complimenti (ovviamente mi fa anche notare quando sbaglio, ma senza cattiveria). Lei mi fa capire tante cose, è giusta e davvero comprensiva (non potrei desiderare di meglio). Cerca di non farmi mai sentire giù. Ma nonostante questo, quando esco fuori casa, i miei complessi chiudono la vera “me” dentro una piccola cella e buttano via le chiavi.
Quando ha detto che le persone non libere non sono in carcere, ma anche fuori, quasi non capivo. Poi ci ho pensato e mi sono detta che, forse, sono proprio io quella “in trappola”.
Mi scusi ancora, probabilmente l’avrò annoiata un po’, ma sa, lei mi piace tanto, è sempre così gentile con noi alunni e volevo condividere con lei quello che pensavo.
Ah… e volevo dirle che non vedo l’ora di andare a visitare il carcere!! Da quando ce l’aveva accennato l’anno scorso, non faccio altro che pensarci. La ringrazio per avermi dedicato un po’ del suo tempo. ????
Cara Giorgia, l’insicurezza è un brutto macigno che ci rallenta il cammino, pesando ingiustamente sulle nostre spalle. L’unica cosa positiva di questa sfiducia, è che ci mette addosso tanta voglia di liberarcene.
Ma perché è così difficile essere se stessi e volerci bene?
E come mai obbediamo così facilmente alle nostre paure? Continua a leggere E liberaci dall’insicurezza. Amen.
Voglia di felicità… e quel cromosoma in più che ce l’ha!
E’ l’ultima lezione di religione nella 2B del Liceo Artistico ed abbiamo voluto finire l’anno scolastico facendo il gioco della “sedia che scotta”.
I ragazzi se lo aspettano; sono contenti ed agitati, entusiasti ed emozionati. Vogliono fare il gioco, ma lo temono anche. Per questo ci siamo dati una regola-base: nessuno è obbligato a farlo.
La seconda regola è che chi si siede sulla “sedia che scotta”, dovrà essere schietto, vero, leale, sincero.
La terza regola è che tutte le rivelazioni, gli sfoghi, le risate, i pianti, le emozioni e gli abbracci che nasceranno in quei cinque minuti (tale è la durata del gioco per ciascuno), dovranno restare lì! Nessuno dovrà trasformare quei cinque minuti di “verità estrema” in un “pettegolezzo ignobile”.
Tutti pronti?
Ragazzi seduti in cerchio intorno alla cattedra; si parte!
A turno, ogni cinque minuti, ognuno si siede al posto dell’insegnante e l’avventura inizia.
“Cosa hai sul comodino in camera tua?”
“Hai vinto un viaggio e puoi portare solo cinque compagni di classe: chi scegli?”
“Sei innamorato?”
“Dicci tre caratteristiche del tuo carattere che vorresti cambiare e tre che, invece, ti piacciono”
“Quando hai pianto l’ultima volta?”
“Sei mai stata tradita?”
“Ti sei mai ubriacato?”
“Da 1 a 10, secondo te quanto è unita la tua classe?”
“Immaginati tra dieci anni: cosa vedi? O comunque, cosa speri?”
“Se fossi la Dirigente Scolastica di questa scuola, cosa cambieresti?”
“Hai mai fatto a botte con qualcuno?”
“Scegli tre persone della tua classe che dovranno dire una tua caratteristica positiva (che pensano davvero, ovviamente)”
“Tu credi che l’amore per sempre, possa esistere?
“Quanti amici veri hai nella tua vita?”
Ed il gioco va avanti. Continua a leggere Voglia di felicità… e quel cromosoma in più che ce l’ha!
La cattiveria è degli sciocchi, di quelli che non hanno ancora capito che non vivremo in eterno. (Alda Merini)
Buona sera prof, spero di non disturbarla ma le vorrei parlare di un po’ di me. Io sono una persona molto dolce ma tutti vedendomi, mi credono la solita ragazza sfigata e facile
da prendere in giro. Perché? Per molte cose; una di queste è il mio aspetto.Eh già; io mi odio e gli altri lo odiano.
Molti miei amici mi dicono “Sei bella sei carina” ma altri invece non hanno tentennamenti nel dirmi: “Grassa, maiala…” e via dicendo. Quando mi dicono cosi è come una fitta al cuore. Come se qualcosa si sgretolasse dentro di me. Ma dico io: la gente,
prima di parlare, non pensa ai sentimenti che prova chi riceve questi giudizi cattivissimi? E non immagina che chi li ascolta, già sa di avere quel difetto? E queste persone così dure nel dare risalto ai difetti altrui, non pensano che fanno stare ancora peggio, chi li riceve?Ma no. Non ci pensano. Sono esseri troppo impegnati a fare i fighi, insultando gli altri.
Però, per fortuna, ci sono sempre persone per bene. Tipo un mio amico che mi dice che per, lui, sono bella e unica e che devo avere più autostima in me stessa. Ma dopo tutti i soprannomi che mi hanno appioppato, ormai si è sgretolata. E’ difficile dire a me stessa: “Sei bella”.
Quest’anno, per fortuna, un po’ le cose sono migliorate. Sto iniziando a recuperare un po’ la mia autostima, grazie al fatto che sono dimagrita. La gente mi cerca di più ed io ho capito che noi viviamo in un mondo fatto solo di pregiudizi. Lei che ne pensa di tutto ciò? Come possiamo evitare questi pregiudizi? Scusi tanto il disturbo e la lunghezza di questa lettera. Attendo la sua risposta prof!
Dimenticavo: che cos’è l’amore per lei?
Carissima Tiziana, le persone “per bene” non finiranno mai.
Proprio come il tuo amico che ti sta vicino, iniettandoti un po’ di dose di autostima.
Paul Brulat diceva che “Basta un minuto per fare un eroe; ma ci vuole una vita intera per fare un uomo per bene.” (Pensieri, 1919).
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C’è speranza per i fragili e gli impauriti
“Cara Cri, ogni anno come in tutti i cambi di stagione (mi dice il medico che capita) mi faccio sopraffare dal panico, paura allo stato puro…. La paura che blocca che ti impedisce di fare le cose e che ti fa fare pensieri ossessivi. La paura che mi capiti qualcosa, paura di morire…arriva a stancarmi fisicamente questa paura tanto è balorda. Chiedo continuamente al Signore più fede, forza e gioia. Non so come fare, mi sento completamente inerme e vedo buio. Cris ieri sono stata ad Assisi e questo stato d’animo non ti fa godere di nulla…”
“Ciao Dio, dove sei?
Io sono qui.
Non è che mi potresti abbracciare?
Io non ti chiedo di parlarmi o di rivelarmi verità nascoste.
Ma di abbracciarmi, sì!
Mio Signore, io lo so che questi sono stati d’animo che vengono e vanno…ma che fatica quando si fermano!
Padre mio…abbracciami e sussurrami che sono figlia tua.
Ho bisogno di sentirmi protetta da te, come la pupilla del tuo occhio.
Io sono la tua figlia sgangherata.
Sono quella che insegna la fede agli altri, per poi tornare a casa e, nel buio, implorarti di aumentare la sua.
Sono la tua creatura che legge libri e libri di storie di santi, per vedere se anche loro sono stati devastati da paure ed alti e bassi, come me.
Padre mio… soffro per i miei travagli interiori e soffro perché soffro dei miei travagli interiori.
Perché va bene il cambio di stagione…va bene l’emotività caratteriale…va bene la fragilità umana… ma è mai possibile che la serenità di fondo non si possa raggiungere?
Ti prego: fammi appoggiare il viso sulle tue ginocchia ed accarezzami la testa.
Liberami da tutte le paure e le pre-occupazioni che rendono fragile ogni mio passo. Continua a leggere C’è speranza per i fragili e gli impauriti
L’albero della vita di Jasmine
Quella collana con l’albero della vita, era mia.
L’avevo comprata nella primavera del 2015 a Nizza.
Di quell’albero della vita mi ero subito innamorata, vedendolo in vetrina: scintillante, sinuoso, argentato.
Bello!
Bello come la vita che rappresentava.
Quella collana me la mettevo sempre ed oramai faceva parte di me.
Poi era arrivato quel viaggio d’istruzione e la richiesta di Jasmine: “Prof, mi presta la sua collana per la durata della gita? Gliela restituisco l’ultimo giorno…posso?”
Jasmine: due occhi verdi, capelli lunghissimi ed un cuore traboccante emozioni (nascoste ai più).
Al ritorno dalla gita, scarico le mie valigie in cucina, prendo le cose più importanti e…porca miseriaaa!!!
La collana con l’albero della vita!
Mi ero dimenticata di riprenderla. Vabbè…l’indomani avrei mandato un messaggio a Jasmine.
Il giorno dopo mi metto al pc per scriverle, ma sento una strana, forte e chiara sensazione. Qualcosa mi sta dicendo che quella collana la devo lasciare a Jasmine. Continua a leggere L’albero della vita di Jasmine