“Salve, mi chiamo Federica e sono una ragazza di 22 anni. Io non so cosa si scrive in queste occasioni. Non so come rendere davvero l’idea di quello che avrei voglia di dire. Ma ci provo perché è da un po’ che lo prometto a me stessa.
La cosa che più mi preme è dirle che la stimo. Io la stimo, tanto. La stimo per la persona che é e che, anche solo dietro uno schermo di un telefono, traspare. La stimo per le cose che fa, che dice e che scrive. Per l’amore e la speranza che trasmette.
Io ho 22 anni, sono una ragazza, ma mai ho avvertito così tanta speranza come quando leggo le sue parole.
Se solo ne esistessero di più di persone come lei nel mondo… Forse tutto avrebbe un pochino più di senso. Almeno un po’.
Comunque, oltre a questo vorrei dirle altre cose.
Io ho tanti anni ancora avanti ma tanti e tanti alle spalle che pesano come macigni. Questo forse é un periodo, se così posso descriverlo, più “tranquillo”. Eppure ci sono alcune sere in cui, la mente e il cuore, non fanno altro che torturarmi e ricordarmi ogni mia condanna. Tra un po’ compirò 23 anni e questi giorni mi stanno tormentando. La notte non riesco a dormire, neanche mezzo secondo. Mi sento come se la vita mi scivolasse da sotto i piedi senza neanche accorgermene.
Sa cos’è? È che io il mondo, già a sei anni, lo guardavo con gli occhi da grande. A sei anni ero già grande. E tante cose non ho vissuto, tante cose non ho avuto. Ma non materiali, di quelle me ne faccio ben poco. Non ho avuto l’amore, non un “ti voglio bene”, non un “come stai” dalle persone che forse avrebbero dovuto. Avevo una tempesta dentro ma nessuno doveva vederla, perché io dovevo rendermi forte per tirare su mia madre caduta in depressione. Dovevo rendermi forte e responsabile per crescere mia sorella e non lasciarla andare ad un destino che si sarebbe rivelato incontrollabile. Dovevo nascondere la tempesta, perché non potevo crollare. Non potevo. Se fossi crollata io, sarebbe crollata tutta la famiglia. E quindi, con dolori e responsabilità sulle spalle, sono partita per il viaggio che ha segnato la mia vita: crescere. Non l’ho mai voluto. Non ho mai voluto le improvvise ed eccessive “attenzioni” di mio padre. Non ho mai voluto essere toccata in quel mondo. A me, bastava un abbraccio. A me, bastava uno sguardo. Sono cresciuta così, con questa tempesta nel cuore e con un macigno sulle spalle. Sorridere sempre e non far capire mai agli altri cosa stava realmente accadendo. Non sia mai. Doveva filare tutto liscio. Oggi ho 22 anni e sento di non appartenere a nessun posto nel mondo. Sento di non star andando in nessuna direzione e che la mia vita sia in realtà tutta già scritta. Non so se riuscirò mai ad andare oltre, non so se mi innamorerò, non so se diventerò quella che ho sempre sognato.
Oggi ho 22 anni, studio per riuscire a realizzare almeno uno dei miei sogni. Studio per andare via. Per riuscire a crearmi una vita come l’ho sempre sognata. Studio, per riuscire, anche io come lei, a diventare insegnante. Per cercare e salvare tanti occhi dispersi, come lo ero io.
Oggi ho 22 anni e per così tanti anni mi sono sentita solo un pezzetto di carta strappato e calpestato dal primo che passava. Per così tanti anni i sensi di colpa e la rabbia hanno abitato dentro la mia anima. Per così tanti anni l’unica cosa a cui ambivo era salvare mia madre e mia sorella. Io, potevo aspettare. Oggi, mi penso un po’ di più. Oggi, ogni tanto mi abbraccio. Non ho mai avuto un abbraccio quindi lo faccio io. Oggi ho 22 anni, ho aiutato mia madre a salvarsi dalla depressione ben due volte. Ho cercato di portare mia sorella verso le strade giuste, mai compito più difficile. Mi fa dannare, disperare e piangere tanto. Spero per lei un futuro e una vita diversa dalla mia. Sarà l’adolescenza, ma proprio non troviamo un punto d’incontro. Eppure lei aspetta me, sempre. Di notte la ritrovo sul mio letto quando tardo ad arrivare, con la paura che anche io la possa abbandonare. Lei non lo sa, ma non ne sarei mai capace. Oggi ho 22 anni e ho perso la persona più importante della mia vita, mio nonno. Ho camminato nel buio per mesi ed anni. Forse vedo uno spiraglio, forse. Ho attutito i colpi lanciati e scagliati con una violenza inaudita. Ho sofferto e sopportato il peso di essere me. Ho cercato una strada per arrivare al cuore di mia sorella quando anche lei era esausta di questa vita e voleva farla finita. Ho battuto la testa e il cuore contro mia madre per cercare da lei un po’ di amore. Ma oggi, ho 22 anni. 100 anni alle spalle e 100 ancora da vivere. Questa vita mi pesa, tanto. Il dolore che ho dentro ancora mi urla e mi lacera l’anima. Mi dico che vorrei fare tante cose nella vita, ma poi resto ferma al punto di partenza. Tutti mi dicono che sono “rara” perché metto sempre gli altri avanti per salvarli o aiutarli almeno un pochino. Di questo, forse un po’ ne vado fiera. Aiutare gli altri è sempre stato il mio forte.
Per caso, verso maggio, in piazza tutte le domeniche c’erano le lodi. Una signora mi si avvicinò, si presentò e mi disse “Gesù ti ama”. Lì per lì mi uscì un sorriso spontaneo ma non per dire “lo so grazie” ma per dire “si come no”. Lei si fermò accanto a me per più di due ore credo a raccontarmi la sua storia e di come Dio l’avesse salvata. Mi lasciò con un magone in gola per il resto dei giorni a venire e non potevo fare a meno di pensarci. Però dentro di me continuavo a pensare a tutto quello che ho sopportato e di quanto quella sia la dimostrazione che forse Dio qualcuno di noi se lo dimentica. Comunque per le domeniche restanti continuai ad andare in piazza, con la scusa del cane, per non ammettere a me stessa che ero interessata e che parlare con quella signora mi dava un po’ di speranza ed era ciò di cui avevo bisogno. Finite le lodi, mi restò un po’ d’amaro in bocca, come se qualcosa volesse uscire dal mio corpo ma non sapevo cosa. Mi vidi con quella signora per un caffè e li capii che dovevo raccontarle la mia storia, non le dissi tutto perché ricordare tante cose mi devasta, ma avevo bisogno di sentire che potevo andare avanti e sorvolare quell’enorme muro che mi si era creato avanti. Iniziai a leggere un po’ la bibbia, a pregare non prestando mai particolare attenzione alle preghiere ma cercando di dire ciò che il cuore chiedeva. Tutte le sere, quando il buio calava, uscivo di casa e mi andavo a sedere sulle scale della chiesa e cercavo dentro di me risposte. In quel periodo diedi tre esami universitari senza un accenno d’ansia, dato che solitamente ho crisi di vario genere. Poi sono partita per tutto il mese d’agosto. Lì le distrazioni sono state tante, ma ogni mattina, anche se magari facevo la nottata con gli amici, alle sei andavo in spiaggia per parlare con Dio. Quando sono tornata a Napoli non ero più la stessa: Sentivo di essere cambiata nei miei confronti e in quelli degli altri. E mi sentivo bene. Ma oggi, io non credo di stare veramente bene. Perché oggi non riesco di nuovo a fidarmi di tutto quello che ho provato nei mesi precedenti. Non ci riesco più. Il pensiero anche solo di pregare mi fa stare male. Ed io il motivo preciso non lo so. Mi sento persa, confusa e anche molto vuota. So che forse mi potrà dire “torna da Dio”, ma io non ci riesco. Soprattutto in questo periodo vedo il nulla attorno a me ed i fantasmi del passato stanno tornando a farmi visita. Ma poi leggo le sue parole, così consapevoli. Mi lascia sperare, mi danno speranza. E non sa quanto questo sia importante per me. Per me, che non credevo neanche più di esistere. E quindi, anche se non mi conosce, io la ringrazio perché c’è e si fa sentire forte. Anche io posso sentirla, credevo di no. Invece posso, grazie ❤️❤️