Mai più un giorno infelice

In questi giorni sto leggendo la biografia di Patch Adams.
Ieri me ne sono letta una bella parte, stando in un corridoio di ospedale ad attendere un “verdetto???? ed è stato molto piacevole alternare l’attesa con la sua storia.
Lascio la parola a lui.
“Sono nato nel 1945 e le guerre si erano prese l’anima di mio padre, uomo dell’esercito che abbiamo seguito in varie parti del mondo. Avevo 16 anni quando se n’è andato, ma non posso dire di averlo conosciuto veramente, non c’era rimasto molto di lui dopo la seconda guerra mondiale.

Per fortuna mia mamma mi ha fatto

il dono più grande, quello dell’autostima, e mi ha insegnato l’importanza di amare indistintamente tutte le persone.

Vivevo nell’America razzista, mi sono reso conto dell’ipocrisia del mio paese da ragazzo, quando accanto alla fontana di un parco pubblico lessi: “Solo per i bianchi”.
Rimasi sconvolto, come potevano gli adulti accettare quell’orrore? Così a scuola facevo quel che potevo per oppormi allo scempio, e nella mia scuola di bianchi, tutte le volte che sentivo la parola con la “n”, quell’orrenda parola che non riesco nemmeno a pronunciare, iniziavo a urlare. Urlavo come un pazzo e dicevo: voi ditela pure, ma io non posso fare a meno di urlare.
Gli altri ragazzi mi aspettavano fuori da scuola, per picchiarmi.
Sono stato vittima dei bulli e questo è anche stato il motivo per cui ho iniziato a fare il clown: li facevo ridere, e i bulli non vogliono picchiare il loro buffone.
Funziona ancora, sai.
Sono 35 anni che indosso solo abiti da clown perché mi sono chiesto più volte: cosa posso fare di non violento per fermare la violenza? E allora ho capito che questi abiti colorati potevano aiutarmi.
Capita spesso di trovarsi di fronte a persone che litigano, mamme che sgridano i figli, ragazzi che fanno la voce grossa con le ragazze. Se assisto a scene del genere non faccio l’indifferente ma mi tiro su i calzoni, mi allargo la bocca con questo divaricatore (lo indossa), metto i denti finti (di plastica, galli) e attacco al naso questo moccio finto (abbastanza disgustoso) e ti assicuro che quando mi avvicino conciato così qualsiasi cosa facciano smettono di farla. Funziona.
Ho 73 anni e me ne sento 35, perché mangio bene e faccio attività fisica, ma tutto parte molto prima.
Avevo 18 anni, due ricoveri alle spalle in un ospedale psichiatrico, avevo chiesto io di essere ricoverato perché volevo di uccidermi. Ma mi ritrovai a Washington ad assistere al celebre discorso di Martin Luther King, che aveva un sogno: I have a dream. Lì ho capito quanto ero stato stupido, non dovevo morire, ma fare la rivoluzione, una rivoluzione non violenta basta sull’amore. Sono tornato in ospedale per l’ultima volta, e mi sono imposto che non avrei mai più avuto un giorno infelice.
Volevo un mestiere dove fosse facile tramettere amore. Ma all’università mi sono accorto che la maggior parte dei medici erano degli arroganti del tutto indifferenti ai loro pazienti. Mi hanno insegnato che in sette minuti dovrei essere in grado di capire quello che il paziente soffre e somministrargli una cura. Per me era inconcepibile, così ho deciso di fare a modo mio.
Sono un medico di famiglia e di solito il mio primo colloquio con un primo paziente dura quattro ore. Gli chiedo tutto, voglio conoscere tutto, alla fine diventiamo amici e solo così posso davvero aiutarlo.
Il mio sogno è aprire un ospedale con cure gratuite per tutti! In America il 70% delle bancarotte sono dovute alle spese mediche. E le spese mediche sono anche il motivo n.1 per cui si perde la casa. Inaccettabile. Qualche tempo fa mi ha scritto una famiglia: hanno perso la casa per cercare di curare il figlio, malato di leucemia, che poi è morto. È terribile, e lo è ancora di più il fatto che per sempre il ricordo di quel bambino sarà legato alla perdita della casa.
La situazione più difficile da affrontare è stata una bambina tristissima che non apriva la bocca da due mesi, né per mangiare, né per bere, né per parlare. Era stata violentata, e da allora s’era chiusa in se stessa. La prima volta che l’ho vista non c’erano espressioni sul suo volto, non sapevo che fare. Ho deciso di tornare da lei per parecchi giorni, e pian piano ha fatto dei progressi. Qualche mese dopo mi hanno mandato delle foto ed era irriconoscibile. Per il resto, come dicevo, cerco di rallegrare chi ho davanti, nulla di più.
Una volta mi hanno chiamato per fare il clown a 5 detenuti che il giorno dopo sarebbero stati uccisi, sarebbero morti impiccati. Uno non si è lasciato coinvolgere, gli altri quattro si sono divertiti tantissimo. Tu, se sapessi di morire domani, non vorresti passare il tempo che ti resta divertendoti? Che poi dovrebbe valere per tutti. Dato che tutti moriremo dovremmo goderci la vita, e divertirci.

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“Mamma diceva sempre che i miracoli accadono tutti i giorni” (Forrest Gump)

Questa è la storia di due Fulton. Pronti a conoscerle e ad entrare nei collegamenti misteriosi tra una vita ed un’altra?

Ed allora iniziamo ad addentrarci nell’avventura delle coincidenze straordinarie.

Un Fulton è nato nel maggio del 1895 a El Paso e l’altro è nato nel settembre del 2010 a Peoria nell’Illinois, diocesi in cui nel lontano 1919 veniva ordinato presbitero il primo Fulton della nostra storia.

Ma partiamo proprio da lui: Fulton John Sheen. Arcivescovo cattolico, scrittore statunitense ed uno dei primi e più celebri telepredicatori cattolici (prima via radio e successivamente per televisione)

E’ stato il più grande di quattro fratelli ed i suoi genitori, Newton e Delia Sheen, erano di origine irlandese.

Ordinato sacerdote nella diocesi di Peoria nel 1919, intelligente, arguto, ironico, divenne rapidamente un famoso teologo “vincendo” anche il Premio internazionale Cardinale Mercier per la filosofia nel 1923.

L’elenco dei suoi incarichi è lungo. Insegnante di teologia e filosofia all’Università Cattolica d’America, vescovo ausiliare di New York dal 1951, vescovo di Rochester dal 1966 e arcivescovo titolare di Newport nel 1969. Ma la sua attività più affascinante, ai miei occhi, è la sua grandissima comunicativa nel parlare di Dio a tutti.

Per vent’anni (dal 1930 al 1950) Sheen tenne un programma radiofonico serale chiamatoThe Catholic Hour. Poi passò alla televisione con una serie di programmi di grandissimo successo.

Seguitissimo, seminava fede e speranza con grande bravura e passione! E Dio solo sa quanto ci sia sempre bisogno di questa semina nel nostro complicato mondo!

Presentò Life is worth living ed infine il The Fulton Sheen Show (giusto per ribadire la sua bravura di comunicatore, diciamo che vinse due volte un Emmy Award per la personalità televisiva più eccezionale e venne menzionato sulla copertina del Time).

Che dire? Avrei voluto esserci in quegli anni (tra il 1951 ed il 1968) per ascoltarlo. Anche altri l’hanno pensata questa cosa, per cui dal 2009 i suoi spettacoli sono stati ritrasmessi in tivù.

Ma la cosa che più mi ha affascinato di Fulton è la sua ironia! In quel periodo nelle sue trasmissioni non vi erano né copioni da seguire e né suggeritori dietro le telecamere: c’erano solo le sue parole piene di ironia e Grazia di Dio. Quando hai da raccontare la Buona Notizia, non occorrono scenografie o trucchi. Continua a leggere “Mamma diceva sempre che i miracoli accadono tutti i giorni” (Forrest Gump)