Un fulmine e tutto cambiò: si chiamava Martin!

E’ il 17 luglio 1505.

Lutero ha ventidue anni ed entra nel convento agostiniano di Erfurt.

Due anni dopo sarà ordinato sacerdote.

 

Questa sua scelta vocazionale era nata drammaticamente pochi giorni prima: il 2 luglio 1505Lutero stava tornando a Erfurt da Mansfeld, dove aveva visitato dei parenti. Ma nei pressi di Stotternheim, a pochi chilometri da casa, venne travolto da una tempesta.

Ebbe paura.

Corse.

Cercò invano di proteggersi dal temporale.

Ma poi…booom!

Improvvisamente un fulmine gli cadde vicino.

Lui era terrorizzato!

Quella belva lucente e improvvisa lo buttò a terra per ucciderlo e lui non sapeva se sarebbe riuscito a liberarsi dalle sue grinfie per arrivare a casa sano e salvo. Sommerso dai tuoni e dalla paura, corse verso casa facendo un voto disperato a sant’Anna: “Se mi salvo mi farò monaco!!!”

Si salvò. Due settimane dopo, il 17 luglio 1505, entrò nel convento degli agostiniani di Erfurt e iniziò il suo cammino di vita religiosa

Vocazione autentica?

Chi lo sa.

Il padre era convinto di no. Lo aveva già avviato allo studio del diritto e lo vedeva già giurista. Ed ora, invece, eccolo qua: improvvisamente chiuso in un monastero. Ma a Martin lo studio del diritto non piaceva. Forse il giovane – spirito poetico, amante della musica, sensibile al fascino della natura – sentiva già un impulso per la vita spirituale e contemplativa.

Chissà?

Poi arrivò quel temporale tremendo e lui fece quel voto che gli cambiò totalmente il corso della vita.

Ma un voto fatto col terrore accanto, può essere preso seriamente da Dio?

Martin non era educato a porsi certe domande. Era stato educato ad andare avanti a suon di regole e comandamenti, per poi procedere con obbedienza e pentimenti.

Quando studiai Lutero mi concentrai molto sulla sua vita “prima” della vocazione e sulla sua educazione familiare. Il padre, pur provenendo da una famiglia di contadini, era divenuto un piccolo impresario nel settore delle miniere di rame. La madre proveniva da una famiglia cittadina. Martin ci racconta di loro come di due genitori severissimi. Imputò alla loro durezza, per esempio, la sua timidezza.

Ebbe un’educazione familiare rigidissima, tanto che lui stesso affermò che aveva abbracciato la vita religiosa per sfuggire a questo clima.  Ovviamente quel clima familiare e quella severità influì molto anche sulla sua vita spirituale: ai suoi occhi Dio era un padre severo. Punto.

Scriverà lui stesso: “Mia madre una volta mi picchiò a sangue per il furto di una noce”; “Una volta mio padre mi frustò tanto che io scappai e l’ebbi in avversione finchè non si sforzò di riguadagnare il mio affetto”; “A scuola fui bastonato 15 volte in una sola mattina senza motivo. Mi fu chiesto di declinare e coniugare e non l’avevo studiato”.

L’atmosfera familiare era rude, volgare, rozza, devota. In quel tempo nelle credenze della gente incolta, si mischiavano elementi del vecchio paganesimo germanico con la teologia cristiana . Elfi, gnomi, folletti, fate, sirene, streghe, tritoni. A scuola si facevano inni e canti sacri: Sanctus, Benedictus, Agnus dei, Confiteor, Magnificat! In ognuno delle città in cui Lutero andò a scuola, c’erano chiese e monasteri.

Dappertutto campanili, conventi, preti, monaci di diversi ordini, collezioni di reliquie, suono di campane, proclamazioni di indulgenze, guarigioni nei santuari. A Mansfield Lutero ricorda di aver visto un diavolo uscire da un indemoniato.

Povero Martin. Poteva fare un voto a sant’Anna e poi illudersi di potersi sottrarre alla severità che lo intimava di essere obbediente e mantener fede alla promessa fatta?

Lutero voleva salvarsi l’anima e per farlo entrare in convento fu, ai suoi occhi, la scelta più coerente e giusta.

Lì la sua esperienza spirituale fu durissima. Penitenze, digiuni, preghiere…tutto faceva, pur di meritarsi un po’ di amore da quel Padre che non smetteva mai di osservarlo con occhi severissimi.

Si sentiva un peccatore incallito ed a niente servivano le parole del suo confessore Straupitz che, ironizzando amabilmente sui suoi peccati quasi infantili, lo incoraggiava a sorriderne: “Non Dio è irato con voi, ma voi siete irato con lui”.

Finchè venne travolto da un’altra tempesta spirituale: il momento tremendo della sua prima messa. Continua a leggere Un fulmine e tutto cambiò: si chiamava Martin!

Tutto concorre al bene e lo Spirito sa quel che fa

Il 13 settembre 2014 andai a trovare don Aldo Mei.
Come tutti, spesso ci andavo a parlare per ricevere in cambio qualche risposta che sapevo non avrei più dimenticato.
In effetti non ricordo quello che, quel giorno, gli dissi io, ma rammento quello che mi disse lui.
Con il solito sguardo entusiasta che aveva quando stava per dire una cosa importante riguardante Dio, mi porse una bibbia e mi disse:
“Vai a leggere il cap.8 della lettera ai Romani. Cosa c’è scritto al versetto 28? Leggi.”
Io, come tutti coloro che si trovavano al cospetto del don Aldo biblista, lessi ad alta voce come una scolaretta, con la consapevolezza che da lì a poco, avrei certamente scoperto qualcosa di bello ed utile per la mia vita.
“Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno.”
“Stop!”
All’ordine perentorio di don Aldo mi fermai.
Adoravo quei suoi “Stop!” detti con l’entusiasmo appresso.
Era come se dietro quegli “stop” ci fosse un “Ehi! Ma non te ne accorgi?”
Mi fermai immediatamente e lo guardai incuriosita.
Che è successo?
E lui mi spiegò entusiasta: “Ora la traduciamo meglio questa frase, eh! Che è ancora più bella!”.
Iniziò a spiegarmi di un termine al singolare…di una lingua greca originale…di una traduzione non sempre perfetta…
Insomma, tra un’esegesi e l’altra, capii come avremmo dovuto leggere e tradurre quel versetto: “Egli fa concorrere tutto al bene di coloro che lo amano”.
Egli! Dio!
Non Tutto concorre al bene…” ma Dio fa concorrere al bene…”
Dio è il protagonista della storia umana e della nostra storia. Lui sta “scrivendo” la storia.
E’ importante capire questo.
“Nell’ora della paura, io in te confido” (Salmo 56,4)
“Ho cercato il Signore e mi ha risposto e da ogni timore mi ha liberato” (Salmo 34,5)
Una volta (parecchi anni fa) ricordo che andai in parrocchia. C’era un problema di tipo “pastorale”: I numeri non erano più quelli di una volta. Don Aldo appoggiava con forza tutte le iniziative che i parrocchiani stavano facendo, ma non si concedeva assolutamente all’ansia.
Ricordo che tutti erano in stato di allarme.
Lo rincorrevano.
Gli dicevano: “Fino a pochi anni fa…ed invece ora….”
Lui sorrideva con i suoi occhi celesti e diceva: “Facciamo quel che è possibile a noi, ma poi mettiamoci sereni. Non siamo noi a mandare avanti il mondo. C’è lo Spirito Santo che agisce”
Ricordo una persona (molto buona, tra l’altro) che però borbottava disperata: “Eh, lui dice sempre che c’è lo Spirito Santo…lo Spirito Santo…ma qui è un macello e bisogna fare di più”
Ho ripensato a tutto questo quando ho ascoltato le parole di Papa Francesco all’Udienza generale di ieri, mercoledì 17 marzo 2021.
Metto volentieri il testo qui, perché è don Aldo che me lo ha insegnato: lo Spirito Santo fa concorrere tutto al bene. Non è la fortuna. Non è il destino. E’ lo Spirito Santo il protagonista della storia umana. Ed è sempre Lui a spiegarci tante cose invisibili e profonde.
Lascio la parola a Papa Francesco, che è meglio! ????????
“Il primo dono di ogni esistenza cristiana è lo Spirito Santo. Non è uno dei tanti doni, ma il Dono fondamentale. Lo Spirito è il dono che Gesù aveva promesso di inviarci. Senza lo Spirito non c’è relazione con Cristo e con il Padre. Perché lo Spirito apre il nostro cuore alla presenza di Dio e lo attira in quel “vortice” di amore che è il cuore stesso di Dio. Noi non siamo solo ospiti e pellegrini nel cammino su questa terra, siamo anche ospiti e pellegrini nel mistero della Trinità. Siamo come Abramo, che un giorno, accogliendo nella propria tenda tre viandanti, incontrò Dio. Se possiamo in verità invocare Dio chiamandolo “Abbà – Papà”, è perché in noi abita lo Spirito Santo; è Lui che ci trasforma nel profondo e ci fa sperimentare la gioia commovente di essere amati da Dio come veri figli. Tutto il lavoro spirituale dentro di noi verso Dio lo fa lo Spirito Santo, questo dono. Lavora in noi per portare avanti la nostra vita cristiana verso il Padre, con Gesù.
… Ecco qual è l’opera dello Spirito in noi. Egli ci “ricorda” Gesù e lo rende presente a noi – possiamo dire che è la nostra memoria trinitaria, è la memoria di Dio in noi – e lo fa presente a Gesù, perché non si riduca a personaggio del passato: cioè lo Spirito porta al presente Gesù nella nostra coscienza. Se Cristo fosse solo lontano nel tempo, noi saremmo soli e smarriti nel mondo. Sì, ricorderemmo Gesù, lì, lontano ma è lo Spirito che lo porta oggi, adesso, in questo momento nel nostro cuore. Ma nello Spirito tutto è vivificato: ai cristiani di ogni tempo e luogo è aperta la possibilità di incontrare Cristo. È aperta la possibilità di incontrare Cristo non soltanto come un personaggio storico. No: Lui attira Cristo nei nostri cuori, è lo Spirito che ci fa incontrare con Cristo. Lui non è distante, lo Spirito è con noi: ancora Gesù educa i suoi discepoli trasformando il loro cuore, come fece con Pietro, con Paolo, con Maria di Magdala, con tutti gli apostoli. Ma perché è presente Gesù? Perché è lo Spirito a portarlo in noi.
È l’esperienza che hanno vissuto tanti oranti: uomini e donne che lo Spirito Santo ha formato secondo la “misura” di Cristo, nella misericordia, nel servizio, nella preghiera, nella catechesi… È una grazia poter incontrare persone così: ci si accorge che in loro pulsa una vita diversa, il loro sguardo vede “oltre”. Non pensiamo solo ai monaci, agli eremiti; si trovano anche tra la gente comune, gente che ha intessuto una lunga storia di dialogo con Dio, a volte di lotta interiore, che purifica la fede. Questi testimoni umili hanno cercato Dio nel Vangelo, nell’Eucaristia ricevuta e adorata, nel volto del fratello in difficoltà, e custodiscono la sua presenza come un fuoco segreto.
Il primo compito dei cristiani è proprio mantenere vivo questo fuoco, che Gesù ha portato sulla terra (cfr Lc 12,49), e qual è questo fuoco? È l’amore, l’Amore di Dio, lo Spirito Santo. Senza il fuoco dello Spirito le profezie si spengono, la tristezza soppianta la gioia, l’abitudine sostituisce l’amore, il servizio si trasforma in schiavitù. Viene in mente l’immagine della lampada accesa accanto al tabernacolo, dove si conserva l’Eucaristia. Anche quando la chiesa si svuota e scende la sera, anche quando la chiesa è chiusa, quella lampada rimane accesa, continua ad ardere: non la vede nessuno, eppure arde davanti al Signore. Così lo Spirito nel nostro cuore, è sempre presente come quella lampada.
… Tante volte succede che noi non preghiamo, non abbiamo voglia di pregare o tante volte preghiamo come pappagalli con la bocca ma il cuore è lontano. Questo è il momento di dire allo Spirito: “Vieni, vieni Spirito Santo, riscalda il mio cuore. Vieni e insegnami a pregare, insegnami a guardare il Padre, a guardare il Figlio. Insegnami com’è la strada della fede. Insegnami come amare e soprattutto insegnami ad avere un atteggiamento di speranza”. Si tratta di chiamare lo Spirito continuamente perché sia presente nelle nostre vite.
È dunque lo Spirito a scrivere la storia della Chiesa e del mondo. Noi siamo pagine aperte, disponibili a ricevere la sua calligrafia. E in ciascuno di noi lo Spirito compone opere originali, perché non c’è mai un cristiano del tutto identico a un altro. Nel campo sterminato della santità, l’unico Dio, Trinità d’Amore, fa fiorire la varietà dei testimoni: tutti uguali per dignità, ma anche unici nella bellezza che lo Spirito ha voluto si sprigionasse in ciascuno di coloro che la misericordia di Dio ha reso suoi figli. Non dimentichiamo, lo Spirito è presente, è presente in noi. Ascoltiamo lo Spirito, chiamiamo lo Spirito – è il dono, il regalo che Dio ci ha fatto – e diciamogli: “Spirito Santo, io non so com’è la tua faccia – non lo conosciamo – ma so che tu sei la forza, che tu sei la luce, che tu sei capace di farmi andare avanti e di insegnarmi come pregare. Vieni Spirito Santo”. Una bella preghiera questa: “Vieni, Spirito Santo”.
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Guerrieri della luce contro guerrieri delle tenebre

È il 16 ottobre 1943.
Urla e paure eccheghiano in tutto il ghetto.
1.024 ebrei romani, tra i quali 200 bambini, stanno per essere deportati nei campi di concentramento di Auschwitz-Birkenau.
Torneranno solo in 17.
La sera prima della razzia una donna, chiamata Celeste, corre e grida per le strade del Ghetto: “Domani arrivano in nazisti!!!”.
Ma che le crede?
Celeste, viene da Trastevere, di là dal fiume, e vicino alla Sinagoga la conoscono per essere mezza fuori di cervello. Chi potrebbe darle retta? Nessuno si accorge che lei ha la Luce della verità con sé. E poi ci si vuole illudere che i 50 chili d’oro pagati due settimane prima ai nazisti abbiano scongiurato il pericolo dei rastrellamenti.
Ma i guerrieri delle tenebre vivono di falsità e bugie.
Mai fidarsi.

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Chi è posseduto dalla speranza è gravido di futuro

“Leggendo le riflessioni sulla lettera di Cecilia, ho rivisto me stessa stamattina… poco fa in preda ad una crisi di pianto anch’io ho chiesto al Signore la risposta ai tanti perché che mi affliggono… quando ci capitano delle cose dolorose per sfuggire alla sofferenza cerchiamo delle risposte, aspettiamo dei segnali che ci facilitano il compito di effettuare una scelta… vogliamo essere certi di non sbagliare e di non soffrire più… Che il Signore mi perdoni e che sia disposto ad accogliermi come la pecorella smarrita tra le sue braccia…”

Carissima Laura, grazie per questa tua email. Grazie perché hai riassunto così bene lo stato d’animo di tutti noi quando siamo in preda allo sconforto.

Magari potessi spiegare a me stessa ed a te, tutti iperché e i per comedei dolori che ci affliggono.

E magari potessi dirti come” leggere i consigli di Dio, guidandoti alla chiara distinzione tra le intuizioni personali e le ispirazioni divine … tra le coincidenze e le Dio-incidenze.

Mettersi sulla stessa lunghezza d’onda di Dio è un esercizio semplice e complesso insieme. A volte ci sembra tutto chiaro ed a volte ci sembra di non aver capito niente. E ti dirò di più: a volte succede pure che, guardando all’indietro i momenti bui della vita, scopriamo che tanto buio non era, perchè la vicinanza di Dio, pur non sentendola, c’era!

Per esempio io ci ho fatto caso: quando mi è accaduto di parlare con Lui con il linguaggio delle lacrime o con l’esasperazione della fragilità, Lui ha risposto. Sempre è capitato un evento, seppur piccolo, che mi ha rassicurata. E’ sempre giuntoqualcosa (fosse anche una semplice telefonata) che mi ha incoraggiata ad andare avanti.

Nei momenti in cui sono serena (però solo in quei momenti lì) sono in grado di ammettere tre cose.

  1. La prima è che da tutto si può riuscire a trarre qualcosa di positivo.

Non ho detto che tutto è bene, ma che anche da ciò che bene non è, può scaturire qualcosa di giusto e di bello. Il loto fiorisce dal fango. Dal letame nascono i fior ed anche le nostre lacrime brilleranno alla luce del bello che avranno fatto fiorire. Se non altro perchè, solo chi ha pianto, riuscirà ad asciugare bene le lacrime altrui e ad apprezzare l’essenza della vita.

Quanta delicatezza ci viene chiesta davanti al dolore altrui. Per parlare di speranza a chi è disperato, bisogna condividere la sua disperazione; per asciugare una lacrima dal volto di chi soffre, bisogna unire al suo il nostro pianto. Solo così le nostre parole possono essere realmente capaci di dare un po’ di speranza ha detto Papa Francesco all’Udienza Generale del 4 gennaio 2017.

Il paese delle lacrime resta il più misterioso diceva il piccolo principe. Continua a leggere Chi è posseduto dalla speranza è gravido di futuro

Francesco d’Assisi, una notte del luglio del 2016, ha amato il futuro di tutti noi. Pronti a conoscere quella notte?

Ciao Cristina, ho appena letto la preghiera di Pearlman (https://www.facebook.com/intemirifugio/posts/1247794421975674:0 ). Cavoli come mi sono ritrovata! Questa sono io. Solo ieri sono andata in chiesa e ho detto questo. Stamattina guardando il crocifisso in ufficio, ho pensato questo.

Ho il bene dentro di me, ma poi non riesco a metterlo in pratica. Vorrei fare di più , essere diversa, ma non riesco. Mi rendo conto che sto sbagliando e non riesco a fare diversamente. Ho un caratteri chiuso, sono timida e questo non aiuta. Ma perché se il bene è può forte del male, non si riesce a metterlo in pratica?

Perché il rancore, la rabbia, le preoccupazioni prendono il sopravvento? Dentro di me una guerra di sentimenti… Grazie e scusa lo sfogo, ma quando ho letto la preghiera mi sono ritrovata così tanto che non ho potuto fare a meno di scriverti. Grazie mille per ciò che condividi. 

Nella pagina facebook In te mi rifugio (collegata al blog) ricevo tante lettere, insegnamenti ed incoraggiamenti. Oggi una di queste la vorrei condividere con tutti, perchè magari qualcun altro, leggendo, potrà dire come me: Ma allora non ci sono solo io nel club degli incoerenti!”

Giusto per non sentirsi gli unici sul pianeta.

A dirla tutta, è incoraggiante che anche quel gigante spirituale di Paolo di Tarso, abbia scritto a suo tempo, le stesse parole di Elisa, la protagonista della lettera.

Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me”. (Lettera ai Romani 7,18-20).

E se proprio vogliamo esagerare nell’incoraggiarci (esercizio sacro per scacciare la fatica del rimprovero angosciante) possiamo anche guardare san Francesco!

San Paolo e san Francesco insieme saranno capaci di portarci dall’altra sponda del “biasimo”, no?!

Hai visto Elisa che data è oggi? E’ il primo agosto.

Pronta a ricevere il perdono d’Assisi?

Pronta a sentirti felice perché, più che peccatrice, sei figlia di Dio?

Pronta a liberare l’anima e a rimuovere la paura?

Stai per leggere la storia di un desiderio. Un grandissimo desiderio. Tutto parte da un sogno che aveva san Francesco: farci sentire tutti ospiti d’onore del Paradiso. Continua a leggere Francesco d’Assisi, una notte del luglio del 2016, ha amato il futuro di tutti noi. Pronti a conoscere quella notte?

“Sopportare pazientemente le persone moleste”

6b25e6c218960078c5e337b101cfb3b7Senti Cri, ma tu cosa pensi del fatto di dover sopportare pazientemente le persone moleste?”

Oramai saranno passati un paio di mesi da quando, una mattina, accendendo il cellulare, ho letto questo messaggio su WhatsApp.

Un paio di mesi in cui ho tatticamente rimandato una risposta, per me difficile da dare. Il fatto è che io faccio una gran fatica a sopportare i molesti.

Rimango sempre ammirata quando vedo qualcuno che, di fronte a persone irritanti ed antipatiche, reagiscono con la santa pazienza (e qui il termine “santa” ci sta davvero bene). Anzi: più che ammirata, ne rimango affascinata.

HeaderBlogGrandeIl motivo è che percepisco che intorno alla pazienza c’è un grande potere: quello di far germogliare anche le pietre (a condizione di saper aspettare, ovviamente).

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Con il tempo e la pazienza, ogni foglia di gelso diventa seta diceva Confucio.

 

 

Pazientare, attendere, aspettare…azioni misteriose in una società fondata sui sughi pronti, sulle ricette di torte veloci e sulle cene surgelate.

http://www.dreamstime.com/royalty-free-stock-photo-computer-rage-man-loosing-his-temper-fit-smashing-his-his-fists-image54124995“Sopportare pazientemente le persone moleste; sorprendentemente attuale questa sesta opera di misericordia spirituale.

Oggi, infatti, ci si è messa anche la rete a complicare i nostri già difficili tentativi di sopportazione.

Pure in internet bisogna sopportare presenze inopportune, fastidiose, addirittura insopportabili.

Non bastavano i parenti, i vicini di casa, i colleghi di lavoro…

Anni fa una pubblicità ci consigliava un Cynar per combattere il logorio della vita moderna. Oggi ce ne vorrebbe una damigiana al giorno, con il nostro stile di vita.

Eppure due pensieri su quest’argomento, mi frullano in testa.

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Il primo è un dubbio: può succedere che non sia l’altro ad essere un molesto, ma che piuttosto siano gli ospiti inquieti dentro di me a farmelo sentire tale?

 

 

 

 

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Il secondo è un’intuizione: ho la netta sensazione che la pazienza sia molto svalutata perché frequentemente scambiata per rassegnazione o per adattamento al dolore. Continua a leggere “Sopportare pazientemente le persone moleste”

«Noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio» (Rm 8, 28); una storia vera.

 La-Biblia-1Questa mattina, un biblista mi ha detto: Vai a leggere il cap.8 della lettera ai Romani. Cosa c’è scritto al versetto 28? Leggi.” Io ho letto a voce alta ma, appena iniziato, questo bravissimo sacerdote che io stimo molto per la sua preparazione e umiltà, mi ha ordinato sorridendo:  “Stop!” Io mi sono fermata immediatamente e l’ho guardato incuriosita.

Che è successo?

E lui mi ha spiegato entusiasta: “Ora la traduciamo meglio questa frase, eh! Che è ancora più bella!”. Mi ha detto di un termine al singolare…di una lingua greca originale…di una traduzione non sempre perfetta…

VEGLIA_DI_PREGHIERA_SULLA_PAROLA_DI_DIO_html_m6048f0dbInsomma, tra un greco e l’altro, ho capito una cosa bellissima. Quel versetto lo dovremmo leggere così: “Egli fa concorrere tutto al bene di coloro che lo amano”.

Egli! Dio!

Non “Tutto concorre al bene…” ma “Dio fa concorrere al bene…”

SOL

Magari qualcuno ora starà leggendo deluso perché si aspettava una novità più eclatante. Eppure a me, questa mattina, mi si è aperto un mondo! E’ come quando succede che, pur vedendo ogni mattina il sole, un giorno ti ci fissi e non credi ai tuoi occhi: siamo illuminati dal sole! Wow!

 

Tornata a casa mi sono messa a fare una ricerca sull’esegesi di questa pericope. Mi sentivo come una che, all’improvviso, voleva sapere tutto sul sole! E poi c’è il finale di quella frase: “di coloro che amano Dio». Non per chiunque, dunque, tutto Dio_ti_amaconcorre al bene, ma per coloro che amano Dio. Egli non ha per ciascuno di noi un amore generico ma un amore personale e speciale e fa concorrere tutte le cose al bene, in coloro che lo amano.

Wow!

«Tutto…».

Tutte le cose.

Con tutto quel che ci capita su questa terra, Dio deve stare ben attento a darci certe certezze. Lo teniamo d’occhio e siamo sempre lì, pronti a vedere se ci si può fidare di quel che dice, oppure no. Continua a leggere «Noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio» (Rm 8, 28); una storia vera.

Il teatro è il mezzo…l’unione è il fine!

spazioscenico“Quel giorno, quella che mi aspettava doveva essere una riunione come tante altre.

Mentre guidavo per raggiungere i ragazzi che, nel prossimo spettacolo, avrebbero fatto gli attori, pensavo a come organizzare i lavori del gruppo. 

Una cosa avevo in mente: sul palcoscenico del Teatro della mia città, quei ragazzi avrebbero raccontato le storie che avrebbero scelto loro. Meglio, se storie della loro famiglia!

D’altra parte il titolo dello spettacolo era chiaro: “Storie di dolore e di rinascita!”. Continua a leggere Il teatro è il mezzo…l’unione è il fine!