Akira, il mio maestro!

Lui è Akira????
Fa parte della nostra famiglia da due anni e mezzo.
Lui mi ha insegnato tante cose e, in questi giorni in cui vedo immagini di cuccioli e cani abbandonati, sto seriamente pensando di prenderne uno.
Devo solo convincere mio marito e il gioco è fatto????
Poco fa una mia amica mi ha mandato questo racconto.
È così bello!????
Bello anche per chi animali in casa non ha.
Buona lettura! ????
′ Domanda: perché i cani vivono meno delle persone?
Ecco la risposta:
Come veterinario, mi hanno chiamato per esaminare un cane di 13 anni di nome Batuta.
La famiglia sperava in un miracolo.
Ho esaminato Batuta e ho scoperto che stava morendo di cancro e che non potevo fare nulla…
Batuta era circondato dalla sua famiglia.
Il bambino Pietro sembrava così tranquillo, accarezzando il cane per l’ultima volta, e mi chiedevo se avessi capito cosa stava succedendo. In pochi minuti, Batuta cadde serenamente in un sogno per non svegliarsi mai più.
Il bambino sembrava accettarlo senza difficoltà.
Ho sentito la mamma chiedersi ;- Perché la vita dei cani è più breve di quella degli esseri umani?
Pietro disse: ′′ So perché.”
La spiegazione del bambino ha cambiato il mio modo di vedere la vita.
Ha detto :-“Le persone vengono al mondo per imparare a vivere una bella vita, come amare gli altri tutto il tempo ed essere una brava persona, eh?! Come i cani nascono già sapendo fare tutto questo, non devono vivere per forza tanto tempo quanto noi.”
Capito?
La morale della storia:
Se un cane fosse il tuo maestro, impareresti cose come:
✨ Quando i tuoi cari tornano a casa, corri sempre per salutarli.
✨ Mai lasciarsi sfuggire l’occasione per andare a passeggiare.
✨ Permetti che l’esperienza dell’aria fresca e del vento sul tuo viso sia di pura estasi!
✨ Fai pisolini, riposati.
✨ Stenditi bene prima di alzarti.
✨ Corri, salta e gioca quotidianamente.
✨ Evita di ′′ mordere ′′ quando basterebbe solo un grugnito.
✨ In un clima molto caldo, bevi molta acqua e sdraiati sotto l’ombra di un albero rigoglioso.
✨ Quando sei felice, balla muovendo tutto il tuo corpo.
✨ Goditi le cose semplici, una lunga camminata.
✨ Sii fedele.
✨ Non fingere mai di essere qualcosa che non sei. Sii autentico!
✨ Se quello che vuoi, è ‘ ‘ sepolto “, cercalo, persiste fino a trovarlo.
✨ E non dimenticare mai:
Quando qualcuno sta passando una brutta giornata, resta in silenzio, siediti vicino e dolcemente fallo sentire che ci sei.”
???? Con Amore e Gratitudine ????

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Storia vera di un amore

Il 23 maggio 1992 Francesca Morvillo non morì subito.
Un attimo prima era accanto al suo Giovanni, in auto.
Un attimo dopo era morente in ospedale.
Morì intorno alle 23,00 e le sue ultime parole furono: “Dov’è Giovanni?”
Il magistrato Francesca Laura Morvillo nasce a Palermo il 14 dicembre 1945.
Suo padre è sostituto procuratore, suo fratello entra in magistratura ed anche nelle sue vene scorre la voglia di giustizia.
Francesca entra in magistratura il 10 marzo 1971 come giudice del Tribunale di Agrigento. Dopo pochi anni viene nominata sostituto procuratore della procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo.
E’ bravissima (e lo dicono tutti), si impegna con grande passione senza contare ore o sacrifici ma, soprattutto, è seriamente impegnata nella difesa dei minori. E’ in questo campo che molto spesso conosce ragazzi provenienti da famiglie mafiose.
Arriva il 1979 e ad una cena a casa di amici conosce Giovanni Falcone. Lui è arrivato nel capoluogo siciliano da un anno, con un matrimonio alle spalle con la moglie Rita. I due si innamorano perdutamente uno dell’altro.
Francesca è l’unica donna che comprende perfettamente i sacrifici e la passione per la giustizia del suo Giovanni. Solo lei riesce a supportare quell’uomo, sopportando la vita blindata che li attende.
Arriva la scorta, arriva la paura, arriva la lotta alla mafia fatta fino all’ultima goccia di vita.

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L’amore in un quadro

Matteo (lo chiameremo così) aveva sempre amato la sua Beatrice (anche lei la chiameremo così).
Due figli, tanti anni passati l’uno accanto all’altra e tanta energia positiva in tutto ciò che facevano.
Poi Beatrice, alla soglia dei suoi cinquant’anni scopre qualcosa che non va.
All’inizio è una camminata affaticata ed un po’ impacciata, poi è un verdetto atroce che arriva senza permesso: malattia neurologica degenerativa.????

Boom!????
Come una bomba, tutto esplode e tutto si sgretola.
I progetti per il futuro, i viaggi da fare insieme, la spesa di tutti i giorni, l’appuntamento con la parrucchiera, la passeggiata rigenerante…
Tutto, ma proprio tutto, si allontana.
I gesti che prima erano a portata di mano, diventano ostaggio della fatica.
E con la fatica arriva anche la consapevolezza dell’inevitabile peggioramento.

Beatrice per circa dieci anni lotta come una leonessa contro la malattia che la vorrebbe arresa e pronta a consegnare le sue fragili armi al nemico.
Dieci anni in cui cercherà di camminare con la dignità e l’indipendenza sempre a portata di mano.
Ma poi…
Poi il drago le arriva sempre più vicino.
Azzanna il suo corpo e, da lì in poi, Beatrice avrà come compagno di viaggio il suo letto.
Sempre peggio…
Sempre peggio…
Sempre peggio…
In questa situazione atroce Matteo, oramai diventato pensionato, le tiene la mano.
No, non è una frase poetica la mia.
Proprio letteralmente Matteo, ogni giorno, le tiene la mano, la cura e le parla.
Matteo non lascia la sua Beatrice neanche per un attimo.
La loro camera matrimoniale diventa la camera di Beatrice. Lì deve starci tutto: flebo, farmaci salva vita, macchinari medici e la sedia per Matteo.
Il loro amore diventa un fiore in crescita.
Il loro matrimonio arriva a quel “saranno una sola carne” nel modo più vero possibile.
Insieme sono un inno all’amore.
Matteo le racconta tutto, le parla.
Beatrice è sempre più prigioniera del suo corpo e lo guarda.
Matteo le tiene la mano e la pettina.
Beatrice è sempre più una bambina inerme, bisognosa di tutto.
Matteo la ama e la protegge.
Beatrice guarda il vuoto e lo ama.????

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Tutta la vita ci abbiamo messo, per imparare ad amarci!

“Tra me e tuo nonno c’è stato un grande amore.????
Tutta la vita ci abbiamo messo, per imparare ad amarci.????
Ricordo perfettamente una sera estiva, seduti su una panchina ai giardini.
Il nostro amore stava facendo i primi passi,
ma quel giorno lo guardai nel buio e gli dissi entusiasta:
“Amo tanto l’idea che noi due invecchieremo insieme!”.
Lui trasalì.
Fece una battuta per sdrammatizzare il disagio per quella promessa troppo impegnativa.
Poi, negli anni, mi superò in audacia e mi amò ancora più di me.????????
Soprattutto negli ultimi anni insieme.
Quando stare con lui era come sentire zolle della mia anima
ancora irrigate e pronte alla fioritura.????????
Non è stato sempre facile.
Te lo dico perché tu sappia come si muove l’amore.
Tu credi che non ci sia più,
e invece come la cenere è pronto a riaccendersi.
Tu urli: “Vattene” e invece vorresti dire “Resta”.
Tu pensi: “E’ finita” ma se lui non ci sarà, anche tu sarai un po’ di meno.

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Mai più un giorno infelice

In questi giorni sto leggendo la biografia di Patch Adams.
Ieri me ne sono letta una bella parte, stando in un corridoio di ospedale ad attendere un “verdetto???? ed è stato molto piacevole alternare l’attesa con la sua storia.
Lascio la parola a lui.
“Sono nato nel 1945 e le guerre si erano prese l’anima di mio padre, uomo dell’esercito che abbiamo seguito in varie parti del mondo. Avevo 16 anni quando se n’è andato, ma non posso dire di averlo conosciuto veramente, non c’era rimasto molto di lui dopo la seconda guerra mondiale.

Per fortuna mia mamma mi ha fatto

il dono più grande, quello dell’autostima, e mi ha insegnato l’importanza di amare indistintamente tutte le persone.

Vivevo nell’America razzista, mi sono reso conto dell’ipocrisia del mio paese da ragazzo, quando accanto alla fontana di un parco pubblico lessi: “Solo per i bianchi”.
Rimasi sconvolto, come potevano gli adulti accettare quell’orrore? Così a scuola facevo quel che potevo per oppormi allo scempio, e nella mia scuola di bianchi, tutte le volte che sentivo la parola con la “n”, quell’orrenda parola che non riesco nemmeno a pronunciare, iniziavo a urlare. Urlavo come un pazzo e dicevo: voi ditela pure, ma io non posso fare a meno di urlare.
Gli altri ragazzi mi aspettavano fuori da scuola, per picchiarmi.
Sono stato vittima dei bulli e questo è anche stato il motivo per cui ho iniziato a fare il clown: li facevo ridere, e i bulli non vogliono picchiare il loro buffone.
Funziona ancora, sai.
Sono 35 anni che indosso solo abiti da clown perché mi sono chiesto più volte: cosa posso fare di non violento per fermare la violenza? E allora ho capito che questi abiti colorati potevano aiutarmi.
Capita spesso di trovarsi di fronte a persone che litigano, mamme che sgridano i figli, ragazzi che fanno la voce grossa con le ragazze. Se assisto a scene del genere non faccio l’indifferente ma mi tiro su i calzoni, mi allargo la bocca con questo divaricatore (lo indossa), metto i denti finti (di plastica, galli) e attacco al naso questo moccio finto (abbastanza disgustoso) e ti assicuro che quando mi avvicino conciato così qualsiasi cosa facciano smettono di farla. Funziona.
Ho 73 anni e me ne sento 35, perché mangio bene e faccio attività fisica, ma tutto parte molto prima.
Avevo 18 anni, due ricoveri alle spalle in un ospedale psichiatrico, avevo chiesto io di essere ricoverato perché volevo di uccidermi. Ma mi ritrovai a Washington ad assistere al celebre discorso di Martin Luther King, che aveva un sogno: I have a dream. Lì ho capito quanto ero stato stupido, non dovevo morire, ma fare la rivoluzione, una rivoluzione non violenta basta sull’amore. Sono tornato in ospedale per l’ultima volta, e mi sono imposto che non avrei mai più avuto un giorno infelice.
Volevo un mestiere dove fosse facile tramettere amore. Ma all’università mi sono accorto che la maggior parte dei medici erano degli arroganti del tutto indifferenti ai loro pazienti. Mi hanno insegnato che in sette minuti dovrei essere in grado di capire quello che il paziente soffre e somministrargli una cura. Per me era inconcepibile, così ho deciso di fare a modo mio.
Sono un medico di famiglia e di solito il mio primo colloquio con un primo paziente dura quattro ore. Gli chiedo tutto, voglio conoscere tutto, alla fine diventiamo amici e solo così posso davvero aiutarlo.
Il mio sogno è aprire un ospedale con cure gratuite per tutti! In America il 70% delle bancarotte sono dovute alle spese mediche. E le spese mediche sono anche il motivo n.1 per cui si perde la casa. Inaccettabile. Qualche tempo fa mi ha scritto una famiglia: hanno perso la casa per cercare di curare il figlio, malato di leucemia, che poi è morto. È terribile, e lo è ancora di più il fatto che per sempre il ricordo di quel bambino sarà legato alla perdita della casa.
La situazione più difficile da affrontare è stata una bambina tristissima che non apriva la bocca da due mesi, né per mangiare, né per bere, né per parlare. Era stata violentata, e da allora s’era chiusa in se stessa. La prima volta che l’ho vista non c’erano espressioni sul suo volto, non sapevo che fare. Ho deciso di tornare da lei per parecchi giorni, e pian piano ha fatto dei progressi. Qualche mese dopo mi hanno mandato delle foto ed era irriconoscibile. Per il resto, come dicevo, cerco di rallegrare chi ho davanti, nulla di più.
Una volta mi hanno chiamato per fare il clown a 5 detenuti che il giorno dopo sarebbero stati uccisi, sarebbero morti impiccati. Uno non si è lasciato coinvolgere, gli altri quattro si sono divertiti tantissimo. Tu, se sapessi di morire domani, non vorresti passare il tempo che ti resta divertendoti? Che poi dovrebbe valere per tutti. Dato che tutti moriremo dovremmo goderci la vita, e divertirci.

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I quattro pilastri del benessere

Dite la verità: qual è l’immagine che scegliereste per il muro esterno della vostra casa?
“E che te lo dico affà” direbbe una mia amica! ????
Ora, ammettiamo che quella casa siete voi.
Come scegliereste di essere?
“E che te lo dico affà”, ridirebbe sempre la mia amica! ????
Eppure, qualche volta, preferiamo rimanere monotono come l’immagine in alto.
Invece di scegliere il benessere, le felicità, l’energia …, scegliamo di vivere in modo pigro, negativo, angosciato.
Perché?
Sto leggendo il libro (bellissimo!) di Richard Davidson “La vita emotiva del cervello” e sto entrando a piè pari nel mondo delle neuroscienze con lo studioso n.1 nel mondo.
E’ un libro che ti prende e ti porta per mano nel mondo interiore.
Se sei curioso di sapere cosa accade nel tuo cervello quando sei triste o euforico, arrabbiato o ottimista, oppure quando hai a che fare con gli altri, questo è il libro che fa per te.
Anni fa la ricerca psicologica si alleò con la ricerca neuroscientifica per conoscere non solo quello che accadeva nella nostra testa (ossia le funzioni cognitive) ma anche quello che succedeva nel nostro cuore.
Wow!????
Già una ventina di anni fa il libro di Goleman “L’intelligenza Emotiva” mi aveva aperto un mondo; ma ora quest’altro libro… !
Io lo farei leggere a tutti con un DPCM speciale.
Ricapitoliamo: negli anni Settanta alcuni studiosi intrapresero una serie di ricerche pionieristiche che avrebbero portato alla nascita delle cosiddette «neuroscienze affettive». Oggi Richard Davidson, in questo libro, ci racconta come “ragione&sentimento” non sono polarità inconciliabili.
Anzi!
Pensate per un attimo se tutto questo lo capissero bene bene bene tutti gli insegnanti, tutti gli imprenditori, ogni allenatore, i genitori, i poliziotti, i medici, il fruttivendolo sotto casa, l’amministratore di condominio, i colleghi della scrivania accanto …
Ma soprattutto, pensate cosa potrebbe accadere alla nostra vita, se fossimo noi stessi a conoscerci bene bene bene, imparando come raggiungere il nostro benessere.
Il cervello non è una scatola impenetrabile e immutabile.
Può cambiare.
In meglio!
E le nostre emozioni non vengono da Marte.
Si fondano su precise basi neuronali.
Possiamo capirle.
Meglio!

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A Davide, il mio alunno innamorato

“Come state ragazzi? Fatemi vedere se siete belli come nel 2020!!! E come va il vostro mondo interiore? State cercando la felicità?”

E’ la prima ora: praticamente il momento in cui devi fare iniezioni di buonumore e grinta mattutina, pur di svegliarli. Anche a costo di dire battute sceme in DAD. 

La parola d’ordine è: sorridere e sdrammatizzare l’impatto delle 8.10 con la prof e lo schermo.

“Siete felici? O vorreste sbattere la testa sul muro ché non ne potete più di stare a casa?”

I ragazzi ridono.

Io pure.

Oooh. Abbiamo abbattuto sul nascere il muro del suono lamentoso.

Davide (lo chiamerò così) invece, oltre a ridere, risponde. Davide: un viso dolce con atteggiamenti estremamente delicati. Mi rimase impresso nelle prime settimane del primo anno delle superiori, per quel suo modo sensibile di fare e per quel suo linguaggio forbito nell’esprimersi.

Un giorno mi mandò un vocale mentre ero alla mia decima chemio. Lo ascoltai mentre l’infermiera stava iniettandomi Taxolo a volontà ed anche lei rimase stupita.

“Ma chi è?”

“E’ un mio alunno fantastico” le risposi.

Vabbè: poi vidi il video della classe intera che mi augurava buon cammino, e mi si sciolsero le cataratte.

Ma torniamo alla questione principale: Davide e la felicità. “Prof, io lo so cosa è la felicità”

“Davideee! Allora sei felice? Ma quanto sono contenta! In questo mondo di lamento perenne, tu sei la mia luce stamattina!”

Doppiamente felice. Non posso dimenticare, infatti, lo sguardo drammaticamente triste di Davide, nei primi due mesi di scuola. “Che succede? Che c’è?” Ma anche per una persona con una spiccata intelligenza introspettiva come Davide, era difficile trovare l’alfabeto giusto per spiegare il dramma dell’angoscia interiore. A volte essere sensibili ed intelligenti insieme, è un boomerang. Davide aveva cercato di farci capire. Noi avevamo tentato di aiutarlo. Ma “se bastasse una bella canzone”, cantava Ramazzotti.

Poi ricordo l’ultima lezione insieme, prima del lockdown. Lui, il mio assistente di fiducia al pc ed io al Registro Elettronico. Gli stavo dicendo cosa caricare sulla Lim per la lezione, quando mi uscì quel “Come stai?” quasi per caso. Anzi, proprio non volevo chiederglielo per non farlo trovare in quella tediosa situazione di dover decidere se essere falso (“va meglio”) e così tagliare ogni possibile ulteriore domanda, o essere crudo (“va male”) e lasciar entrare quella malinconica frustrazione che ribadisce che la cacciata della depressione non è cosa facile. Invece quel giorno lui mi stupì con effetti speciali. “Bene prof, Sto bene. Anzi, direi senza alcun dubbio: benissimo!!!” Alzai lo sguardo dal Registro Elettronico per indagare sulla veridicità della sua risposta. Non c’erano dubbi: Davide era chiaramente felice. Gli occhi gli brillavano. Continua a leggere A Davide, il mio alunno innamorato

Perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te

Salve prof! Come sta?? ❤️

Scusi per l’ora innanzi tutto… Questa volta vorrei essere breve ma come mio solito so già che mi dilungherò! ???? 

Questa sera, parlando con una mia amica, è uscito fuori il discorso delle canzoni della chiesa.

Premetto che sono diversi anni che non frequento. Diciamo che ho avuto un periodo da piccola in cui credevo, poi con l’adolescenza questo si è perso. Dopo la morte di mia nonna avevo ripreso ad andare messa (forse perché lei era molto credente, quindi mi sentivo in dovere di farlo), però poi ho smesso di nuovo. 

Non riesco a capire se credo o meno, mi sembra così tutto surreale che da 2000 anni si parli di Gesù, Maria, Dio…

Il fatto però è che a volte sono affascinata e altre volte non ho voglia di ascoltare questa “storia”.

A volte credo nei miracoli che Gesù ha fatto e altre volte li trovo impossibili, li trovo gesti non umani.

A volte mi piacerebbe ascoltare la parola di Dio e altre volte vorrei non saperne nulla della chiesa. 

Secondo lei è solo questione di parroco?

Quello che c’è stato a *** fino all’anno scorso inizialmente mi piaceva, era simpatico, rendeva il tutto più leggero. Però poi più volte, dall’altare *************** 

Ritornando alle canzoni, ci siamo inviate alcuni titoli, ne ho ascoltate diverse e tutte, non so per quale motivo, mi hanno trasmesso qualcosa, delle sensazioni positive, come se non riuscissi poi a fare a meno di quella musica. Ero davvero emozionata.

Mi stavo chiedendo (e questa sarebbe la vera domanda) se questa voglia di ascoltarle deriva semplicemente dall’amore che ho per la musica o se magari potrebbe essere una sorta di preghiera, in modo indiretto, non essendo appunto molto credente. 

Diciamo che questi sono pensieri molto personali, in realtà non so nemmeno se ha capito qualcosa di quello che vorrei dire. 

Ovviamente non mi aspetto che lei mi dica “si, sei credente/no, non sei credente” perché è difficile dare una risposta dopo aver letto qualche riga, però non so, magari questi dubbi le sono passati per la mente anche a lei e può aiutarmi in qualche modo a capirci di più! 

Detto questo, le auguro una buona giornata e le mando un forte abbraccio ❤️ 

Ps. Mi mancano tantissimo le sue lezioni e parlo di lei a tutti! Come mi ha ridotta prof. Ahahah le voglio bene, buon 2021!

 

Carissima Claudia, hai ragione: non ti dirò se sei o non sei credente.

Nessun di noi appartiene ad una o all’altra categoria.

Quasi che la spiritualità si potesse ridurre ad un gruppo di pensieri razionalmente comprovabili una volta per sempre.

Ognuno di noi è in continua ricerca, dal primo all’ultimo respiro.

La logica dell’anima, infatti, è molto più vasta di un’equazione matematica.

Quanto più vasta?

Infinitamente.

Puoi quindi immaginare quanto sia sbagliato inscatolarla all’interno di uno spazio deciso da noi?

Dogmi, religioni, culture…

 

 

La logica spirituale vola e viaggia come il vento.

 

 

 

E’ come un fuoco che sprigiona scintille di emozioni, intuizioni, desideri ed idee!

Ogni lampo di Luce proviene dal Fuoco dell’universo.

 

Chi intuisce” questo movimento divino, sente dentro di sé qualcosa” che non può spiegare con l’alfabeto umano.

Ne sa qualcosa Dante che, nel XXXIII canto del Paradiso, quando si trova a sfiorare Dio, rimane letteralmente senza parole. Continua a leggere Perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te

Ho vinto io!

L’inizio.

“Pronto? Prontooo??? … Ragazzi, silenzio che non sento!!!”

Provate voi ad ascoltare un interlocutore qualsiasi, stando su un pullman con 55 quindicenni che scalpitano per l’entusiasmo. Sono felici. È tutto l’anno scolastico che racconto loro storie di cadute e di rinascita ascoltate a San Patrignano e finalmente oggi, 2 maggio 2019, è arrivato il loro turno di partire con me.

Pronto? Mi scusi sa…sono in viaggio con i miei studenti…ora la sento…mi dica”

“Buongiorno Maria Cristina, è l’ospedale. La chiamo perché, in seguito alla mammografia che ha fatto il 19 aprile i medici hanno deciso di farle fare un’ecografia per ulteriori accertamenti”

Va bene. Mi dica pure la data

L’aspettiamo il sei maggio alle 15.00”

Perfetto! Grazie per avermi chiamato

Le mie colleghe mi guardano con l’aria un po’ preoccupata ma non osano commentare. Io sorrido e dico: “Non è niente. Anche dopo l’ultima mammografia mi hanno poi richiamata per fare un’ecografia. Sono molto scrupolosi in quel reparto”

E ricomincia la gioia del viaggio.

1.

Lunedì sei maggio 2019. La dottoressa “giovane&gentile” fissa il monitor dell’ecografo come ci fosse il documentario più interessante del mondo. È concentratissima. Passa e ripassa quella specie di sonda sul mio seno ed i suoi occhi sono tutti per quegli ultrasuoni che formano immagini strane sullo schermo.

Io sono tranquillissima. Dopo pranzo mio marito mi ha salutata ed io non gli ho neanche detto che avevo un appuntamento all’ospedale. Non mi è proprio venuto in mente. Ho messo la telefonata del due maggio nel file “scrupolosità di routine” del nostro eccezionale reparto di senologia.

La dottoressa “giovane&gentile” viene raggiunta dalla dottoressa “affascinante&scrupolosa”. Questa volta sono in due ad essere concentratissime su quel monitor. Io continuo ad essere tranquilla ma inizio a sentire dei piccoli punti interrogativi che si affacciano nella mia mente.

C’è qualcosa che non va?

Ma no! Anche nell’ultima ecografia è successa la stessa cosa.

Alla fine azzardo la domanda: Ma…c’è qualcosa di strano?”

Mi rispondono con tono tranquillo. Però mi parlano di calcificazioni…di qualcosa che meriterebbe un approfondimento …

Ecco eh! Ecco che la parola che mi mette tanta paura arriva.

La parola “ago”!

Me lo sento che sta arrivando.

Non so perché ma il mio terrore degli aghi me lo porto appresso da sempre.

Guardi” mi dice la dottoressa “affascinante&scrupolosaio credo sia il caso di fare un agoaspirato perché…”

Tutto il mio mondo interiore va in stato di allarme! Continua a leggere Ho vinto io!