Sto male. Non ne posso più. Ora basta.

TRISTEZZA2-300x224Ho superato il livello di sopportazione. Ora basta. Sono sei anni che faccio la dialisi e non ne posso più. Ho trentadue anni, sto sempre male e vorrei farla finita. Lei può darmi un consiglio su come combattere a livello psichico questo problema? Le chiedo gentilmente di non rispondere come già tante volte mi sono sentito dire: prova uno psicologo, affidati alla preghiera o ai famigliari. Sicuro di un riscontro le porto anticipatamente i miei più sentiti ringraziamenti. Buona giornata.

hqdefaultLo so per esperienza personale: l’esasperazione non è quasi mai figlia del problema stesso, ma della sua durata nel tempo.

Una difficoltà che si protrae per anni, sfinisce. E’ come una goccia di dolore che rende perennemente intriso di tristezza il tuo spirito. Giorni, mesi, anni. Sfinente.

Pian piano non ne parli più con gli altri perché “senti” che, alla fine, si stancano di essere trascinati nel tuo mondo. Hanno finito le risposte e non sanno più cosa dire.

In famiglia non sempre si può raccontare “tutto”.

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E Dio?

Beh, a volte sembra sul serio che Dio si sia dimenticato di noi.

C’è, ma solo per gli altri.

 

 

DEPRESSIONE

 

 

In questa “marea di angoscia, l’idea di lasciarsi andare in quelle acque per mettere la parola “fine” ad ansie e dolore, è lì, a portata di mano.

 

 

 

Stamattina stavo pensando proprio a te mentre andavo a scuola. Non volevo scriverti cose…come dire…tinte di déjàvu.

dr-patch-adamsPoi, alla terza ora, con i ragazzi stavamo vedendo una scena del film “Patch Adams” ed ho avuto come un flash.

Patch è davanti ad un burrone e sta prendendo la decisione più importante della sua vita: farla finita oppure no.

Tutto il mondo gli è caduto addosso e la sua vecchia tentazione è ritornata.

Perché no?

Perché non farlo?

Lo aveva fatto suo padre, aveva già tentato lui stesso anni prima. Continua a leggere Sto male. Non ne posso più. Ora basta.

Lasciati abbracciare che ti porto in paradiso

untitled E’ il 18 luglio 1486 e documenti storici ci dicono che Pietro Perugino è ad Assisi.

Il divin pittore è stato chiamato per decorare il coro della Porziuncola, finito di costruire appena l’anno precedente.

Di quel grande affresco oggi possiamo vederne solo una piccola parte, perché in seguito fu gravemente mutilato per consentire la costruzione della chiesa cinquecentesca.

Ma quella piccola parte rimasta è preziosissima e quasi sconosciuta ai più.

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Tanti anni fa io ci feci caso solo perché un anziano frate si divertì a farmi un indovinello: Scommetto che tu guardi sempre la parte avanti della Porziuncola e ti fai sfuggire ogni volta la preziosità di ciò che sta dietro. Dimmi… lo sai cosa c’è dipinto dietro?

 

gohistoric_16370_mE si sa: non c’è niente di meglio per suscitare curiosità, che provocare l’interlocutore con una domandina facile facile.

Ma che c’è dietro la Porziuncola?”

Dalla mia figuraccia di quel giorno, nacque il mio amore per quel luogo.

DSC_1-thumbLa prossima volta che avrete la fortuna di entrare nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, arrivate avanti la Porziuncola ma non entrate subito.

Giratele attorno ed alzate lo sguardo in alto, sopra l’abside.

E’ lì che potrete scoprire questo tesoro nascosto, questo frammento di quel grande affresco sulla 485crocifissione, attribuito al Perugino.

Prendetevi del tempo e guardatelo bene. Vedrete Maria con il suo dolore ed alcune donne che la sorreggono e la consolano.

Ma osservate bene al centro: si vedono le gambe del crocifisso (dicevamo che solo una parte dell’affresco originale è visibile).

Quelle due gambe crocifisse, al centro della scena, con ai suoi piedi donne che piangono e svengono per il dolore, sguardo-altorendono quasi automatico far pensare che siano quelle di Gesù.

Solo ad un occhio attento, non sfugge una scena posta all’estrema destra della parete: il legno verticale di una croce (solo il legno) con san Francesco che lo abbraccia, in ginocchio. Continua a leggere Lasciati abbracciare che ti porto in paradiso

L’immacolata Concezione dal punto di vista dell’angelo

zeffirelli_06 Non so se vi ricordate la scena dell’annunciazione nel film Gesù di Nazareth di Zeffirelli.

Due minuti e ventotto secondi di puro incantevole mistero.

C’è il sottofondo del frinire delle cicale, la luce della luna che illumina Maria, un ululato in lontananza, l’abbaiare dei cani e questa ragazza ebrea che spalanca improvvisamente gli occhi, intuendo una presenza.

Nel bel mezzo della notte la Madonna è svegliata da una piccola finestra in alto che, inspiegabilmente, si apre ed inizia a sbattere.

untitledPiano, con circospezione, si gira lentamente verso la finestra.

Strisciando quasi per terra e fissando la finestra, cerca di allontanarsi il più possibile da essa.

Fuori, gli animali continuano a fare uno strano concerto di sottofondo.

Sembra che anche loro siano agitati ed avvertono una presenza misteriosa.

E poi ecco che arriva: è la paura.

Negli occhi di Maria si legge la paura.

untitledCon uno scatto felino si alza in piedi e corre verso il muro, nel lato opposto alla finestra, senza distogliere lo sguardo da quella luce che entra.

Vede qualcosa che il regista non fa vedere.

In quella scena anche noi vediamo tutto, attraverso gli occhi di Maria.

madonna con bambino 3Esattamente come quando leggiamo l’annunciazione nel vangelo: sappiamo tutto attraverso le parole di Maria, l’unica testimone di quella “benedetta” sera.

“Ma chi sei tu? Cosa vuoi?” mormora Maria con la voce affannata dalla paura.

Siamo abituati così tanto alle nostre tranquille (ed anche un po’ infantili) immagini angeliche con ali e tuniche bianche, che non ci viene in mente che potremmo avere paura di fronte alla loro potenza sfolgorante. Continua a leggere L’immacolata Concezione dal punto di vista dell’angelo

“Un giorno, io lo so, mi raccoglierai” (Marc Chagall)

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Allora per domani sera è tutto ok? Farai il Figliol Prodigo?”

“Certo! Spiegheremo quello di Chagall; è troppo bello.”

 

 

 

 

 

466171_imagnoChagall: ho iniziato ad amarlo un po’ di anni fa, solo dopo aver conosciuto la sua vita.

I suoi quadri fatti di sogni e realtà, di colori ed emozioni, non sono semplicissimi da comprendere con la testa, ma con il cuore, sì.

“Se creo qualcosa usando il cuore, molto facilmente funzionerà; se invece uso la testa sarà molto difficile” diceva Chagall.

E di cuore ce ne ha messo tanto, quando ha dipinto Il figliol prodigo.

 

E’ il 1975 ed il pittore bielorusso ha ottantotto anni. Nella sua lunga vita ne ha passate tante. Era Marc-Chagall_0solito dire: “Io sono nato morto”  quando, ricordando le sue origini ebraiche, raccontava la sua nascita avvenuta nello stesso giorno in cui il suo villaggio era stato attaccato dai cosacchi durante un pogrom. Era il 7 luglio 1887 e la sinagoga di Vitebsk veniva data alle fiamme.

Poi conobbe l’antisemitismo sovietico, il nazismo tedesco, l’esilio in Francia e negli Stati Uniti e lo strazio della morte della sua giovane ed amatissima moglie Bella.

 

Eppure la carrellata dei tanti momenti bui, non gli ha impedito di sentirsi, sempre e comunque, dentro quel misterioso abbraccio del figliol prodigo. Continua a leggere “Un giorno, io lo so, mi raccoglierai” (Marc Chagall)

Dio, non farmi correre con i tacchi alti!

mad-05-09-2008-scoraggiamento-preview“Cara prof, secondo te sbaglio a chiedere l’aiuto di Gesù? Si insomma…cosa devo fare quando nonostante tutto mi scoraggio? Cri, sono una banderuola al vento. Immagina una persona che si sente convinta di una cosa ma che poi si comporta in un modo opposto a questa convinzione… E come se il mondo reale mi risucchiasse… così anche i miei buoni propositi vanno a farsi friggere nell’arco di un secondo … E sono anche lontana anni luce dall’amore per gli altri. Non sono insensibile nei confronti dei problemi degli altri, ma è come se mi riguardassero meno. Se potessi aiutare il mio bimbo, il mio papà o mia sorella … farei qualsiasi cosa… Ma per gli altri? Beh, rispondere a questa domanda mi fa un po’ vergognare e soprattutto mi fa pensare che ho ancora tantissima strada da fare per arrivare alla salvezza… E se tutto questo tempo davanti io non lo avessi? Scusami, sono come un fiume in piena e ti sommergo di punti interrogativi e riflessioni.”

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Carissima Sara, quando devo partecipare ad una cerimonia e devo indossare i tacchi alti, mi sento male; oramai non ci sono quasi più abituata. Eppure mi piacciono. Adoro quel corpo slanciato che i tacchi alti ti donano e quell’andatura elegante che, facilmente, ti portano ad avere.

 

 

piedi-gonfiMa poi, quando arriva la sera, stramaledico quei tacchi alti. I piedi mi fanno male, ogni passo che faccio è una fatica dolorosa e l’andatura elegante è sostituita da quell’incedere sbilenco dovuto al tentativo di soffrire il meno possibile ad ogni passo.

In queste circostanze pagherei oro pur di avere un paio di ciabatte e mettere a bagno i piedi.

Ecco Sara, pensavo a tutto questo quando leggevo la tua lettera. 

Tacchi-per-ogni-occasione

A volte, per camminare con Dio ed arrivare alla vetta preparata da sempre per noi, ci mettiamo degli scomodissimi tacchi alti. E come se non bastasse, vorremmo anche correrci!    

 

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E’ naturale, quindi, che il nostro incedere diventi amaro e faticoso; ci scoraggiamo… cadiamo più facilmente… proviamo dolore… ci sentiamo inadeguati.

Pian piano, ci percepiamo come la grande delusione di Dio e, a quel punto, anche pregarlo diventa un difficile esercizio perché ce ne sentiamo indegni.

 

 

Volevamo fare la scalata con Lui, al meglio di noi stessi; belli, eleganti, con l’incedere deciso di chi vuol fare la Sua volontà, ed invece ci ritroviamo zoppicanti e con l’incedere sbilenco di chi prova troppo dolore nell’andare avanti. Continua a leggere Dio, non farmi correre con i tacchi alti!

Dio c’è e, senza bisogno di un notaio, ha preparato un’eredità ricchissima per noi

Firenze-2015-Logo-LQto facendo la valigia e penso: “Io non sono la delegata più credibile per questo Convegno ecclesiale”.

Ho assistito a talmente tanti incontri, ho partecipato a così tanti meeting ed ho condiviso così tanti lavori di gruppo (sempre in ambito ecclesiale) che oramai ho come le antenne alte verso il pericolo maggiore di queste esperienze: dire tante parole, dimenticandoci che noi dovremmo ascoltare “la Parola” e fidarci.

CasalAlpinistasEntardecer_234Di per sé la vita, infatti, sarebbe molto semplice (almeno così la vedo io, forse un po’ ingenuamente): volerci bene e sorreggerci a vicenda per arrivare, uniti, in Paradiso.

Però, si sa come vanno le cose. Un po’ la vita è complicata, un po’ ce la complichiamo noi ed il 002_14_10_18_misericordia_470risultato è questo: una marea di documenti ecclesiali che parlano, parlano, parlano…mentre io ho l’impressione che la gente abbia tanto bisogno di carezze, misericordia ed incoraggiamenti.

Un po’ quello che faceva Gesù, insomma.

Ma oggi, primo giorno, c’è stato un momento della giornata in cui l’emozione mi ha travolta (e chi mi conosce sa che non piango nemmeno ai matrimoni!).

10984604_1032516916813102_4295037208368239259_nEravamo in processione e stavamo entrando nel battistero per poi uscire da lì ed accedere in Duomo. Detta così, potrebbe sembrare niente di più della descrizione di un itinerario.

Invece è stato in quel momento, proprio in quei primi passi all’interno del Battistero, che un’emozione grande mi ha travolta. Sui nostri passi silenziosi ha echeggiato una voce che proclamava il cap. 21 del libro dell’Apocalisse: Continua a leggere Dio c’è e, senza bisogno di un notaio, ha preparato un’eredità ricchissima per noi

Defunto sarai tu!

263743_508788869145294_11601830_nE’ il 25 maggio 2013 quando Silias Edenfield, un bel bambino biondo di quattro anni, arriva in Cielo. Quando ho visto il video della sua preziosa chiacchierata sul paradiso fatta con la mamma, prima di morire, ho pensato che nessuna laurea in teologia avrebbe potuto aggiungere altro di essenziale, su Dio e sul paradiso. Poi mi sono lasciata andare alla commozione.

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Gesù aveva ragione su tutta la linea quando ci parlava dei bambini, dei semplici, dei poveri in spirito, come di coloro che già “possiedono” la Verità.

 

 

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Il video è stato girato in ospedale, quattro mesi prima della sua morte per tumore. La mamma gli sta parlando dolcemente ed il figlio la guarda con una serenità, vicina già nell’Infinito.

 

 

12163605Voglio il paradiso. Voglio passare lì tutto il tempo” dice con delicatezza decisa Silias.

“Come sarà il paradiso?” gli chiede la mamma

Non sono sicuro…” dice il bimbo, riflettendo tra sé e sé per scegliere bene le parole.

Dove flying“Avrai un corpo in paradiso?”

“Si” risponde Elias

“Come sarà il tuo nuovo corpo?”

“Senza cancro” dice un po’ sottovoce il bimbo, ma poi si gira verso la mamma e scandendo bene le parole, con piglio deciso, aggiunge “… e non mi ammalerò MAI!”

“E’ fantastico! E sarai solo in paradiso?”

“No! Ci sarà Dio con me” risponde Silias con gli occhi furbetti ed il tono divertito di chi già immagina… Continua a leggere Defunto sarai tu!

“Marcellino pane e vino” e la festa dei defunti

Marcellino“Zia, guardiamo un film insieme?” Margherita, la mia nipotina di sette anni tornata dall’Inghilterra per passare un po’ di vacanze con noi, è già un’amante del cinema.

“Io avrei in mente un film, ma è in bianco e nero”

“In bianco e nero? Che significa?”

“Significa che non ci sono i colori. E’ un film di tanti anni fa. Facciamo così: io ti faccio vedere i primi minuti e poi tu deciderai se vorrai continuare a vederlo oppure no. Ci stai?”

 

20151027_210157_resizedE’ iniziato così, per caso, la maratona familiare di “Marcellino pane e vino”, film spagnolo del 1955 diretto da Ladislao Vajda. “Maratona” perché Margherita l’ha voluto vedere tre volte.

Intendiamoci: Margherita sbuffa come tutti se la cosa non le piace, si annoia se si trova di fronte a qualcosa che non capisce ed ama giocare e ridere a più non posso.

Ma quel film l’ha proprio “presa”. Quando le ho chiesto: Ma perché ti è piaciuto così tanto questo film?”, lei mi ha risposto “Zia, non te lo so spiegare per bene. So solo che mi piace quando Gesù parla con Marcellino”.

 

hqdefaultIl film inizia come una bella favola; c’è una bimba ammalata, c’è un frate che la va a trovare per farle un po’ di compagnia e c’è una storia che le viene raccontata.

E’ una favola?” chiede la bambina ed il frate risponde: “Sì. Una favola per i bambini ma anche per i grandi”

immagine_marcellino-pane-e-vino_16479E’ così che inizia questa storia che, come tutte le favole, ha i buoni ed i cattivi.

C’è un bimbo orfano (i bimbi soffrono sempre nelle favole, prima del lieto finale), c’è un gruppo di frati che lo alleva nel convento amandolo a più non posso, c’è il cattivo che li vuole cacciare e c’è il frate buono che gli tiene testa, attingendo forza dalla sua granitica fede.

2zzmfq8Un giorno Marcellino scopre un crocifisso a misura d’uomo, nella soffitta del convento.

Da quel momento inizia una serie di incontri segreti e fatti strabilianti, fra il bambino e il crocifisso. Continua a leggere “Marcellino pane e vino” e la festa dei defunti

La più grande fatica interiore è non sentirsi mai abbandonati

Group-HugProf, oggi facciamo una lezione da paura, eh!?!” Rido di fronte a questa esigente aspettativa di Linda, la mia bellissima alunna dai capelli stile “afro”. L’intera sua classe mi sta raggiungendo nell’aula LIM a gran velocità, per riuscire a accaparrarsi i primi posti. Luca dice deciso: “Prof, oggi le faccio io da assistente al computer, eh! E poi deve finire di parlarci  di don Pino Puglisi. L’altra lezione eravamo stati interrotti dalla campanella!”

Mentre sono travolta dall’entusiasmo dei miei studenti, sento vibrare il mio cellulare. Abbasso lo sguardo e leggo su What’sApp: Ti ricordi che lunedì hai il secondo incontro sull’aldilà con i ragazzi della mia parrocchia, vero? Dovrai parlare dell’Inferno. Devi proiettare qualcosa?”

Certo che mi ricordo. Già, l’inferno… come spiegarlo a quei ragazzi?

alla_luce_del_soleAlzo lo sguardo verso i mei studenti e li avverto: “Sappiate che nei primi cinque minuti di film, nelle altre classi molti hanno girato lo sguardo da un’altra parte. Non ce l’hanno fatta a vedere. Volete saltarli?”

So perfettamente che questo è il modo migliore per far alzare le antenne a tutti.

lucesole1Silenzio assoluto… il film inizia…un Ape mezzo scarcassato si ferma in un luogo della periferia palermitana. Intorno il senso di abbandono è evidente ed il grigio è opprimente. Alcuni ragazzini scendono dall’Ape con due scatoloni, da dove escono miagolii di paura che già commuovono. Un adulto dall’aspetto rude, freddo e trasandato, paga quel delicato contenuto ed invita i ragazzini a fare quel che devono fare. Basta un cenno della testa e questi capiscono.

Don-PuglisiSi avvicinano ad una gabbia con dentro due cani aggressivi. Abbaiano e sono inferociti, affamati, imprigionati e pronti alla lotta. Per loro non ci sono ciotole di carne per il pranzo, né carezze sul dorso. Pochi centimetri di gabbia che farebbe impazzire qualsiasi essere vivente ed un pranzo assurdo: micetti nati da poco, da sbranare.

La scena è allucinante per il sadico divertimento che i ragazzini provano nel gettare dentro la media347094gabbia, i micetti terrorizzati.

E poi la notte…il combattimento tra i due cani…il tifo infernale degli uomini…i guaiti di dolore …il sangue…un’altra corsa con l’Ape con sopra il cane quasi morto, grondante sangue dalla gola…il trasporto dell’animale mezzo morto, su per una scalinata di cemento di un palazzo in costruzione…il pianto del cane…e poi…uno, due, treee! Il povero cane, in fin di vita e con la gola squarciata, è buttato di sotto, nella voragine di cemento, mentre il suo lamento si perde in lontananza come un ultimo urlo di dolore lasciato in eredità a nessuno. Continua a leggere La più grande fatica interiore è non sentirsi mai abbandonati

« Ben venga, mia sorella morte!»

GiottoMorteSanFrancescoSabato 3 ottobre 1226.

Sabato 3 ottobre 2020.

Inginocchiamoci davanti a fratello Francesco, morente.

 

66Andiamo in quell’oscura capanna nel mezzo del bosco, semplice infermeria della Porziuncola, a pochi passi dalla cappella dedicata a santa Maria, che egli stesso aveva riparato con le sue proprie mani. Ascoltiamo gli ultimi battiti del suo cuore, le sue ultime parole, e lasciamoci andare alla commozione.  

 

 

Che donna povertà entri e sorella terra mi accolga!

sorella_morte“Leone, Masseo, Angelo e Ruffino, avvicinatevi e toglietemi tutti i vestiti”

I quattro frati erano tentennanti, preoccupati. Forse la febbre alta lo portava al delirio? Ma Francesco aggiunse: Compagni di tante battaglie, non abbiate timore. Il Padre mi ha buttato nudo nel mondo e nudo voglio tornare tra le sue braccia. Voglio morire  nudo come il mio Signore Gesù Cristo. Voglio morire tra le braccia di donna povertà e nel seno di madre terra, mia sorella. Spogliatemi dunque di tutti i vestiti”

I quattro amici obbedirono e, man mano che toglievano i poveri indumenti, le lacrime sgorgavano copiose. Anche Ruffino non riusciva più a trattenersi. Il corpo di Francesco era gonfio, paonazzo, martoriato dalle tante penitenze e malattie. Con la mano sinistra cercava di nascondere un po’ la piaga del costato.

Francesco continuò: E ora mettetemi nudo sopra la nuda terra

Morte-di-San-FrancescoSfinito da quella malattia così grave… si fece deporre nudo sulla terra nuda, per essere preparato in quell’ora estrema, in cui il nemico avrebbe potuto ancora sfogare la sua ira, a lottare nudo con un avversario nudo. In realtà aspettava intrepido il trionfo e con le mani unite stringeva la corona di giustizia. Posto così in terra, e spogliato della veste di sacco, alzò, come sempre il volto al cielo e, tutto fisso con lo sguardo a quella gloria, coprì con la mano sinistra la ferita del lato destro, perché non si vedesse. Poi disse ai frati: «Io ho fatto il mio dovere; quanto spetta a voi, ve lo insegni Cristo!» (Tommaso da Celano, “Vita seconda di san Francesco d’Assisi”)

I compagni, al sentire quelle parole, proruppero in un pianto dirotto. I loro singhiozzi li facevano somigliare a bambini disperati. Continua a leggere « Ben venga, mia sorella morte!»