Voglia di felicità… e quel cromosoma in più che ce l’ha!

E’ lultima lezione di religione nella 2B del Liceo Artistico ed abbiamo voluto finire l’anno scolastico facendo il gioco della sedia che scotta.

I ragazzi se lo aspettano; sono contenti ed agitati, entusiasti ed emozionatiVogliono fare il gioco, ma lo temono anche. Per questo ci siamo dati una regola-base: nessuno è obbligato a farlo.

La seconda regola è che chi si siede sulla sedia che scotta, dovrà essere schietto, vero, leale, sincero.

La terza regola è che tutte le rivelazioni, gli sfoghi, le risate, i pianti, le emozioni e gli abbracci che nasceranno in quei cinque minuti (tale è la durata del gioco per ciascuno), dovranno restare lì! Nessuno dovrà trasformare quei cinque minuti di verità estrema in un pettegolezzo ignobile.

Tutti pronti?

Ragazzi seduti in cerchio intorno alla cattedra; si parte!

A turno, ogni cinque minuti, ognuno si siede al posto dell’insegnante e l’avventura inizia.

“Cosa hai sul comodino in camera tua?”

“Hai vinto un viaggio e puoi portare solo cinque compagni di classe: chi scegli?”

“Sei innamorato?”

“Dicci tre caratteristiche del tuo carattere che vorresti cambiare e tre che, invece, ti piacciono”

“Quando hai pianto l’ultima volta?”

“Sei mai stata tradita?”

“Ti sei mai ubriacato?”

“Da 1 a 10, secondo te quanto è unita la tua classe?”

“Immaginati tra dieci anni: cosa vedi? O comunque, cosa speri?”

“Se fossi la Dirigente Scolastica di questa scuola, cosa cambieresti?”

“Hai mai fatto a botte con qualcuno?”

“Scegli tre persone della tua classe che dovranno dire una tua caratteristica positiva (che pensano davvero, ovviamente)”

“Tu credi che l’amore per sempre, possa esistere?

“Quanti amici veri hai nella tua vita?”

Ed il gioco va avanti.

Si ride. Ci si commuove. A volte si piange proprio.

Come è capitato quell’ultimo giorno di lezione in 2B.

Di domanda in domanda, eravamo arrivati alla fragilità.

Marco era sulla sedia che scotta ed era sotto tiro da parte di tutti.

“Perché alcune ragazze fanno dell’autolesionismo?”

“Perché è un modo per non sentire il dolore del cuore. Ci si ferisce per essere concentrati sul dolore fisico e sentire meno il dolore dell’anima”

“E che tipo di dolore ha l’anima, per arrivare a questa reazione?”

“Beh, ce ne sono di tanti tipi. Forse tutto potrebbe essere raggruppato in un’unica parola: accettarsi. Quando non ci vogliamo bene, ogni cosa ci ferisce”

“E perché facciamo così tanta fatica ad amarci?”

“Perché tutto e tutti ci convincono che non siamo mai abbastanza. Tutto è perfezionismo, apparenza, concorrenza. Apparire è uguale ad essere. Ed invece non è così”

“Perché dici che non è così?”

“Perché tutti siamo fragili, ma non vogliamo che gli altri se ne accorgano”

“E perché?”

“Ma perché la fragilità è debolezza… e a nessuno piace essere giudicato debole”

“Vogliamo provare ad andare controcorrente? Fammi l’elogio della fragilità! Prova…”

“Mmmhhh…l’elogio della fragilità…ora non saprei…”

“Secondo te la ragazza con la Sindrome di Down che è sempre nei nostri corridoi, è una creatura fragile?”

“Chi? Annamaria?”

“Sì, Annamaria!”

“Ma…sì…credo di sì…credo si possa considerare una creatura delicata”

“Secondo te Annamaria è felice con la sua delicatezza?”

Marco si ferma…non mi risponde…pensa… tentenna… ed io ne approfitto per fare la proposta: “La chiamiamo? Che ne dici? Facciamo la “sedia che scotta” anche a lei?”

In men che non si dica, Beatrice fa un salto dal suo banco e si fionda nel corridoio: Annamariaaa!!!”

“Eccomiii!!!” si sente dal fondo delle scale.

In tre secondi ecco che entra in aula Annamaria, col suo immancabile sorriso appresso.

Non la lascia mai!

E’ un anno che sono al liceo e l’ho vista sempre allegra e gentile con tutti. Tutti i giorni che ha fatto il Signore! Un fenomeno di gioiosa gentilezza.

“Annamaria, sei felice?”

“Certo!!!” (peccato non poter “descrivere” abbastanza, il suo sorriso entusiasta)

“Perché?”

“Perché sono viva! Perché la vita è bella! Perché Dio ci protegge tutti e tutti siamo belli!”

Annamaria spande talmente tanta emozione nell’aria, che l’alunna davanti a me inizia a piangere. Improvvisamente.

Non è che Annamaria abbia detto chissà che cosa, ma il suo tono è talmente pieno di essenziale felicità alla portata di tutti, che la commozione tocca ogni cuore.

“Annamaria, com’è la tua famiglia?”

“Bellissima, perché mi hanno sempre amata. Fin da quand’ero piccola!”

Ad Annamaria brillano gli occhi per la gioia; a tre mie alunne brillano gli occhi per le lacrime. Mi chiedono il permesso di uscire. Altre due le seguono per non lasciarle da sole.

Annamaria non capisce il motivo di tutto questo movimento pieno di cuori emozionati.

Sorride dolcemente e mi guarda con fare interrogativo.

“Non ti preoccupare Annamaria. E’ tutto ok! E’ che tu sei brava a comunicare cose belle e profonde e qualcuno non riesce a trattenere le lacrime. Dimmi un po’; ti è mai capitato di non sentirti amata?”

“Sì” risponde tristemente. “Ero piccola. Avrò avuto sette od otto anni. Stavo attraversando il giardino ed un bimbo mi guardava fisso. Allora ho sentito la mamma che gli ha detto – Non guardarla; è una bambina con dei problemi”.

La classe quasi non respira.

Annamaria continua: “Ma io so che non è vero. Io non ho problemi. La mia mamma mi dice sempre che io ho un cromosoma in più; quello della felicità. Per questo sono sempre felice. E’ un dono di Dio. E tutti dovremmo essere felici!”

Suona la campanella.

“Noooo!!!!” urla la classe. “Prof, continuiamo! E’ l’ultima lezione!”

“Ragazzi, non si può, ma diamoci tutti appuntamento alla prima lezione di settembre con Annamaria e la felicità. Buone vacanze ragazzi!”

“Prof, almeno facciamoci una foto!

E foto sia!

Il 5 luglio 1828, un trentenne Giacomo Leopardi scriveva a madama Antonietta Tommassini queste parole: Io non ho bisogno di stima, né di gloria, né di altre cose simili; ma ho bisogno d’amore”.

Questo è il punto: dove cercare quell’amore che ci fa sentire all’altezza della vita? Quell’amore che ci toglie la paura di non essere mai abbastanza?

La 2B del Liceo Artistico “Edgardo Mannucci” di Fabriano, quell’amore lo ha trovato negli occhi felici di Annamaria.

In quel puntino d’universo che è stato l’aula del primo piano del liceo…

In quella meteora di tempo che è stata l’ora di religione…

I ragazzi hanno sentito con intensità che non hanno bisogno né di stima, né di gloria, né di altre cose simili, ma solo di amore!

Ladder leading to the heart shaped opening to the blue sky.

Da quel 5 luglio 1828 al 6 giugno 2017, niente è cambiato.

Siamo tutti cercatori di amore e quando ci sentiamo sfiorati dal suo passaggio, il cuore si emoziona e le lacrime scendono. Siamo predatori di felicità che corrono, ogni mattina, nella savana del XX secolo.

E’ una corsa difficile dove, ogni istante, ci viene detto che non dobbiamo concederci la libertà di essere fragili. La parola d’ordine è: corri, sii prestante, invincibile e forte. La mattina usciamo dalla nostra camera con questa parola d’ordine che ci risuona nelle orecchie. Poi, la sera, torniamo in quella stessa camera, sfiniti perché non ci siamo potuti prendere il lusso di essere noi stessi.

Annamaria, in ogni cuore della classe, con poche parole dette col sorriso, ha rimesso in circolo la nostalgia della verità.

La mattina del 6 giugno 2017, unaragazzina con la sindrome di down, ci ha raccontato che la felicità è nell’essenziale e l’essenziale è nell’amore.

E’ solo l’amore che ha il potere di farci sentire parte di un “tutto, dove niente è fuori posto e nessuno è un “problema. La teoria della vita come tutto rende onore ad ogni originalità dell’esistenza, aprendo i nostri occhi alla meraviglia.

E’ in quel momento sacro che la vita ha presa su di noi, ci rivela che siamo fortunati a possederla e noi ci diamo il permesso di piangere di commozione. 

Bosso, pianista, compositore e direttore d’orchestra e che dal 2011 convive con una malattia neurodegenerativa progressiva, a Sanremo ha detto «La musica come la vita si può fare solo in un modo, insieme»

 

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2 commenti su “Voglia di felicità… e quel cromosoma in più che ce l’ha!”

  1. Cristina buongiornooooo e GRAZIE di questo meraviglioso post!!!
    Oltre che a complimentarmi con te ma ormai è assodata la tua bravura, desidero vivamente complimentarmi con i tuoi stupendi e strabilianti studenti (altro che i giovani d’oggi sono insensibili…menefreghisti ecc….) ma soprattutto fare un immenso elogio ad ANNAMARIA, splendida, meravigliosa e amorevole creatura.
    Sai Cristina, ho avuto modo di conoscere persone con la sindrome di down e devo dirti che la primissima cosa che ho notato in loro è stata proprio la loro “smisurata” affettività, solarità e genuinità, peculiarità importanti e vitali per l’ESSERE … che molti, che si reputano “normali”… , purtroppo non hanno!!!
    Vi aspetto a settembre con il seguito….
    Un fortissimo abbraccio e che la Benedizione di Nostro Signore possa scendere in abbondanza su di ognuno.

    1. Carissima Lella, bello condividere “l’animo” dei ragazzi.
      Hai visto che bellezza c’è nei loro cuori?
      “La sedia che scotta” è un momento molto cercato.
      Perché si può parlare senza essere criticati, ma solo ascoltati.
      Si può camminare nella “terra dei dubbi”, con il gusto di filosofeggiare sulla vita.
      Viva la vita di tutti noi!
      Come siamo, siamo! 😉

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