Lo vedete questo momento?
Li vedete questi volti?
E’ l’ultima lezione in una quinta classe.
E’ una foto che rappresenta la fine di un esperimento durato cinque anni.
Dai loro quattordici anni, quei visi hanno litigato e fatto pace.
Riso e pianto.
Si sono abbracciati e si sono respinti.
Li ho visti ostinatamente silenziosi e provocatoriamente eloquenti.
Ed ora?
Racconto solo un aneddoto.
Nella penultima lezione una ragazza, ad un certo punto, si è alzata ed è uscita velocemente con le lacrime agli occhi (a volte capita di raccontare o spiegare eventi, che entrano nel cuore altrui con troppa foga). In pochissimi secondi ho visto la classe organizzarsi per aiutarla, senza darlo a vedere. Nessuno ha fatto commenti. Nessun gossip da quattro soldi si è intrufolato nella lezione. Nel silenzio raccolto, si sono fatti avanti sguardi d’intesa; un paio di studenti sono usciti in punta di piedi per andare a prendersi cura di quelle lacrime e la lezione è continuata, sotto il controllo di tutti.
Unitissimi.
Negli anni passati non è stato sempre così.
Baruch Spinoza diceva che “La pace non è assenza di guerra: è una virtù, uno stato d’animo, una disposizione alla benevolenza, alla fiducia, alla giustizia”.
In poche parole: è una conquista. Ed in questa classe, conquista è stata!
Erano tutti davvero tanto diversi. Per religione (islamici, cristiani, sikh, comesietesiete…); per origini etniche (albanesi, marocchini, italiani, tunisini, bengalesi…); per carattere (timidissimi, estroversissimi e tutti gli “issimi” esistenti).
Eppure poche settimane fa uno di loro ha detto: “Prof, io ringrazio la vita per avermi regalato l’opportunità di passare cinque anni in questa classe. Stare con ragazzi di tutto il mondo e con tutte queste diversità, mi ha aperto la mente e questo me lo porterò dietro per tutta la vita”. E mentre Filippo pronunciava queste belle parole, il resto della classe annuiva, sorridendo felice di quella “convivenza pacifica” conquistata anche con battaglie quotidiane.
Ricordo quando, in terzo, noi insegnanti ci sentimmo disarmati di fronte alle divisioni interne della classe. Ognuno di noi aveva tentato, come poteva, di attutirle. Dialoghi, minacce, incoraggiamenti, out-out… ma niente! Nulla sembrava essere risolutivo. Così eravamo arrivati alla grande decisione: il cambiamento forzato dei loro posti, per mettere uno stop ai gruppetti che si auto-isolavano ed isolavano. Rammento la loro reazione quando annunciammo che, dal giorno dopo, i loro posti sarebbero stati cambiati. Apriti cielo!
“Ma voi insegnanti davvero credete che obbligarci a star vicino a chi non vogliamo, creerà un clima più unito in classe?”.
Un’ora di spiegazioni con loro, senza arrivare a nessuna apertura.
Anzi.
Però…però qualcosa di bene si muoveva.
Sempre e nonostante tutto.
La loro sincerità irriverente e il loro desiderio istintivo di cose giuste, facevano costantemente da apri pista a cose buone e belle.
Ed ora, guardare la foto di questa classe, in un momento storico dove tutto il mondo sembra essere sottomesso alla paura del diverso, è molto interessante; perché lì, in quei volti, per cinque anni, ho visto all’opera le tattiche per riuscire ad andare d’accordo, pur restando dipinti di mille colori diversi.
Charles Evans Hughes diceva che “Quando perdiamo il diritto di essere differenti, perdiamo il privilegio di essere liberi”. E’ vero.
Ma come riuscire ad essere liberi e felicemente differenti?
La prima cosa che ho notato in questi cinque anni, è stata la presenza costante di una sana ironia e di conseguenti risate liberatorie.
Non sto parlando del sarcasmo, ma dell’ironia, cioè di quell’elemento della felicità che ci rende leggeri ed amici. La classe, man mano, è diventata un posto migliore, grazie proprio a quel non prendersi troppo sul serio.
La seconda cosa buona è stata accettare le paure, per potersene poi liberare.
Prendiamo ad esempio la paura del terrorismo islamico e la conseguente paura degli islamici.
Ricordo che in una lezione del terzo anno, dopo un attentato pazzesco dei fondamentalisti, li vidi fare un vero e proprio “tutti contro uno”, dove l’“uno” era rappresentato dai loro compagni islamici.
Era l’anno in cui avevamo organizzato un convegno cittadino intitolato “Noi e l’Islam” e tutti erano super coinvolti dalla tematica.
Le domande ai compagni islamici furono tremendamente chiare, lasciando da parte ogni “politically correct” e facendo spazio ad ogni tagliente punto interrogativo: “Voi dite che l’Islam è…ma allora perché…?”
Ed i compagni islamici rispondevano, spiegavano e si documentavano.
La lezione seguente tutti arrivavano con nuovi dati ancora più precisi, per controbattere ed approfondire.
Ma mai (e dico MAI!) li ho visti anteporre la religione alle persone.
E poi, alla fine, arrivava sempre la famosa “ironia” di cui parlavamo sopra, portando con sé la leggerezza delle risate e la bellezza dell’amicizia. Si sa: ironia ed intelligenza sono sorelle di sangue.
Per questo la religione non è mai diventata più importante delle persone e la paura generalizzata degli islamici non li ha mai ghermiti.
Avevano subito capito che dietro l’attuale terrorismo non c’è nessuna religione, ma la prepotenza umana che è (purtroppo) senza fondo.
Il terzo punto di forza è stato il vivere in un ambiente scolastico multietnico, multiculturale, multi-tutto!
Tra cene in pizzeria, feste nei week-end, aiuti reciproci nelle interrogazioni, viaggi condivisi ed innamoramenti vari, le differenze scomparivano e nessuno ci faceva più caso.
Il mondo continuava a dividere gli uomini in gruppi e sottogruppi, mentre gli studenti del Morea (e qui includo tutta la scuola!) vivevano liberi come l’aria.
Ci accorgemmo di questo differente modo di vivere, il 22 dicembre 2014.
Quella mattina Michael (il rappresentante d‘Istituto) mi mandò questo messaggio: “Prof, l’ha visto lo striscione all’entrata della scuola?”.
“No! Quale striscione???”
“L’ho trovato per terra, di fianco al cancello dell’entrata della nostra scuola. L’ho raccolto ed ora ce l’ho con me. Lo vuol vedere?”
E certo che lo volevo vedere. Di più: invitai i ragazzi a srotolarlo in Aula Magna durante l’Assemblea Generale. Non potevo lasciarmi sfuggire l’occasione di presentare agli studenti, su un tappeto d’onore, Mister Vigliaccheria. Dovevo farlo perché le più gravi bassezze della storia non sono state commesse dalle più grandi canaglie, ma dai vigliacchi e dagli incapaci.
La vigliaccheria si apposta nel buio ed agisce in modo subdolo e nascosto; proprio come l’andare di notte nel cancello d’ingresso di una scuola pubblica ed attaccarci uno striscione delirante.
La frase diceva: “L’integrazione non esiste”.
Mi colpì il tono perentorio, categorico, senza punti interrogativi. Eppure sono proprio quest’ultimi che fanno spaziare la nostra mente. Evidentemente i personaggi che avevano scritto lo striscione, vivevano solo di punti esclamativi: orgogliosi, dritti, rigidi… come le loro menti.
Ma quello striscione ottenne l’effetto contrario, perché chi aveva voluto comunicarci (di notte e di nascosto) la propria verità studiata sui banchi dell’ideologia facile, non sapeva che al Morea era da un pezzo che avevamo iniziato a confondere gli stranieri con i nostri fratelli, ponendo fine a qualsiasi tipo di conflitto.
Ed ora?
Sono anni che da noi non ci si indica più con “l’immigrato” o “il profugo” o “lo straniero”, ma semplicemente con i nomi che portiamo meravigliosamente appiccicati addosso.
Da noi la notte dell’ignoranza è finita da un pezzo ed il giorno è illuminato dalle battute ironiche che si fanno i ragazzi tra loro, senza timore di offese reciproche, perché il bene che circola, è autentico.
Riuscite a vederlo nel sorriso dei ragazzi della foto?
Loro non daranno mai a nessuno il potere di renderli ottusi: gli è piaciuto troppo giocare nella stessa squadra per cinque anni!
“Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme.
Là il Signore dona la benedizione
e la vita per sempre”(Salmo 133)
P.S. Ieri sera, mentre stavo finendo questo post, mi è arrivato un messaggio di un mio alunno del secondo anno. L’ho letto. Ho sorriso ed ho pensato di condividerne una parte qui. “Buonasera prof, le volevo rubare poco tempo solo per ringraziarla per le ore passate insieme in questo anno…perchè ogni volta che uscivo da quell’aula, ero un po’ diverso ed un po’ più consapevole di com’è il mondo… ed infine la ringrazio per avermi fatto aprire il cuore a tutti, senza guardare il colore della pelle o la propria cultura. Grazie di tutto ed al prossimo anno!“. Bravi studenti stanno arrivando al diploma e bravi studenti cammineranno ancora con noi insegnanti. Che bel lavoro quello di imparare la vita insieme ai ragazzi! <3
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Cara Cristina,
buongiorno e grazie di questo ultimo capolavoro multicolor che spero leggano in tantissimi!!!
In primis voglio complimentarmi sia con il corpo insegnanti e sia con i vostri meravigliosi studenti per l’edificante percorso “ad ostacoli”, ostacoli che hanno origine di base dall’ignoranza, da preconcetti, da pregiudizi e da pressioni mediatiche, svolto nel corso degli anni e, di conseguenza, per i risultati ottenuti che sono visibili e tangibili e da cui potremmo prendere ottimi spunti di “crescita” e “integrazione”.
Ottimi spunti si potrebbero prendere anche dalla natura stessa, abbiamo idea delle infinite varietà esistenti tra i fiori, le piante, gli animali ecc. avete mai sentito litigare una rosa con un giglio? oppure un pino con un acero? Certo gli animali uccidono ma per sopravvivenza e per la loro natura stessa non per falsi ideali, per antipatie, per soprusi per egoismo e chi più ne ha più ne metta …
Oh se imparassimo ad osservare la natura, vedere come tutto è armonico e farne tesoro …
A volte mi domando, ma ha così importanza se uno è bianco o è giallo o e nero??? O se uno è cristiano, o ortodosso o islamico???
Come hai ben detto e i ragazzi hanno ben colto, è la persona la “cosa” più importante, viene prima di tutto, il resto è un contorno che può essere o non essere condiviso ma non deve essere discriminante: l’altro/a è un altro me!!!
Concludo lasciando saluti e abbracci per tutti …e un GRAZIE immenso a te Cristina che sei proprio una bella persona.
P.S. (so che ti piacciono …)
come potrei nn ricordare il grande Lucio Dalla …grande poeta con una profonda interiorità, ha scritto cose bellissime, da brivido e talune se ascoltate con gli occhi chiusi ti permettono di …spiccare un volo fantastico.
A presto cara Cristina