Ieri ho ricominciato a passeggiare

Ieri ho ricominciato a passeggiare.
Ho iniziato di nuovo a scrutare la natura.
Ho ripreso a fare le foto.

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Grati alla Primavera!

La primavera ci racconta che la vita è un dono.
Che non ce la siamo meritata.
Che non l’abbiamo conquistata.
Ma che semplicemente la dobbiamo amare e rispettare.
E da lei dobbiamo imparare il grande dono della gratitudine. ????

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I petali delle nostre giornate!


Parcheggio.
Ripenso all’ultima cosa vista: una persona in cerca di rinascita e dignità contro un personaggio travestito da giudice. Avete presente “Il giudice” di De Andrè?????
Ogni tanto si incontrano nella realtà.
Sono persone con un metro e mezzo di statura e con il cuore “troppo, troppo vicino al buco del culo” (non è colpa mia se De Andrè è stato così spietatamente sincero nello scriverne il testo).
Discussione con il “giudice”: fatto!????

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Li ho visti da lontano. Spiccavano tra la terra fangosa.
Tre fiorellini luminosi nati nel punto del prato che, lo scorso settembre, avevo “capovolto” per metterci l’altalena per le nipotine.
In quell’angoletto l’erba, ovviamente, non c’è.
Vi è solo terriccio.
Eppure, in quell’angoletto, sono spuntati tre fiorellini. Bellissimi!????????????
Li ho fotografati perché mi sono sembrati tre eroi, testardamente attaccati alla voglia di colorare la terra.
Me li immagino dire: “Cascasse il mondo, noi a primavera rinasciamo!????
Intorno a loro non ci sono altri fiori.
Ma non si sono lasciati andare al pessimismo che dice: “Da soli che possiamo fare? Mica possiamo cambiare il mondo!”
Perché lì, in quell’angoletto incolto, quei tre hanno davvero cambiato l’intero paesaggio.
Anzi…forse se fosse stato pieno di fiori come l’ultima primavera, neanche ci avrei fatto più di tanto caso.
Quando siamo nel fango della vita, capita sempre di trovare dei fiori da qualche parte.
Ed è proprio nella melma che li vediamo meglio.
Possono essere incontri, canzoni, bravi medici, un bel libro, pensieri belli, carezze, amici fidati, film che ci ispirano, una passeggiata rilassante, un consiglio fondamentale, la scoperta di un nuovo hobby, un messaggio inaspettato…
Ci sono fiori che spuntano dal fango!
Ed è proprio il fango a farceli notare ancora di più.
Stamattina, per la prima volta, dopo un anno e mezzo, mi sono svegliata senza più scadenze chirurgiche importanti. Ieri l’ultima medicazione ospedaliera e tanta gratitudine.
Un anno e mezzo che ho affrontato con immensa serenità grazie a dei personal trainer che ho avuto sempre accanto. Tutti fiori spuntati nel fango della mia vita.
Telefonate inaspettate, incoraggiamenti importanti, condivisioni vitali, sorrisi meravigliosi, messaggi strapieni di amore…
Probabilmente, se non ci fosse stato fango, neanche li avrei memorizzati tutti così bene. Ma col fango intorno, ogni gesto brillava in mezzo al pantano.
In quest’anno e mezzo ho conosciuto tante persone, ho conosciuto meglio perfino me stessa ed ho capito solo una cosina.
Piccola.
Quasi ovvia.
Ed è che per arrivare in fondo al tunnel, è utile fare un passo alla volta. Piano, piano. Giorno per giorno.
Lamentarsi del possibile domani è una specie di autodistruzione.
Stare vicini ed uniti nell’oggi, è la salvezza.
Un po’ come quando si va in una metropolitana piena e ti reggi in piedi anche se non ti tieni da qualche parte, grazie alle persone che ti stanno intorno (un paragone strano in tempo di Covid e di lotta agli assembramenti).

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Ti direi: “Spegni la luce che il Cielo c’è!”

In questi giorni sto finendo di leggere “La fine è il mio inizio” di Tiziano Terzani.
È un dialogo meraviglioso che lui ha fatto con il figlio, nei suoi ultimi giorni passati sulla terra.
Ad un certo punto gli dice:
” L’altro giorno la mamma mi ha chiesto <Se qualcuno telefonasse e ci dicesse di aver scoperto una pillola che ti farebbe campare altri dieci anni, la prenderesti?> e io istintivamente ho risposto <No!>
… guarda la natura da questo prato, guardala bene e ascoltala. Là il cuculo; negli alberi tanti uccellini – chi sa chi sono? – coi loro gridi e il loro pigolìo, i grilli nell’erba, il vento che passa tra le foglie. Un grande concerto che vive di vita sua, completamente indifferente, distaccato da quel che mi succede, dalla morte che aspetto.
Le formiche continuano a camminare, gli uccelli cantano al loro Dio e il vento soffia.
Che lezione!
Per questo io sono sereno.
Da mesi dentro di me c’è un centro di gioia che irradia in ogni direzione. Mi pare di non essere mai stato così leggero e felice. E se mi chiedi: Come stai? ti dico: Io sto benissimo, la mia testa è libera, mi sento meravigliosamente!”

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C’è più gioia nel rinascere che nel nascere

Ricordo che era settembre 2017.
Stavo guardando gli oleandri che avevo piantato sette anni prima.
Belli. Alti.
Appunto: alti.
Io invece li volevo più “larghi”, più folti.
E così quel settembre di tre anni fa, con l’ardire della giardiniera che voleva gli oleandri folti come non mai, li potai come non ci fosse un domani, con tutta la concentrazione possibile sul “tutto&subito”.
Ero decisa: l’anno dopo io avrei avuto gli oleandri foltissimi.
Che disgrazia quando il nostro ego diventa come un blocco di cemento che si muove in una cristalleria.
Quell’anno ho fatto un disastro: ho quasi ammazzato tutti gli oleandri!
Sigh.

La primavera seguente ricordo il giardiniere che non sapeva come dirmi che avevo praticamente distrutto un’intera parete di oleandri.
Lui, delicato e gentile, mi stava parlando come un medico rianimatore che doveva avvertire i parenti stretti che, al loro familiare, non restava che staccare i macchinari e… amen.
Ei fu.
Io, addolorata e pentita, prima di mordermi i gomiti e tagliarmi le mani per quella potatura assurda fatta l’autunno precedente, tentai il tutto per tutto e presi l’estrema speranzosa decisione: “Per ora non li estraiamo. Li curerò. Li concimerò. Li poterò con delicatezza. E vediamo cosa succederà…”.

Rattristata e piena di sensi di colpa, iniziai l’operazione “salvataggio degli oleandri” 

Ricordo che nell’estate 2018 per ogni germoglio che vedevo spuntare, gioivo solitaria e felice.
Piano piano vedevo trasformarsi dei rami rinsecchiti in legni verdi portatori di vita. Continua a leggere C’è più gioia nel rinascere che nel nascere

La guarigione dello sguardo

Ha gli occhi socchiusi tipici di chi è stato abituato dalla Vita a scrutare l’orizzonte con la massima attenzione e le sue rughe raccontano una vita non facile, ma sicuramente “vissuta”.
E’ seduto davanti a me e mi chiede calmo: Siete in tre?
“Sì” rispondo sorridente.

Quest’anno la fioritura di Castelluccio l’ho voluta regalare alle due nipotine più grandi.
Una specie di attestato di garanzia valido per sempre, atto a certificare che la vita è davvero meravigliosa.
Così, per festeggiare il sole ed i papaveri, abbiamo deciso di farci un romantico giro tra i fiori della Grande Piana di Castelluccio, su un carro trainato da fieri cavalli.
Il signore dagli occhi socchiusi e dallo sguardo penetrante, ci accompagnerà.

Ho una specie di sesto senso per le persone.
Mi accade spesso.
Incontro una persona per caso, in circostanze assolutamente fortuite e “sento” con misteriosa certezza che da lei potrò imparare qualcosa di prezioso.
Il 30 giugno 2020, alle 14.30, sotto il sole cocente della grande Piana, ho “sentito” che valeva la pena ascoltare Gilberto (mi dirà il suo nome solo alla fine del giro quando, oramai scesi dal carro, gli ho chiesto il permesso di scrivere almeno un po’ del tesoro di esperienze che mi ha raccontato nella mezzora di passeggiata a cavallo).
Tutto è nato con la mia domanda iniziale, ispirata dal ritmo antico degli zoccoli dei cavalli: “Mi scusi, ma lei è nato qui?”
E poi sono stata catapultata nel film storico di Gilberto. Continua a leggere La guarigione dello sguardo

Gli alberi sono il grande alfabeto di Dio

Cammino e li guardo. Quelle poche volte che esco per la spesa, mi ci incanto con lo sguardo.
Sono gli alberi.
Sono l’esplosione lentissima di un seme.
Li vorrei abbracciare.
Esco nel giardino che, tanti anni fa, era solo un prato fangoso, e li contemplo.
Per me gli alberi sono sempre stati i miei predicatori più persuasivi. Mi costringono ad alzare lo sguardo verso il Cielo, anche quando non ci penso.
Mi calmano.
Quando tutto intorno a me sembra cedere e cadere, il loro tronco forte mi regala forza e le loro foglie che spuntano senza sosta, mi invitano a fare spazio alla serenità.


Calmati!
Sta andando tutto bene.
Non sei Dio e non sarai tu a cambiare il mondo.
Però puoi cambiare il tuo sguardo.
Guarda i fiori di oggi e ricorda le tracce invisibile di loro che già vedevi nei germogli di ieri.
Rasserenati tra i colori che entrano in perfetta armonia con l’azzurro del Cielo e non farti trarre in inganno dall’inverno della vita.
Che i tuoi occhi siano vigilanti, come vedette nella notte, per poter scorgere le invisibili tracce di quel mondo nuovo che ti sto già raccontando.
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Lettera aperta alla primavera

Carissima primavera, ti sto aspettando.
Ogni anno, fedelmente, ti sono venuta a cercare nei campi;
quest’anno ti spalanco le porte della mia casa.
Entra che ho fretta di abbracciarti!
Portami l’infinita pazienza di ricominciare.
Cullami nell’onda calma della rinascita.
Sussurrami: “Non ti angosciare; sta andando tutto bene”
Che se me lo dici tu, con le violette come prova, io ci credo.

Dolcissima primavera, i rami nudi ti stanno aspettando.
I pensieri pessimisti ti stanno snobbando.
Ed io quest’anno ti amo più che mai.
Ho bisogno di te per sussurrare a me stessa
che niente mai più tornerà come prima.
Che poi sarà meglio.
Che avremo imparato a curare i lividi della terra.
E ogni creatura umana sarà il verso di un’unica poesia.
Così come ogni margherita è parte di un unico prato.

Attesissima primavera, fammi amare la speranza più che il lamento.
Guarda con affetto la fragilità di un papavero e la mia,
poi sussurra ad entrambe “Siete entrambe bellissime!”.
Allora io ti racconterò che, a volte, mi sento come una foglia in autunno.
E tu mi narrerai il lieto fine della vita facendo sbocciare i ciliegi. Continua a leggere Lettera aperta alla primavera

Nonna, ma com’era il mondo al tempo del coronavirus?

“Nonna ma com’era la vita al tempo del coronavirus? Ieri la professoressa di filosofia ci ha parlato del coraggio di andare avanti a piccoli passi e ci ha raccontato del 2020”

“Guarda, ti voglio far vedere queste foto. Sono fiori che ho fotografato a san Silvestro la mattina del 7 marzo 2020.
Tutto era silenzio.
L’aria era frizzantino e pura.
Io ero sola e cercavo, intorno a me, la primavera.

In quei giorni gli italiani stavano distanti, in attesa di potersi riabbracciare.
Le strade erano deserte.
Il silenzio della città ti metteva di fronte al quesito: “È inquietante o è rassicurante?”.
Ma la primavera non sapeva nulla ed i fiori continuavano a sbocciare.
Ed il sole a splendere.

Fu l’anno in cui si poteva uscire solo per fare la spesa e altre cose vitali.
Dopo poco chiusero tutto.
La polizia iniziò a controllare chiunque era fuori casa.
Perché non c’era più spazio per tutti negli ospedali
E la gente si ammalava
Ma la primavera non lo sapeva e le violette, in quel marzo 2020, spuntarono.

L’11 marzo del 2020 tutti furono messi in quarantena obbligatoria.
Proprio tutti!
Le mascherine non si trovavano più.
La paura diventò reale
Le giornate sembravano tutte uguali.
Ma la primavera non lo sapeva e le margherite tornarono a fiorire.

Poi qualcuno iniziò a capire la lezione.
Chi leggeva, chi scriveva lasciando libera l’immaginazione, chi telefonava alle amiche per scambiarsi affetto, chi imparava una nuova lingua, chi guardava bei film e chi cucinava ciambelloni fatti in casa.
Qualcuno, separato dalla consueta vita quotidiana, l’amò con tutto se stesso!

In quei giorni ognuno si svelò per quello che era.
Chi smise di scendere a patti con l’ignoranza e chi divenne ancora più stupido.
Chi aiutò gli altri con la prudenza e chi fece della spavalderia la sua tremenda bandiera.
Fu l’anno in cui si capì l’importanza della salute e degli affetti veri.
L’anno in cui il mondo sembrò fermarsi
e l’economia andare a picco.
Ma la primavera non lo sapeva e i fiori lasciarono il posto ai frutti.

E poi arrivò il giorno della liberazione
Eravamo alla tv e il primo ministro disse a reti unificate che l’emergenza era finita
Il virus aveva perso.
Noi italiani avevano vinto insieme!

E allora uscimmo per strada con le lacrime agli occhi.
Senza mascherine e guanti.
Abbracciando il nostro vicino come fosse nostro fratello
E fu allora che arrivò l’estate!

Ma quel 7 marzo 2020 la primavera non lo sapeva tutto questo e quella mattina mi insegnò la forza della vita”

Viva la vita! 

 

 

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