Il “sogno di Dio” ha chiuso gli occhi e li ha riaperti in Cielo

«Vergine madre, figlia del tuo Figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’eterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ‘l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese l’amore per lo cui caldo ne l’eterna pace così è germinato questo fiore».

 

Solo la poesia e l’arte può raccontare il sogno di Dio chiamato “Maria”.

Un’adolescente ha camminato per le strade di un paesino piccolo e insignificante di questa nostra terra, incinta di Colui che l’aveva prima sognata e poi posata sulla terra.

La Parola divina che crea e risorge, non ha disdegnato di farsi suo figlio.

E la carne di Maria ha tessuto la carne del Figlio di Dio, durante nove mesi di poesia perfetta.

Poi lui nasce, cresce, lavora, parla al mondo, guarisce, abbraccia, ama ed infine viene arrestato, torturato, ucciso.

Poi risorge.

E Maria?

Con Maria la poesia continua.

Lei invecchia nell’amore per quel figlio di cui sentiva un’immensa nostalgia ed infine torna in Cielo per riabbracciarlo con il suo cuore di “madre per sempre”. 

Ma come muore?

E come è in paradiso, ora?

Teologi e cristiani se lo sono chiesto per tanto tempo, partendo da una premessa importante: Maria è nata senza peccato originale.

La morte (così come la viviamo noi) è tremendamente ancorata al “peccato originale”, cioè è diventata un’esperienza terribile, scaturita con quell’allontanamento dalla Fonte della Vita che la creatura umana ha voluto testardamente provare fin dall’inizio.

Da quel momento ogni cespuglio per nascondersi da Dio è stato cercato, ogni dubbio sul suo amore è stato provato, ogni possibile foglia di fico per coprire la nostra nudità (e non mi riferisco al corpo fisico) è stata inventata.

 

Ne è nato uno squilibrio del creato che ancora oggi, purtroppo, vediamo sotto i nostri occhi. 

Ma poi ecco Maria, la poesia di Dio. 

L’antico sogno divino di unire la volontà del cielo e della terra, facendone un paradiso terrestre, era di nuovo sotto i nostri occhi.

Un sogno nato senza peccato originale e che, quindi, non poteva passare dalla terra al Cielo con quel dramma chiamato “morte”.

Cioè: la morte c’è stata, ma non come la conosciamo noi.

Tutto è avvenuto com’era nel sogno iniziale di Dio. 

Da qui, mille domande che i cristiani si sono fatti per secoli.

Com’è stato il passaggio con Maria?

Come ha raggiunto il Paradiso?

Come mai, sulla terra, non è stata mai trovata la tomba di Maria?

Dove è morta?

Chi era accanto a lei nel passaggio dalla terra al Cielo?

 Il 1º novembre 1950, papa Pio XII proclama al mondo un dogma: «La Vergine Maria, completato il corso della sua vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo» (costituzione apostolica Munificentissimus Deus).

Parole che volutamente non chiariscono se l’Assunzione di Maria (cioè il suo essere entrata in paradiso anche con il suo corpo) sia stata preceduta o meno da sonno profondo o da morte naturale (Dormitio Virginis, espressione che in effetti può riferirsi sia ad un sonno che alla morte naturale). 

Allora oggi voglio rileggere, insieme a voi, la visione che ebbe la beata Anna Caterina Emmerick.

E’ la descrizione di questo grande mistero chiamato “Assunzione” o “Dormizione”

Ho preso questo scritto da un libro che acquistai anni fa: “La vita della Madonna secondo le contemplazioni di Anna Caterina Emmerick”

Buona lettura a chi vorrà. Continua a leggere Il “sogno di Dio” ha chiuso gli occhi e li ha riaperti in Cielo

Le ultime ore di vita di padre Kolbe

Quando uno dei dieci condannati, Franciszek Gajowniczek, scoppiò in lacrime dicendo di avere una famiglia a casa che lo aspettava, Kolbe uscì dalle file dei prigionieri e si offrì di morire al suo posto. In modo del tutto inaspettato, lo scambio venne concesso: i campi di concentramento erano infatti concepiti per spezzare ogni legame affettivo e i gesti di solidarietà non erano accolti con favore.

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Tu ci sei, questo basta!

Carissima Chiara,
io un po’ mi ti immagino uscire di casa, in piena notte, giovanissima diciottenne, in compagnia di un’amica fidata.
Ti vedo attraversare silenziosamente Assisi e poi scendere veloce nel bosco fino alla Porziuncola.
Coraggio, fede e gioia ti stavano accanto e facevano il tifo per Te.
Aiuta anche me ad uscire di notte per percorrere il bosco della vita ed arrivare fino alla Porziuncola che Dio ha preparato per me.
Coraggio, fede e gioia ti chiedo! ????????

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Chiara e la benedizione del pane

Papa Gregorio IX era in Assisi e non poteva ripartire senza tornare tra gli olivi di San Damiano, dove si respirava la pura aria del francescanesimo.
Avvertita per tempo, questa volta Chiara, aiutata dalle compagne, aveva ornato di fiori la chiesa, aveva unto di olio le tavole della mensa, e cosparso di rami d’olivo la stradicciola che scendeva al convento.
Papa Gregorio IX si trattenne qualche tempo ad Assisi e prima di partire volle tornare a San Damiano… Il Papa benedisse le povere donne di San Damiano e rivolse loro un discorso da padre a figlie. Chiara lo stava ad ascoltare, estatica. Per quanto ella fosse molto avanti nella pietà e nella devozione, ogni parola del Papa le pareva un dono inestimabile…Intanto il tempo passava e già l’ora di mezzogiorno era da un pezzo scoccata, quando Chiara s’accorse che ormai il Sommo Pontefice non poteva tornare ad Assisi per il desinare.
Confusa, ma pronta, fece immediatamente preparare la mensa. Non c’era però che pane; pane duro ricevuto in elemosina. Chiara fece disporre le pagnotte sulle rozze tavole del refettorio, e, inginocchiata, pregò il Papa di benedire la mensa.
Il Papa rispose: Suor Chiara fedelissima, io voglio che benedica questo pane tu, facendovi sopra il segno della croce di Cristo.
Santissimo Padre, ribatté Chiara, perdonatemi, ma sarei degna di rimprovero, se, dinanzi al Vicario di Cristo, io, che sono una povera donna, presumessi di far questa benedizione.
Ma il Papa rispose ancora: ……io ti comando, per santa obbedienza, che sopra questo pane tu faccia il segno della croce, benedicendolo nel nome di Dio.
Chiara non si poteva rifiutare all’ordine del Sommo Pontefice.
Si alzò in piedi e con la mano destra tracciò in aria una gran croce, invocando il nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Allora il Papa vide, e videro i Cardinali, i Prelati del seguito e le «povere donne» che erano intorno, come sopra ogni pagnotta fosse apparso, per miracolo, un segno profondo: una croce quasi intagliata nella dura crosta del pane.”
❤

La mistica, l’acqua ed il fuoco!

Lei è Rābiʿa al-ʿAdawiyya al-Qaysiyya, o semplicemente Rābiʿa al-Baṣrī.????
E’ nata e morta a Bassora (717- 801)
E’ stata una meravigliosa mistica araba musulmana e, ad oggi, è ancora la donna sufi più venerata.
Il sufismo, semplificandolo al massimo, potremmo definirlo come la parte più interiore, ascetica e spirituale del mondo islamico, nata per preservare la comunità dal rischio di un irrigidimento della fede e/o di un letteralismo arido e legalistico.
Rischi che, purtroppo, tutte le religioni del mondo corrono. Nessuna esclusa!
La storia ce ne ha dato drammaticamente le prove.
Ma torniamo alla nostra splendida Rābiʿa.
Il sufismo diede alle donne la possibilità di elevarsi al rango di “asceti” e la nostra Rābiʿa lo fu talmente tanto che si guadagnò l’appellativo di “madre del sufismo”. ????????

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Al sorgere del sole

Stamattina mi sono alzata presto per vedere l’affacciarsi della luce in questa giornata. ❤
Non riesco più a dare per scontato l’alba.
Qualsiasi alba.
Dico la verità: più si avvicinano i miei complessi controlli medici trimestrali e più mi commuove la Luce della vita.
Mi commuove che oggi sia il compleanno di un mio immenso amico ed io abbia la felice possibilità di fargli gli auguri ????
Mi commuove che quella creatura che ha abitato per anni accanto alla mia casa, da ieri sera ha spiccato il suo volo verso Dio ed ora ci sta guardando con i suoi occhi di Cielo.????

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Riposatevi un po’!

«Venite in un luogo solitario in disparte e riposatevi un po’» (Mt.6,31)
Allora lo sai che abbiamo bisogno di riposo!????
Allora è vero che ci conosci più di noi stessi! ❤

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Grazie Paolo!

“Caro Paolo, da venti lunghi anni hai lasciato questa terra per raggiungere il Regno dei cieli, un periodo in cui ho versato lacrime amare; mentre la bocca sorrideva, il cuore piangeva, senza capire, stupita, smarrita, cercando di sapere. Mi conforta oggi possedere tre preziosi gioielli: Lucia, Manfredi, Fiammetta; simboli di saggezza, purezza, amore, posseggono quell’amore che tu hai saputo spargere attorno a te, caro Paolo, diventando immortale. Hai lasciato una bella eredità, oggi raccolta dai ragazzi di tutta Italia; ho idealmente adottato tanti altri figli, uniti nel tuo ricordo dal nord al sud – non siamo soli. Continua a leggere Grazie Paolo!

Irrigami e fammi fiorire!

IRRIGAMI E FAMMI FIORIRE ????????????????
Oggi piove mio Signore.
Oggi sarà l’occasione giusta per non dire: “Pure la pioggia ci si mette!”
Oggi dirò grazie per quella che, estati fa, avrei visto come un contrattempo.
Oggi sarà l’occasione per la felicità: “Piove e tutta la terra si disseta!”
Oggi anche io mi metterò sotto l’umile e preziosa pioggia.????????

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Un fulmine e tutto cambiò: si chiamava Martin!

E’ il 17 luglio 1505.

Lutero ha ventidue anni ed entra nel convento agostiniano di Erfurt.

Due anni dopo sarà ordinato sacerdote.

 

Questa sua scelta vocazionale era nata drammaticamente pochi giorni prima: il 2 luglio 1505Lutero stava tornando a Erfurt da Mansfeld, dove aveva visitato dei parenti. Ma nei pressi di Stotternheim, a pochi chilometri da casa, venne travolto da una tempesta.

Ebbe paura.

Corse.

Cercò invano di proteggersi dal temporale.

Ma poi…booom!

Improvvisamente un fulmine gli cadde vicino.

Lui era terrorizzato!

Quella belva lucente e improvvisa lo buttò a terra per ucciderlo e lui non sapeva se sarebbe riuscito a liberarsi dalle sue grinfie per arrivare a casa sano e salvo. Sommerso dai tuoni e dalla paura, corse verso casa facendo un voto disperato a sant’Anna: “Se mi salvo mi farò monaco!!!”

Si salvò. Due settimane dopo, il 17 luglio 1505, entrò nel convento degli agostiniani di Erfurt e iniziò il suo cammino di vita religiosa

Vocazione autentica?

Chi lo sa.

Il padre era convinto di no. Lo aveva già avviato allo studio del diritto e lo vedeva già giurista. Ed ora, invece, eccolo qua: improvvisamente chiuso in un monastero. Ma a Martin lo studio del diritto non piaceva. Forse il giovane – spirito poetico, amante della musica, sensibile al fascino della natura – sentiva già un impulso per la vita spirituale e contemplativa.

Chissà?

Poi arrivò quel temporale tremendo e lui fece quel voto che gli cambiò totalmente il corso della vita.

Ma un voto fatto col terrore accanto, può essere preso seriamente da Dio?

Martin non era educato a porsi certe domande. Era stato educato ad andare avanti a suon di regole e comandamenti, per poi procedere con obbedienza e pentimenti.

Quando studiai Lutero mi concentrai molto sulla sua vita “prima” della vocazione e sulla sua educazione familiare. Il padre, pur provenendo da una famiglia di contadini, era divenuto un piccolo impresario nel settore delle miniere di rame. La madre proveniva da una famiglia cittadina. Martin ci racconta di loro come di due genitori severissimi. Imputò alla loro durezza, per esempio, la sua timidezza.

Ebbe un’educazione familiare rigidissima, tanto che lui stesso affermò che aveva abbracciato la vita religiosa per sfuggire a questo clima.  Ovviamente quel clima familiare e quella severità influì molto anche sulla sua vita spirituale: ai suoi occhi Dio era un padre severo. Punto.

Scriverà lui stesso: “Mia madre una volta mi picchiò a sangue per il furto di una noce”; “Una volta mio padre mi frustò tanto che io scappai e l’ebbi in avversione finchè non si sforzò di riguadagnare il mio affetto”; “A scuola fui bastonato 15 volte in una sola mattina senza motivo. Mi fu chiesto di declinare e coniugare e non l’avevo studiato”.

L’atmosfera familiare era rude, volgare, rozza, devota. In quel tempo nelle credenze della gente incolta, si mischiavano elementi del vecchio paganesimo germanico con la teologia cristiana . Elfi, gnomi, folletti, fate, sirene, streghe, tritoni. A scuola si facevano inni e canti sacri: Sanctus, Benedictus, Agnus dei, Confiteor, Magnificat! In ognuno delle città in cui Lutero andò a scuola, c’erano chiese e monasteri.

Dappertutto campanili, conventi, preti, monaci di diversi ordini, collezioni di reliquie, suono di campane, proclamazioni di indulgenze, guarigioni nei santuari. A Mansfield Lutero ricorda di aver visto un diavolo uscire da un indemoniato.

Povero Martin. Poteva fare un voto a sant’Anna e poi illudersi di potersi sottrarre alla severità che lo intimava di essere obbediente e mantener fede alla promessa fatta?

Lutero voleva salvarsi l’anima e per farlo entrare in convento fu, ai suoi occhi, la scelta più coerente e giusta.

Lì la sua esperienza spirituale fu durissima. Penitenze, digiuni, preghiere…tutto faceva, pur di meritarsi un po’ di amore da quel Padre che non smetteva mai di osservarlo con occhi severissimi.

Si sentiva un peccatore incallito ed a niente servivano le parole del suo confessore Straupitz che, ironizzando amabilmente sui suoi peccati quasi infantili, lo incoraggiava a sorriderne: “Non Dio è irato con voi, ma voi siete irato con lui”.

Finchè venne travolto da un’altra tempesta spirituale: il momento tremendo della sua prima messa. Continua a leggere Un fulmine e tutto cambiò: si chiamava Martin!