Sulle omelie noiose e sulle opportunità perdute

annoiato_2732192Niente da fare: anche ieri è successo. D’estate è una vera tortura perché, viaggiando e andando a messa in altre città, mi capita spesso.

Cosa?

Sentire delle omelie disarmanti, noiose, pesanti, scontate e, per di più, moralistiche in modo vergognoso.

Sarà che nella mia diocesi ci sono alcuni sacerdoti bravissimi nel predicare e potrebbe anche essere che sono abituata troppo bene. Ma oramai, quando mi allontano dalla mia città, aspetto l’omelia con quel senso di resa di chi sa che l’attende l’ennesima predica pallosa.

omeliaLa speranza è che quei dieci minuti (o a volte venticinque, come è successo ieri dove il religioso che parlava si è fatto prendere dal sacro fuoco spirituale, passando da santa Chiara ai divorzi per traghettare infine nei meandri di internet) passino velocemente. 

Io mi ci arrabbio tanto per questa storia, perché per la maggior parte delle persone lì presenti, quelle omelie sono le uniche chances che hanno, di sentir parlare di Gesù da un prete. E vedere i volti annoiati e distratti è come toccare con mano un’occasione perduta.

20090331_sleepingchurch02« Basta pensare ai circa 15 milioni di fedeli che ogni domenica ascoltano le nostre prediche! Chi mai in Italia ha la possibilità di parlare tutte le settimane a tanti milioni di ascoltatori? Eppure si sentono lamenti… e non possiamo chiudere le orecchie»

 

Chi ha detto queste parole è stato Papa Francesco durante una sua recente omelia a S. Marta. Ed ancora:

Papa-Francesco

 

 

«Molti sono i reclami in relazione alle omelie domenicali … L’omelia è la pietra di paragone per valutare la vicinanza e la capacità d’incontro di un Pastore con il suo popolo».

 

 

 

Padre Piero Gheddo, su Tempi, ha scritto:

Two twin little sister girls whisper in ear“Indro Montanelli diceva a noi giornalisti suoi collaboratori: «All’uomo interessa l’uomo»; non i ragionamenti, le filosofie o teologie, ma l’uomo concreto, cioè la notizia, il fatto, l’esempio, l’esperienza. Il giornalismo mi ha insegnato che la cosa fondamentale per chi scrive è di conquistare l’attenzione di chi legge. Se non ti leggono – diceva Montanelli – è inutile che tu scrivi!». Lui conosceva tutte le tecniche e le malizie per farsi leggere. Lo stesso succede per chi predica: se non ti capiscono o non ti ascoltano, è inutile che tu parli! Papa Francesco è ascoltato volentieri perché racconta spesso i buoni esempi di cui è stato testimone, cita sua nonna ed episodi di quand’era arcivescovo di Buenos Aires. Nel nostro ministero noi preti abbiamo una quantità infinita di esperienze positive ed interessanti. Perché le raccontiamo così poco? È difficile che la gente non presti attenzione se un prete dice: «Una volta è venuto a trovarmi…». All’uomo interessa l’uomo!” 

predicaAlcuni anni fa ho incontrato ad Assisi il padre Pietro Sonoda, superiore dei francescani conventuali giapponesi, che aveva studiato in Italia e parla bene la nostra lingua. Mi diceva: «Qualche volta in Italia, anche alla televisione, mi capita di sentire le prediche. Se noi facessimo quelle prediche, non ci ascolterebbe nessuno. Il giapponese è pratico, pragmatico e vuol sentire qualcosa che gli dia coraggio e gioia, nella fede e vita cristiana».

Questo Papa, nella sua enciclica Evangelii Gaudium (al n. 159) ci ha detto una regola della comunicazione che sapevano persino gli antichi apostoli (che non credo avessero frequentato la facoltà di Scienze della comunicazione):

gioia-1024x680«Altra caratteristica è il linguaggio positivo. Non dire tanto quello che non si deve fare ma piuttosto proponi quello che possiamo fare meglio. In ogni caso, se indichi qualcosa di negativo, cerca sempre di mostrare anche un valore positivo che attragga, per non fermarsi alla lagnanza, al lamento, alla critica o al rimorso. Inoltre, una predicazione positiva offre sempre speranza, orienta verso il futuro, non ci lascia prigionieri del negativo».

Perché allora in un matrimonio debbo sorbettarmi la predica del prete che mi parla per quasi l’interamatrimonio omelia, dei tanti divorzi che ci sono oggi?

E dagliela a quegli sposi la bella notizia che Gesù sarà sempre con loro!!!

E rincuorali, dicendo che Dio lo troveranno tutti i giorni nella loro cucina a far colazione con loro e che quando faranno l’amore anche Dio gioirà con loro!

 

016_MadeinSud_29aprile2014A volte mi sembra di stare a Zelig quando sento certi toni enfatici di alcuni predicatori. Quei comici li imitano benissimo.

Altre volte gioco e “predire” cosa dirà il prete in quell’omelia. Ci sono concetti che si tramandano sempre uguali per anni…ma Dio non è noioso e non si ripete! Basterebbe collegare quel brano evangelico alla realtà ed alla vita ed il gioco sarebbe fatto!

L’omelia dovrebbe essere sempre un’esperienza di vita e non una prestazione da dover fare. 

Ratzinger-e-Wojtyla

 

Ogni tanto ripenso a quanto sia vera la battuta che fece Joseph Ratzinger quand’era cardinale: “Il miracolo della Chiesa è di sopravvivere ogni domenica a milioni di pessime omelie”. 

 

Sferzanti, umoristiche e perfino caustiche, le battute sull’omelia (omilein, conversare familiarmente, termine che compare per la prima volta in At 20,11 con questo significato), sono ormai così numerose da evidenziare un’emergenza pastorale.

noia_2“Nonostante trentamila prediche fatte ogni domenica, in Francia c’è ancora la fede” (Yves Congar)

“Nella messa, la Chiesa ha posto il Credo dopo l’omelia per invitarci a credere nonostante ciò che abbiamo ascoltato” (card. Tomas Spidlik)

“Non c’è nessun altro luogo in cui i volti sono così inespressivi come in chiesa, durante le prediche” (Francois Mauriac)

“La predica è utile perché mette a dura prova la fede di chi ascolta” (Julien Green) 

Questo tallone d’Achille delle nostre liturgie, lo dobbiamo estirpare, perché è nell’omelia festiva che, secondo i vescovi italiani, “si compendia, ormai, la parte maggiore dell’esercizio del ministero della parola”.

Per moltissimi cristiani, anzi, è l’unico punto d’incontro con la Scrittura. 

Quindi forza e coraggio cari sacerdoti: sfruttate quest’occasione come un momento sacro che Dio vi dà per annunciarLo!

il-Signore-eh-il-mio-pastoreE poiché già nel lontano 1971 i vescovi affermavano che l’omelia “non risponde adeguatamente al suo scopo”, non sarà inutile farne oggetto di una nuova riflessione, sostenuti dalla fiducia trasmessa dall’arguto aforisma di Erasmo da Rotterdam per il quale se gli elefanti imparano a ballare e i leoni a giocare, i predicatori possono ben imparare a predicare”.

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Un commento su “Sulle omelie noiose e sulle opportunità perdute”

  1. A proposito di omelie noiose e scontate.. succede anche a me, tipo ieri o tipo l’anno scorso per la messa dell’Assunzione.
    Ci sono cascata di nuovo.
    Ora ti/vi spiego: il sacerdote in questione è adorabile; molto allegro. Sa farsi voler bene ma con le omelie, proprio non ci siamo.
    Apprezzo il suo “amore” ( io lo chiamerei devozionismo isterico) per la Madonna e per un santo a cui lui è affezionato.
    Ecco: le sue omelie sulla Madonna è un elenco delle sue migliori qualità: la mamma più bella, più buona, etc; la donna migliore, etc.
    Che delusione, ieri, per la solennità della Madonna del Carmelo! ( per non parlare della storia dello scapolare, etc.. Io, purtroppo, diffido un pò.. Forse sbaglio; non so )
    Non che sia sbagliato ma io preferirei che, quando c’è da parlare di Maria, si parlasse di Maria di Nazareth, la Maria dei vangeli e non di tutti questi appellativi (sacrosanti) che a gente come me la fanno sentire lontana anni luce dalla propria vita. Per fortuna, non sono la sola a pensarla così: sono in compagnia di Carlo Carretto. Grazie al suo “La Madonna del Carrettino” sono riuscita a distaccarmi dalla Madonna del devozionismo e sto cercando di conoscerla meglio attraverso il vangelo.
    Non so se ti ricordi, Cristina: ma una volta ti confessai di avere difficoltà con la Madonna, specialmente di quella del dopo-Vangelo. E mi sono sentita sempre a disagio nel “dover fare quasi come dovere” ( scusa il gioco di parole ), il Rosario. Ho lottato con tutta me stessa e sono arrivata alla conclusione che finché non proverò affetto per Lei, mi sarà difficile fare “ogni giorno” il rosario, anche se me lo ha raccomandato il mio padre spirituale ( mariano anche lui).
    Ogni tanto succede di provare questo slancio del cuore e allora mi ci metto; ma mi sembrava inutile, deleterio e ipocrita recitare tutte queste preghiere con la mente e il cuore altrove.
    Lo racconto qui perché so di essere capita e non guardata male. Ogni volta che ho provato a parlarne con un “religioso” anche laico, mi sono sentita quasi figlia di Dio di serie B.
    E chissà: forse c’è qualcun altro oltre a me, ad aver vissuto queste mie perplessità.
    Buon pomeriggio.

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