Siamo i magi, siamo i pastori… siamo dentro il presepe.

Cara Maria Cristina, è da un po’ di tempo che penso alla teoria della reincarnazione (transmigrazione dell’anima). Non riesco a dare una risposta esaustiva alla mia fede. Da una parte trovo razionale questo viaggio dell’anima ma, da un’altra parte, la mia speranza di una eterna felicita in paradiso viene quasi soffocata. L’unica risposta che sono riuscito a “creare” dentro di me è: Gesù ha spezzato questa catena con la sua venuta e ha permesso alla infinita misericordia di Dio di potersi effondere al di fuori del tempo, dello spazio e della ragione umana. Per questo ad ognuno è offerta la gratuità della salvezza che incambio chiede un minimo dovuto: un abbandono cieco all’amore. Non importa quanto abbiamo fatto e imparato sulla terra, altrimenti chi potrebbe accedere all’Eden? È questo che ci rende davvero fratelli e smussa il nostro ego umano. Questa risposta interiore mi dà pace, ma non è sufficiente. Vorrei saperne di piú. Può cara prof darmi un suo pensiero a riguardo e magari consigliarmi dei libri. Un grandissimo abbraccio. Francesco

 

Caro Francesco, c’è una risposta biblica chiara alla domanda sulla reincarnazione.

E’ una risposta che non lascia dubbi: E come è stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio (Eb 9,27).

Nulla, nella Parola di Dio, lascia pensare ad un ritorno alla vita presente (sia pure per purificarsi).

La vita su questa terra è un veloce “passaggio (quante volte l’abbiamo sentita questa parola?)

La vita scorre ad una velocità pazzesca.

Tocchiamo i fili d’erba di qualche primavera e poi…via.

Si muore e si fa posto a qualcun altro.

Un movimento continuo di passaggi, di orme, di pensieri, di gesti, di nascite, di crescite e di vecchiaie.

E dopo?

Il dopo ce l’ha raccontato la Parola di Dio.

Il Logos è venuto sulla terra per raccontarci (con parole, gesti e fatti) che c’è un dopo e questo dopo è meravigliosamente inimmaginabile perchè totalmente diverso da quello che si vive qua.

Ora siamo sulla terra, poi saremo in Cielo… e qui mi fermo.

Non lo so descrivere. Se ci provassi sarei come un bambino che, nell’utero materno, tenta di immaginarsi la bellezza che lo aspetta fuori, fantasticando su cordoni ombelicali d’oro, un’immensa placenta e un liquido amniotico da sballo.

Nessun essere umano può ridurre quel poi alla fantasia personale.

E’ molto di più!

Questo di più ce lo ha raccontato Dio, venuto sulla terra.

Ci ha detto che siamo speciali perché abbiamo la vita ed abbiamo anche un cammino da fare.

Siamo dei pellegrini con una meta e ne abbiamo nostalgia finchè non ci arriviamo.

Dio è venuto dal Paradiso, per darci le coordinate giuste per arrivarci.

Ci ha detto che i nostri sogni hanno sostanza divina, che la speranza ci fa vedere ciò che sarà e che la fede ci farà spostare anche le montagne. Ci ha rammentato che siamo guerrieri della Luce in continua guerra contro l’“Io” che vorrebbe mettersi al posto di Dio.

Che quell’“Io” vorrebbe convincerci che la felicità fa rima con “avere e che lo scopo è salire su un piedistallo. Ma quel piedistallo è stretto ed instabile.

L’avere passa, l’essere resta.

Possedere è apparenza; crescere è essenza.

I criteri di questo mondo passano e si trasformano.

La sostanza resterà e la storia si ribalterà.

 

 

“Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete” (Lc 6,21-22).

 

 

“Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete” (Lc 6,24-25).

 

Ricordi la famosa parabola del ricco epulone? Ricordi le parole che Gesù mette in bocca ad Abramo?

“Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo mondo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi” (Lc 12,25-26).

C’è un prima e c’è un dopo ed il “dopo” è per sempre.

Non si torna più al “prima.

Gesù tante volte ha ripetuto Siate pronti!” perché dopo la morte non vi sarà più la possibilità di mutare situazione: “Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: «Il mio padrone tarda a venire» e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli” (Lc 16,43-46).

 

Sempre ed in continuazione Gesù ci dice di essere svegli e con le antenne ben alte: “Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!»” (Mc 13,35-37).

 

Parla spesso di una fretta da dare alla nostra vita. Una fretta che abbia la saggezza dei pellegrini che, ad ogni passo, sanno dove stanno andando.

Pellegrini con la bussola di Dio in mano e con lo sguardo verso la stella.

 

Non stiamo vagando ma siamo guidati.

Non siamo affidati solo alla nostra buona (ma quanto “buona”?) volontà ma protetti dal Cielo.

Siamo viandanti con una meta.

Siamo i magi, siamo i pastori…siamo dentro il presepe.

Ognuno di loro racconta il nostro cammino.

Non siamo distanti. Siamo lì.

Sono tutti parte di un pellegrinaggio con cui dobbiamo tornare a prendere un po’ confidenza.

Il presepe di questi giorni ci rammenta che siamo tutti costantemente alla ricerca di “Qualcuno” che ci faccia sentire a casa.

E finché siamo in ricerca, vuol dire che la vita sta funzionando.

E nella vita si va avanti; non si torna sulla terra per espiare.

E’ tragico, di fronte alla malattia di un bambino, pensare che quel bambino stia espiando colpe commesse nella vita precedente.

Siamo nati con una nostalgia viscerale di “Qualcuno”.

Qualcuno che è Amore e che è la bussola della nostro camminare.

 

“Guardate a lui e sarete raggianti”

(Salmo 33,6).

 

P.S. Caro Francesco, io ti ho risposto ma tu eri già stato bravissimo a riassumere il tutto con la tua stessa email: grazie! Gesù ha spezzato questa catena con la sua venuta e ha permesso alla infinita misericordia di Dio di potersi effondere al di fuori del tempo, dello spazio e della ragione umana. Per questo ad ognuno è offerta la gratuità della salvezza che in cambio chiede un minimo dovuto: un abbandono cieco all’amore. Non importa quanto abbiamo fatto e imparato sulla terra, altrimenti chi potrebbe accedere all’Eden? È questo che ci rende davvero fratelli e smussa il nostro ego umano.

 

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