Istintivamente ho toccato la Medaglia Miracolosa che porto sempre addosso.
So benissimo che la fede è una cosa diversa da gesti scaramantici o dall’affidarsi ad amuleti: la Medaglia miracolosa ha tutt’altro fine!
Ma oggi non voglio raccontare la storia di questa Medaglia, ma i suoi effetti (nella speranza che qualche lettore vada a leggersela per conto proprio e la porti con sé)
Ma torniamo agli “effetti” che questa medaglia può avere verso chi la indossa.
Ve ne racconto uno!
Andiamo alle 12.45 di giovedì 20 gennaio 1842.
Tanto per essere precisi.
Quella mattina il giovane Alfonso Ratisbonne accompagna, per pura cortesia, l’amico Teodoro de Bussière nella Chiesa di S. Andrea delle Fratte in Roma. Mentre l’amico è in colloquio con il Parroco, Alfonso visita curioso, con sguardo freddo ed indifferente la Chiesa, dove si stanno facendo i preparativi per il funerale del conte di Laferronnays.
Passati non più di 10 minuti, rientrato in Chiesa, l’amico Teodoro trova Alfonso inginocchiato davanti alla cappella di S. Michele, profondamente assorto, quasi in estasi.
Passata la commozione del momento, Alfonso viene accompagnato prima in albergo e poi nella Chiesa del Gesù, dal Padre Filippo Villefort che gli ordina di raccontare quanto ha visto e sperimentato. Alfonso, stringendo in mano la Medaglia Miracolosa, con commozione la bacia ed esclama: “L’ho vista, l’ho vista, l’ho vista!”.
A stento poi, dominando la forte emozione, continua il suo racconto: «Stavo da poco in Chiesa, quando all’improvviso l’intero edificio è scomparso dai miei occhi, e non ho visto che una sola cappella sfolgorante di luce. In quello splendore è apparsa, in piedi, sull’altare, grande, fulgida, piena di maestà e di dolcezza, la Vergine Maria, così come è nella Medaglia Miracolosa. Una forza irresistibile mi ha spinto verso di Lei. La Vergine mi ha fatto segno con la mano di inginocchiarmi e sembrava volesse dirmi: “Così va bene!”. Lei non ha parlato, ma io ho compreso tutto!».
Nella deposizione del Processo canonico del 18/19 Febbraio 1842, Alfonso completerà: «Alla presenza della SS. Vergine, quantunque non mi dicesse una parola, compresi l’orrore dello stato in cui mi trovavo, la deformità del peccato, la bellezza della Religione Cattolica: in una parola capii tutto!».
Il 31 gennaio, nella Chiesa del Gesù, Alfonso Ratisbonne fa la sua abiura pubblica tra le mani del Cardinale Patrizi e riceve il Battesimo, prendendo anche il nome Maria. Diventerà Gesuita, Sacerdote e lavorerà con il fratello P. Teodoro, anche lui convertito, fondatore della Congregazione di Nostra Signora di Sion in Gerusalemme.
Alfonso Ratisbonne, penultimo di dieci figli, appartiene ad una famiglia ebrea di banchieri molto facoltosa, ma il cui senso religioso della tradizione ebraica e la fede nell’unico Dio si erano assai affievoliti, cedendo il posto all’interesse per il denaro. Orfano della mamma a quattro anni e del papà a quattordici, Alfonso è seguito dallo zio Luigi, ricchissimo banchiere senza figli, che provvede ai suoi studi. Frequenta il Collegio reale di Strasburgo, poi un Istituto protestante; consegue il Baccellierato in Lettere e quindi, a Parigi, la Laurea in Diritto.
Nella lettera autobiografica del 12 aprile 1842 al Padre Dufriche-Desgenettes, così descrive se stesso: «Amavo solo i piaceri; gli affari mi impazientivano e l’aria degli uffici mi soffocava: pensavo che nel mondo si vivesse solo per godere… Non sognavo che feste e piaceri e ad essi mi abbandonavo con passione… Ero un ebreo solo di nome, poiché non credevo nemmeno in Dio! Non aprii mai un libro di religione, e, nella casa di mio zio, come presso i miei fratelli e sorelle, non si praticava la minima Prescrizione del giudaismo».
In mezzo a questa povertà spirituale, Alfonso ha due richiami a valori più nobili e degni di essere vissuti. Il primo è la conversione al cattolicesimo (1827) del fratello maggiore Teodoro, più anziano di lui di 12 anni, che diventerà Sacerdote e fondatore della Congregazione di Nostra Signora di Sion in Gerusalemme; il secondo è il fidanzamento (1841) con la nipote Flora, di appena sedici anni, figlia del fratello Adolfo.
La conversione del fratello Teodoro ha suscitato la reazione ostile di tutta la famiglia, come se avesse tradito il suo popolo. Alfonso dal canto suo rompe ogni relazione con lui e, quando Teodoro partendo saluta i familiari, assicurandoli che avrebbe pregato per tutti loro, Alfonso ride sarcasticamente.
Flora Ratisbonne, bella ed intelligente, minore di 11 anni rispetto ad Alfonso, è troppo giovane ed ancora in età minorile. Gli anziani della famiglia decidono di prendere tempo e di allontanare Alfonso da Strasburgo, con un lungo viaggio turistico, dovunque gli sia gradito. Egli decide per l’Oriente, attraverso la Costa Azzurra, l’Italia, Malta e l’Egeo, e Costantinopoli come meta finale. Flora, preoccupata per la sua salute e più per la sua fede ebraica, gli fa giurare di non visitare Roma perché vi perversa la malaria, e perché il centro della cattolicità è un pericolo di perversione.
Invece, per un insieme di contrattempi imprevisti e coincidenze non volute, Alfonso da Napoli giunge a Roma dove, per un semplice atto di cortesia verso il Barone Teodoro de Bussière, amico del fratello, accetta di portare al collo la Medaglia Miracolosa e di recitare la preghiera di S. Bernardo Ricordati piissima Vergine.
La Madonna lo attende nella Chiesa di S. Andrea delle Fratte il giovedì 20 gennaio, lo abbaglia e lo converte come S. Paolo sulla via di Damasco.
Don Mario Morra SDB