Chissà cosa è passato per la mente di Sara (uso uno pseudonimo) il 14 marzo scorso quando, dopo aver appoggiato lo zainetto scolastico lungo il passaggio sul Ponte delle Torri di Spoleto, ha deciso di mettere la parola “fine” alla sua vita.
Aveva 17 anni ed il suo corpo è stato trovato nella scarpata sottostante.Ieri, prima di passare su quel ponte, pensavo a lei ed al fatto che stavo passando sopra i suoi ultimi passi. Lasciamo da parte le statistiche sennò ci deprimiamo (sembra che dal ’56 al’94 il tasso dei suicidi sia aumentato del 245%).
Mi sforzo anche di non farmi sotterrare dalla tristezza infinita quando mi dicono che il suicidio è la seconda causa di morti tra i giovani.
Un dato, però, lo ritengo importante: il tasso di suicidio dei giovani tra i 15 e i 19 anni è 6 volte maggiore del tasso di suicidio tra i 10 e i 14anni. E dato che io lavoro con ragazzi/e tra i 15 e i 19 anni e anche lo scorso anno alcuni mie studentesse mi hanno parlato apertamente (o scritto) di pensare al suicidio…la mia passeggiata su quel ponte mi ha portato in un vortice di pensieri.
Per esempio non posso non aver chiaro che tra i 15 e i 19 anni si vive un momento evolutivo in cui ci si interroga sul significato della vita, della morte e dell’esistenza e, la mia sensazione è che questi ragazzi non vogliono morire.
Non desiderano porre la parola “fine” alla loro vita, ma al loro dolore!
Anche Shneidman (il padre della suicidologia) aveva indicato come ingrediente base del suicidio, lo psychache.
Lo traduciamo così: “DOLORE MENTALE”. Credo che tutti noi possiamo capirlo perché tutti noi abbiamo passato momenti di intensa afflizione.
E’ una sofferenza mentale persistente che ci tormenta e ci invade.
Tale profondo dolore ci fa passare in rassegna tutte le opzioni possibili per togliercelo di mezzo. Quando, tra queste opzioni, compare anche la possibilità del suicidio, la mente dapprima si rifiuta ma poi, oppressa da una situazione interiore di buio totale chiamato “visione tunnel” , vede la morte come l’unica soluzione al dolore insopportabile.
E’ importante capire che nessuno vuole morire!
E’ fondamentale pensare al suicidio dei ragazzi come tentativo di cessazione del dolore e non come desiderio di morte!
Vorrebbero vivere ma non ce la fanno.
Ricordo un mio studente che si suicidò impiccandosi nel garage della sua casa e la disperazione del suo compagno di banco che gli aveva prestato la corda, convinto che gli servisse per farci un lavoro.
C’erano le vacanze natalizie e il suo dolore non aveva avuto la forza disopportare l’ostentata felicità del mondo intero.
A natale sembrano tutti felici!
La pubblicità, le luci, le melodie, i regali…tanti auguri! Tanti auguri!!!
Ora potrei dire tante parole capaci di analizzare le cause di un suicidio:fragilità interiore, consumo di sostanze, solitudine, reazioni depressive,sentimenti di perdita o di delusione, autosvalutazione, sensazione di impotenza, disperazione, scarsa sperimentazione di sé… Sembrerebbe che gli adolescenti oggi incarnino l’adulto nelle sue parti più”malate”, imprigionati, da un lato, dalle proprie paure e incertezze e dall’altra dal desiderio di potere.
Un giorno dello scorso anno scolastico, mentre riflettevo sul da farsi, dopo aver letto una lettera che mi aveva consegnata una mia alunna, in cui parlava apertamente del suo desiderio di suicidarsi, capitai per caso, navigando qua e là, su un sito che mi parlava di una santa che aveva tentato per ben due volte il suicidio.
Memore anche dell’ignobile scelta della chiesa di non fare le esequie funebri ai suicidi (ora, grazie a Dio, non più), incuriosita lessi la sua vita.
Anzi, inizia a leggere il suo diario, per capire come aveva fatto Camilla Bravi a passare dalla “visione tunnel” all’amore per il Creatore della Vita (e quindi all’amore anche per la sua vita!).
«È il 15 maggio 1925 quando Camilla Bravi apre la finestra e sale sul davanzale con il chiaro intento di lanciarsi nel vuoto; rimasta in bilico dice a se stessa: “Fatti coraggio, Milla, un ultimo sforzo…”, ma a quel punto sente chiaramente “Qualcuno” che per tre volte le tocca la spalla.
Sigira di scatto… non c’è nessuno. Si butta allora sul letto implorando:”Madonnina mia, salvami tu!”. Il mattino dopo Camilla si ritrova inginocchiata in mezzo alla stanza, le mani giunte in preghiera. Una profonda pace abita ora il suo cuore».
Sintetizzo la sua storia.
Dopo una breve infanzia felice, Camilla perde il padre che è ancora bambina,poi si sposa, ma il matrimonio si rivela sbagliato fin da subito: sarà laGrande Guerra a separare i coniugi. Camilla, donna appariscente e attraente,cerca fortuna nel teatro. E da quel momento inizierà una vita fatta di vizi,droghe, amanti. Camilla conduce una vita sregolata, difficile, ma che la soddisfa, almeno per quanto riguarda il suo lavoro di attrice: arriverà a lavorare, infatti, anche al fianco di Greta Garbo. Una soddisfazione che alla lunga si trasforma in un peso che la schiaccia e la porta per due volte al tentato suicidio. La prima volta verrà salvata e internata in manicomio.
Ristabilitasi, a causa della sua fragilità, ricadrà ancora una volta nella rete della “bella vita”. Fino a quel 15 maggio 1925, il giorno della sua conversione.Camilla morirà nel 1971, dopo avere vissuto l’ultimo periodo quasi sempre allettata ma cercando fino all’ultimo di «trasmettere un barlume di luce all’oscurità delle coscienze» poiché «Dio è l’Amore e la misericordia infiniti. Egli non nega mai l’illimitata ricchezza del suo perdono all’anima contrita che glielo chiede».
Ho affidato Sara alle cure di Camilla.
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Un commento su “Il suicidio di Sara”