Il Logos nasce sul bordo degli inferi

Classe prima (avete presente quei quattordicenni che non s’augurano a nessuno?)
Rublëv (avete presente quel sommo iconista russo che in pochi conoscono?)
Natività (avete presente quella durissima tenzone tra Luce e Tenebre che abbiamo quasi tutti superficialmente riassunto in un semplice dolce evento?)
DAD (avete presente quelle lezioni fatte al pc che ora, però, chiamiamo DID perché ci piace più la parola “integrata” che “distanza”?) ????
Ecco.
Ci siamo.

Prima ora.
25 allievi in un colpo solo.
Un colpo anche per la connessione.
“Ragazzi, stamattina facciamo la natività di Andrej Rublëv, ma se vi condivido l’immagine, qui rallenta tutto perché voi siete un esercito. Trovatela voi l’icona di cui parleremo stamattina. E non fate i furbi che non la cercate, che sennò prendo l’auto e vengo a casa vostra, uno ad uno, e giuro che vi picchio! Che pure i vostri genitori mi ringrazieranno per questo!”
Li vedo ridere divertiti.
Rincaro la dose delle minacce: “E quando cercate in rete, vedete di non fermarvi ad Andrej Rublëv il tennista, che per questo errore potrei venire a casa vostra ed uccidervi direttamente!”
E mentre faccio la prof mezza esaurita per non dar modo alla distrazione di entrare nella mia aula virtuale e dar tempo ai miei studenti di cercare l’immagine giusta, ecco che li vedo impostare come sfondo personale, il particolare della “Natività” che io avrei poi spiegato.
Qui per privacy, non posso mettere l’immagine intera del mio schermo, sennò ci avrei messo troppo a cancellare nomi e visi.
Wow! Sono bellissimi con quell’arte russa alle loro spalle!

Oramai stiamo imparando anche a giocare con questa DAD/DID.
L’altro ieri gli studenti di una classe quarta che sapeva avremmo fatto una lezione sull’aldilà, hanno messo come loro sfondo, una meravigliosa galassia. E devo dire che è stato pure più bello, connetterci con le stelle intorno a noi.

Per spiegare quest’icona, a scuola, ci staremo fino a Natale.
Noi ci siamo concentrati (per ora) sul bambino appena nato.
E’ strano.
Non ha le fattezze di un neonato.
Appena nato un bambino ha proporzioni fisiche diverse.
Un terzo è la testa e due terzi sono il resto del corpo.
Qui, invece, il monaco russo Andrej Rublëv, nel 1420, ha dipinto un neonato con le fattezze di un adulto, fasciato con le stesse bende bianche che si mettevano ai tempi di Gesù intorno ad un cadavere.
Non solo.
La mangiatoia è una pietra sepolcrale.
L’“uomo dei dolori che ben conosce il patire” (aveva predetto Isaia 53,3) nasce sul bordo di una grotta tenebrosa, con accanto il buio perfetto della morte.
Quel bambino non farà in tempo a morire di vecchiaia.
Non andrà in pensione.
Sarà un Guerriero della Luce, con lo stendardo del Padre dei cieli e la spada dell’Amore perfetto.
Quell’esserino viene sulla terra per dare battaglia al buco oscuro dei dolori umani.
I Cieli si sono piegati fino al bordo degli inferi.
Senza paura hanno portato lo splendore del Logos fino all’estrema fragilità umana.
Dio si è fatto uomo.

“Ma veramente voi cristiani credete questo?” mi ha chiesto una volta la mia alunna musulmana, con uno stupore che avrebbe potuto saggiamente cacciare ogni velleità di “cattolica abitudine religiosa natalizia”

La Luce che illumina ogni uomo è venuta al mondo.
Il “Logos” che ha pronunciato quel famoso genesiaco “E sia la Luce”, è venuto sulla terra come un amante già adulto, pronto a tutto pur di sconfiggere il “Male” e dividere la storia a metà: prima di Lui e dopo di Lui.
Il Re dei Re è diventato un bambino per essere abbracciato e protetto dalle sue stesse creature, facendo diventare la terra, un Cielo!
Nessuno ama smisuratamente la vita più di un bambino.
Da Betlemme in poi, possiamo smettere di stare inginocchiati.
Possiamo alzarci, abbracciarlo, baciarlo e proteggerlo.
E se anche la vita ci portasse al bordo degli inferi e delle nostre paure, noi sapremo che non c’è da aver paura.
Dio non è sul monte Olimpo a guardaci dall’alto.
Possiamo darci il permesso di metterci al centro della nostra vita, da protagonisti.
Come Maria al centro del quadro.
Come una ragazzina che, da vera protagonista, agisce, partorisce e si guarda intorno estasiata e preoccupata.
Sa che niente è facile, ma sa anche che “niente è impossibile a Dio”.
Glielo ha confermato l’angelo.
E allora niente paura!
Potremmo avere anche satana vicino a provocarci (come si vede in basso a sinistra dell’icona, di fronte ad un san Giuseppe devastato dal dubbio sulla maternità di Maria – e chi non lo sarebbe stato?-).
Ma tanto l’ultima parola ce l’avrà sempre il Cielo.
E’ da lì che Rublëv fa scendere degli angeli per dire al pastore di sinistra: “Abbassa lo sguardo. Vai alla grotta. Il Cielo non è più in alto. E’ accanto a voi”

Il Cielo si è innestato sulla terra.
Nella mia terra.
Nei miei respiri, nei miei pensieri, nei miei passi.

Viva la vita! ❤ 

 

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