Vita talentuosa.
Mondo interiore vulcanico.
Scritti poetici sconosciuti ai più.
In tutta la sua vita non ne pubblicò nemmeno uno!
Di trecento componimenti, mai un frammento divenne pubblico.
Ottantanove anni di vita e mai una condivisione con il mondo.
Nessuno sa bene il perché.
Quello che sappiamo è che Michelangelo scrisse poesie praticamente per tutta la vita, coprendo un arco di tempo che all’incirca va dal 1503 al 1560.
Scrisse canzoni, sonetti, quartine isolate e madrigali, ma anche epigrammi, aforismi e terzine sciolte.
Aveva uno stile frenetico. Iniziava a scrivere, poi si fermava, correggeva, riprendeva i testi o, a volte, li abbandonava definitivamente.
Così che a noi ci restano scritti incompiuti, riveduti, corretti e interrotti.
Scriveva sia nella fretta che nella calma, sia su fogli di brutta che su frammenti marginali di un cartoncino dove c’era la bozza della sua scultura.
Era un artista totale!
Creare era la sua esigenza continua.
La ricerca della bellezza era il suo ossigeno.
L’elevazione spirituale equivaleva al cogliere la perfezione del mondo e farne un’opera.
La poesia era il suo mondo più intimo. Fino alla sua morte. Poi ci pensò il nipote, Michelangelo Buonarroti il Giovane, nel 1623, a fare la prima pubblicazione.
Ne vogliamo leggere una di queste poesie?
Vogliamo entrare un po’ nel cuore di Michelangelo, mentre lui descrive l’estasi di fronte alla potenza dell’Amore?
Come può esser ch’io non sia più mio?
O Dio, o Dio, o Dio,
chi m’ha tolto a me stesso,
c’a me fusse più presso
o più di me potessi che poss’io?
(Chi mi ha strappato a me stesso al punto di essere penetrato in me più di me, e di potere su di me più di quanto io non possa?)
O Dio, o Dio, o Dio,
come mi passa el core
chi non par che mi tocchi?
(Come può passarmi il cuore se nemmeno par che mi tocchi?)
Che cosa è questo, Amore,
c’al core entra per gli occhi,
per poco spazio dentro par che cresca?
E s’avvien che trabocchi?