“Da ben otto anni porto un peso bruttissimo dentro di me. Quando ero piccola i miei sono venuti in Italia, lasciandomi con mio fratello maggiore (che era impegnato con lo studio e a guardare gli altri miei fratelli e cugini) … Avevo un cugino dell’età di mi fratello… 26 anni… lui faceva delle cose con me che io non capivo cosa fossero, ma mi diceva di stare zitta e io cosi facevo. Ma con il tempo, la paura di resta da sola con lui cresceva e io cercavo di scordare tutto… quando mi dicevano di rimanere con lui, io mi rifiutavo dicendo che non volevo perché lui non mi dava le caramelle o che non mi faceva giocare…mi inventavo le cose più assurde .
Questa cosa durò due o tre anni, finché mia madre tornò definitivamente e lui se ne andò. Non ho mai avuto il coraggio di dire a nessuno quello che succedeva quando andavamo a dormire ed rimanevo da sola con lui, ma ora come ora troppe cose stanno venendo a galla e io non so cosa fare prof.
Non ce la faccio neanche ad aprirmi con la psicologa da cui mi ha portato il mio ragazzo; mi sento mancare l’aria solo al pensiero di parlarne con qualcuno. Mi blocco.
Mi metto a pensare che dovrei parlarne con i miei ma poi io starei male se loro si dovessero sentire in colpa. Mi preoccupo per mio fratello e a cosa lui proverebbe, se venisse a saperlo, sapendo che lui mi avrebbe dovuta guardare.
Tutto questo mi mette dentro paura; tanta paura! Paura a parlarne, paura di ciò che potrebbe succedere…paura.”
Carissima Cecile, quando, in chat, mi hai raccontato la tua storia, non potevo crederci. Ogni volta che entravo nella tua classe, vedevo il tuo viso dolce, il tuo modo di fare sereno e tranquillo, la tua pacata riservatezza… e mai avrei immaginato!
Non aver paura della paura che provi: è normale. Non è normale ciò che ti è stato fatto!
Non sentirti “strana” perché non riesci ad aprirti con una psicologa: è normale. Prima o poi troverai un’analista brava (ed io cercherò di aiutarti in questo senso) che riuscirà a farti coccolare e proteggere la Cecile piccolina ed indifesa, che è ancora in te.
Non sentirti cattiva se sei arrabbiata con gli adulti che avrebbero dovuto difenderti: è normale e ne hai tutto il diritto. Poi dovrai trovare un modo per non diventare prigioniera della rabbia, perché tu sei nata libera e libera dovrai ridiventare!
Non sentirti in colpa per quel che è successo, pensando che avresti potuto urlare un po’ più forte o difenderti meglio: tu eri piccola, lui era grande. Punto e basta. Ad ognuno le sue responsabilità.
Non sentirti impotente per quel che ti è capitato, quasi come se oramai fossi già stata inghiottita nella fossa dei leoni e da lì, mai più riemergerai. La vita ti ha messo accanto un ragazzo bravo ed innamorato di te: qualsiasi bravissima psicologa sarà surclassata dall’amore che solo lui potrà darti, per aiutarti a rinascere.
Non caricarti di pesi che dovrebbero portare altri: per esempio dispiacerti o preoccuparti eccessivamente per eventuali reazioni della tua famiglia e di tuo fratello. Hai già il tuo bel fardello da portare ed i sensi di colpa non devono aggiungersi sulle tue giovanissime spalle. Molte “vittime” sono indotte a dare la colpa a se stesse di ciò che è successo di brutto nella loro vita. I bambini si sentono in colpa per aver fatto arrabbiare il papà manesco…le donne si sentono in colpa per aver fatto innervosire il marito violento…gli ebrei si sentivano in colpa per essere sopravissuti al campo di concentramento…
Togli questa confusione dal tuo giovane cuore!
Togli anche la vergogna e la tristezza dalla tua anima piagata: le ferite possono cicatrizzarsi, rendendo ancora più forte e spessa, la tua pelle. Forse un domani, la tua forza potrà aiutare qualche altra bambina; che ne sai?
Ti voglio rivelare una cosa; quel giorno, quando tu sei venuta a parlarmi, io ti ascoltavo ma, contemporaneamente, nella mia mente, risuonava forte questa frase di Gesù: “Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare.”
Sai che la parola scandalo deriva dal greco skandalon e significa inciampo, ostacolo. Gesù, quel giorno, sta avvertendo i credenti (di allora e di oggi) che la nostra esistenza può diventare causa di inciampo, un ostacolo per coloro che sono “piccoli” (mikron). Si tratta delle persone fragili nella fede oppure che sono “povere in spirito”, cioè che hanno una fede bella, piena e sono pienamente nelle mani di Dio.
Scandalizzarle, significa, nel caso dei primi, farli allontanare dalla fede o disorientarli, nel secondo caso, invece farli soffrire.
Tu dirai: e che centra con me, questa frase di Gesù?
Ogni bambino che nasce ha il diritto di crescere avendo Fiducia nella vita, Amore per se stesso, Speranza nel futuro.
E’ una creatura nelle mani di Dio e nelle mani di altre creature di Dio, oramai adulte e pronte per proteggere “i piccoli”.
La fede in Dio non è soltanto “credere” nella sua esistenza, ma è soprattutto abbandonarsi sereni tra le braccia della vita che lui ci ha donato. E su ogni “piccolo” Dio ha messo un suggello prezioso: “Attenzione: trattare con rispetto!”. Questo sigillo divino lo vediamo tutti (e chiaramente!) con la nostra coscienza!
Trasformare in paura, la fiducia di una bimba piccola, è gravissimo!
Rubare l’innocenza, trasformando la vita di un bambino in un incubo, non rimarrà senza conseguenze.
Nessuno si illuda: non si può spezzare le ali di una creatura, senza prendersi le responsabilità di quel volo mancato.
Carissima Cecile, sappi che “Colui che protegge Israele non sonnecchierà né dormirà” (Salmo 121:4).
E sono tante le persone che (sulla stessa lunghezza d’onda di Colui che ama proteggere la vita dei “piccoli”) non sonnecchiano né dormono, di fronte al dolore innocente.
Per esempio, in questi ultimi anni sono nate delle Associazioni che desiderano far volare di nuovo le creature a cui le ali sono state spezzate. Te ne parlerò.
Non sonnecchia neanche il tuo ragazzo che, pian piano, ti sta aiutando a parlare del tuo passato, per farti sentire sicura delle sue presenti carezze.
Ricordare il passato con persone vicine che ti proteggono, diventerà la tua forza!
Il passato ritornerà nel passato e il presente, pian piano, ti avvolgerà, facendoti rinascere.
La tua paura degli uomini sarà sconfitta con gli abbracci del tuo fidanzato, ed una brava psicologa ti ridonerà la capacità di coccolarti, difenderti ed amarti.
Non sei da sola!!!
Lassù, Qualcuno, non sonnecchia, ma ti ama e ti fa amare da altri!
Per finire ti voglio dire la cosa più importante.
Non sarà un consiglio psicologico (quello lo troverai facilmente con una specialista) né una storia realmente accaduta in cui tu possa identificarti, per capire che non sei stata la sola a dover superare la violenza più subdola (in rete le troverai, in siti specializzati e seri).
Invece voglio parlarti di una ragazza come te che, da piccola, ha subìto il tuo stesso dolore (solo elevato all’ennesima potenza): Giuseppina Bakhita.
La prima volta che la conobbi fu attraverso questo film: http://it.gloria.tv/?media=397042
Parlale, chiedile di proteggerti e di aiutarti a fare le scelte giuste in questo cammino di rinascita: chi, più di lei, potrà capirti?
Lo so che per qualcuno suonerà assurdo quello che ti sto suggerendo, ma io trovo ancora più assurdo il nostro non capire che facciamo parte di una grande squadra e che, chi è già in Cielo, è raggiante quando può darci una mano, per farci essere felici!
La storia di Bakhita è tragica e fantastica insieme! Lascio la parola a lei e tu (mi raccomando) fattela amica!
“La mia famiglia abitava proprio nel centro dell’Africa, in un subborgo del Darfur, detto Olgrossa, vicino al monte Agilerei… Vivevo pienamente felice…
Avevo nove anni circa, quando un mattino…andai… a passeggio nei nostri campi… Ad un tratto [sbucano] da una siepe due brutti stranieri armati… Uno… estrae un grosso coltello dalla cintura, me lo punta sul fianco e con una voce imperiosa, “Se gridi, sei morta, avanti seguici!””.
Venduta a mercanti di schiavi, iniziò per Bakhita un’esistenza di privazioni, di frustate e di passaggi di padrone in padrone. Poi venne tatuata con rito crudele e tribale: 114 tagli di coltello lungo il corpo: “Mi pareva di morire ad ogni momento… Immersa in un lago di sangue, fui portata sul giaciglio, ove per più ore non seppi nulla di me… Per più di un mese [distesa] sulla stuoia… senza una pezzuola con cui asciugare l’acqua che continuamente usciva dalle piaghe semiaperte per il sale”.
Giunse finalmente la quinta ed ultima compra-vendita della giovane schiava sudanese. La acquistò un agente consolare italiano, Callisto Legnami. Dieci anni di orrori e umiliazioni si chiudevano. E, per la prima volta, Bakhita indossa un vestito.
“Fui davvero fortunata; perché il nuovo padrone era assai buono e prese a volermi bene tanto”. Trascorrono più di due anni. L’incalzante rivoluzione mahdista fa decidere il funzionario italiano di lasciare Khartoum e tornare in patria. Allora “osai pregarlo di condurmi in Italia con sé”. Bakhita raggiunge la sconosciuta Italia, dove il console la regalerà ad una coppia di amici di Mirano Veneto e per tre anni diventerà la bambinaia di loro figlia, Alice.
Ed ecco l’incontro con Cristo. La mamma di Alice, Maria Turina Michieli, decide di mandare figlia e bambinaia in collegio dovendo raggiungere l’Africa per un certo periodo di tempo. La giovane viene ospitata nel Catecumenato diretto dalle Suore Canossiane di Venezia (1888). “Circa nove mesi dopo, la signora Turina venne a reclamare i suoi diritti su di me. Io mi rifiutai di seguirla in Africa… Ella montò sulle furie”. Nella questione intervennero il patriarca di Venezia Domenico Agostini e il procuratore del re, il quale “mandò a dire che, essendo io in Italia, dove non si fa mercato di schiavi, restavo… libera”.
Il 9 gennaio 1890 riceve dal Patriarca di Venezia il battesimo, la cresima e la comunione e le viene imposto il nome di Giuseppina, Margherita, Fortunata, che in arabo si traduce Bakhita.
Nel 1893 entra nel noviziato delle Canossiane. “Pronunciate i santi voti senza timori. Gesù vi vuole, Gesù vi ama. Voi amatelo e servitelo sempre così”, le dirà il cardinal Giuseppe Sarto, nuovo Patriarca e futuro Pio X. Nel 1896 pronuncia i voti e si avvia ad un cammino di santità. Cuoca, sacrestana e portinaia saranno le sue umili mansioni, descritte e testimoniate dal recente e ben riuscito video prodotto dalla Nova-T, dal titolo “Le due valigie, S. Giuseppina Bakhita”, con la regia di Paolo Damosso, la fotografia di Antonio Moirabito e la recitazione di Franco Giacobini e Angela Goodwin. Il titolo si rifà alle parole che Bakhita disse prima di morire: “Me ne vado, adagio adagio, verso l’eternità… Me ne vado con due valigie: una, contiene i miei peccati, l’altra, ben più pesante, i meriti infiniti di Gesù Cristo”.
Donna di preghiera e di misericordia, conquistò la gente di Schio, dove rimase per ben 45 anni. La suora di “cioccolato”, che i bambini provavano a mangiare, catturava per la sua bontà, la sua gioia, la sua fede. Già in vita la chiamano santa e alla sua morte (8 febbraio 1947), sopraggiunta a causa di una polmonite, Schio si vestì a lutto.
Aveva detto: “Se incontrassi quei negrieri che mi hanno rapita e anche quelli che mi hanno torturata, mi inginocchierei a baciare loro le mani, perché, se non fosse accaduto ciò, non sarei ora cristiana e religiosa…”. Tratto da http://www.santiebeati.it/dettaglio/40025
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