La meravigliosa donna che vedete nella foto a sinistra si chiama Rosanna Benzi.
E’ il 1962.
Rosanna ha 14 anni e quel giorno va a trovare un’amica malata di poliomelite. Purtroppo verrà contagiata e, nel giro di pochi giorni, si ritroverà a vivere per tutta la vita in un polmone d’acciaio all’Ospedale San Martino di Genova.
Due anni prima in Italia, cioè nel 1960, con 8000 casi di poliomelite, già si era iniziato a raccomandare la vaccinazione per le persone da 0 a 20 anni, ma non tutti avevano seguito il consiglio.
Solo sei anni dopo, cioè nel 1966, finalmente arriverà la vaccinazione di massa.
Per quella vaccinazione obbligatoria del 1966 non ringrazieremo mai abbastanza Sabin che, dopo aver scoperto il vaccino, scelse di non brevettarlo dicendo: «Tanti insistevano che brevettassi il vaccino, ma non ho voluto. E’ il mio regalo a tutti i bambini del mondo»
Fino alla fine restò testardamente attaccato alla sua voglia di salvare vite e durante gli anni della guerra fredda donò gratuitamente i suoi ceppi virali allo scienziato sovietico Mikhail Chumakov, per permettere lo sviluppo del suo vaccino anche in Unione Sovietica.
Ma torniamo a Rosanna Benzi che, in quel polmone d’acciaio, ci resterà per 29 anni.
Verso la fine del mese di maggio del 1963 Papa Giovanni XXIII le scrive una lettera: era venuto a conoscenza della sua storia e voleva “semplicemente” «ringraziarla per la sua voglia di vivere».
Qualcosa scatta in Rosanna ed in lei si fa largo una grande desiderio: impegnarsi per i diritti dei disabili.
Detta così sembra semplice, ma in realtà c’è bisogno di una grande voglia di vivere (oggi la chiameremmo “resilienza”) per scegliere di abbandonare il vittimismo e decidersi per il protagonismo.
Invece di vivere prigioniera di migliaia di rimpianti, decide di ascoltare la sua voglia di essere attiva in questo mondo.
«Non sono una masochista o una pazza – diceva – sono convinta di avere vissuto vent’anni che valeva la pena di vivere e che probabilmente non sostituirei con altri… Certo, se domani potessi uscire di qua e andarmene per strada sarei felice, ma sai quanta gente di quella che va per strada vive meno di me la propria vita? Quanta gente la spreca, o la lascia passare distrattamente? Io ho imparato a non buttare via niente».
Rosanna, con gli anni, diventerà una delle voci più autorevoli e ascoltate delle campagne a sostegno dei diritti dei disabili.
La foto che vedete a destra, invece, è degli anni ’50 e ritrae alcuni bambini malati di poliomelite dentro quei polmoni d’acciaio che permettevano loro di respirare e non morire soffocati. Si chiamavano “Respiratori Drinker”.
I due ricercatori del Boston Children’s Hospital che li avevano ideati, si chiamavano Philip Drinker e Charles McKhann ed entrambi avevano una grande voglia di aiutare quei bambini.
La poliomelite, in America, purtroppo, si era affacciata drammaticamente anni prima.
Era il 1916 e quella terribile malattia era arrivata a New York colpendo migliaia di persone.
Molte di loro resteranno con danni permanenti per il resto della loro vita e duemila bambini moriranno.
Bisognava assolutamente trovare i colpevoli.
Stesso copione di tutte le epidemie.
Niente di nuovo sotto il sole.
In quel caso gli “untori” furono individuati negli italiani, quegli uomini arrivati da lontano alla ricerca di un futuro migliore.
Erano poveracci. Erano disprezzati. Erano i colpevoli ideali.
Poi, insieme ai capri espiatori ed alla paura, iniziò a dilagare anche le fake (come dicevo: niente di nuovo sotto il sole).
Ad esempio cominciava a girare la bufala che la stricnina fosse una cura efficace contro la poliomelite.
Centinaia di persone, convinte da questo assurdo passaparola, si misero a berla davvero.
Morirono fra dolori atroci.
La seconda ondata arrivò alcuni anni dopo, nel 1944, e si portò via altri tremila bambini.
Ma nel 1955 finalmente arrivò il vaccino.
Nel 1956 Elvis Presley fece da testimonial per il vaccino antipolio e, in 10 anni, questa terribile malattia passò da 58.000 casi a 910.
Oggi, nel mondo, la poliomielite è praticamente debellata.
Tutti noi dobbiamo tanto a coloro che hanno contribuito alla sconfitta di questa orribile malattia.
Ma l’ultimo nostro pensiero va alla nostra Rosanna Benzi. Con le sue inchieste sulla sessualità dei disabili e quelle sul trattamento che i malati psichiatrici potevano subire nelle strutture manicomiali, ci costrinse a cambiare mentalità.
E se, in questi giorni, dovesse venirci voglia di fare il lamento palloso per i tre miliardi di cavolate che ogni giorno riusciamo a partorire, ci basterà prendere in mano il suo libro “Il vizio di vivere” e torneremo ad essere umani.
Veri ed orgogliosi esseri umani!