Giorno 6 – Dagli inferi alla primavera: il primo fiore è per noi

E’ il più antico Credo dei cristiani e dice proprio così: Patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte”.

E’ la Prima lettera di Pietro e scrive proprio così: Cristo “andò, in spirito, ad annunciare la salvezza agli spiriti che attendevano in prigione”.

L’essenza di queste due frasi ce la faremo insegnare dai nostri fratelli Ortodossi.
I loro occhi festosi, infatti, non vedono Gesù risorgere e “salire”, ma “scendere”.
Per cogliere la differenza, pensate a certi quadri occidentali della risurrezione, come quello di Piero della Francesca. Gesù è fuori dal sepolcro pronto a salire.
Le icone orientali, invece, raccontano Gesù che scende “con braccio forte e mano tesa”, nel mondo misterioso dei trapassati (gli inferi, o Ade), per liberare dalla morte Adamo ed Eva e il popolo dei giusti, come un tempo era sceso in Egitto per liberare il popolo d’Israele dalla schiavitù.
Gesù risorto porta a compimento il sogno di Dio: realizzare un nuovo ed universale esodo dell’umanità intera, dalla schiavitù alla libertà.
Gesù risorge e scende agli inferi.
E’ sfolgorante di vita. Indossa una veste bianca come la luce. Scende senza paura e, con forza, scardina le porte dell’Ade che si depongono come una croce, sotto i suoi piedi.
La sua veste è orlata di oro come un Re e la scia luminosa del suo passaggio riporta speranza là dove non vi era più.
Adamo ed Eva vengono presi per il polso, il “luogo” dove si misura la vita, e vengono trascinati via dall’angoscia che li teneva prigionieri.
Fuori da qui!
Fuori c’è la primavera che vi aspetta!
Mentre Gesù li prende con sé, per terra ci sono tutti gli strumenti di dolore della sua Via Crucis. Sono sotto i suoi piedi, presso le porte degli inferi, oramai vinti ed incapaci a fargli del male.
Adamo ed Eva si avvinghiano a Lui.
Desiderano così tanto essere strappati dal regno dei morti!  <3
Adamo (l’uomo fatto di fragile terra) ed Eva (la madre di tutti i viventi) sono sollevati da Colui che è il nuovo Adamo, il Vivente, il Risorgente.
E dietro ad Adamo si avvia tutta l’immensa carovana delle creature in attesa di vita.
Sullo sfondo si vede Abele, Mosè, Davide, Salomone, il Battista, altri profeti … e poi noi!

Tutti noi entriamo a far parte dell’immenso colorato pellegrinaggio dell’umanità verso la vita.
Aveva ragione l’angelo nella tomba: «Non cercate tra i morti, non è qui»!
Il Sabato Santo il Risorgente inizia subito a distribuire scintille di risurrezione a tutti gli Adamo dell’universo.
Quelli passati, quelli presenti e quelli futuri.
Da quel sabato, Gesù è il Risorgente per sempre e ci trascina via dalla tomba.
E’ vita che germina dappertutto, senza timore di buio alcuno.
E’ la vittoria di Dio che porta il suo sogno in ogni dove.
E’ il nuovo Adamo che “ha infranto le porte di bronzo e ha spezzato le sbarre di ferro” (Salmo 107,16).
Il suo non è un viaggio mitico nelle viscere della terra, ma nella profondità dell’anima di ciascuno di noi.
La sua potenza raggiunge tutti gli esseri viventi: “quelli nei cieli, quelli sulla terra e quelli sottoterra” (cfr. Filippesi 2, 10).
Nessuna latitudine e nessun secolo della storia resta escluso dalla luccicanza di Dio.
Anche quei sotterranei futuri dove la vita è fatta ancora di germogli, sono stati raggiunti dal suo splendore. Là dove il fiume comincia con la prima goccia d’acqua, la primavera con il primo fiore, l’amore con il primo sguardo…lì c’è già la luccicanza.
Nessuno tempo e nessuna creatura ne è esclusa.
Neanche noi. 
Oggi.
In questa nostra casa che ci fa un po’ da protezione ed un po’ da prigione.
In questo nostro mondo interiore che salta tra la speranza di farcela e la paura del fallimento.
Scriveva un antico Padre: “Quando senti dire che Cristo discese negli inferi e liberò le anime che erano tenute prigioniere nei sepolcri, non pensare che queste cose siano molto lontane da quelle che si compiono oggi. Credimi, il tuo cuore è il sepolcro” (S. Macario Egiziano).
Il nostro cuore, a volte, è davvero un sepolcro. Vi regna la disperazione, l’angoscia, la paura, il peccato, la morte. O semplicemente una noia e un grigiore mortali. Oppure la rabbia o un ego smisurato. Si può discendere agli inferi anche da vivi.
Lo abbiamo sentito ieri sera nelle commoventi storie della Via Crucis.
Gli inferi possono essere la droga, una malattia, l’alcolismo, le sbarre, un amore finito, la morte di un figlio, la depressione, la povertà, la prepotenza, la violenza, l’offesa, la falsità, un’accusa non vera, una parola di troppo, lo schiaffo improvviso, le lacrime che non finiscono, la disperazione che fa affondare, la solitudine che fa morire, il non sentirsi “mai abbastanza” o il percepirsi sempre “di troppo”, un matrimonio che entra nel buio o il carcere che apre la porta all’innocente.
Il cuore umano può trasformarsi da paradiso in inferno.
Siamo fatti di argilla.
Il Risorgente entra nei nostri territori argillosi e ci prende il polso per trascinarci via.
E’ vivo.
Risuscita la nostra speranza.
Infonde vita ai nostri passi malconci.
Rischiara le tenebre in cui siamo caduti.
Dio ha ascoltato l’antica preghiera: “Dal profondo a te grido, o Signore. Signore ascolta la mia voce” (Salmo 130).
Quando si fa l’esperienza di essere tirati su dal profondo dell’angoscia e della tristezza, si capiscono le parole di un antico Padre che vengono proclamate nella liturgia ortodossa della Pasqua: “Ieri ero morto con Cristo, oggi sono con lui tornato alla vita. Ieri ero sepolto con lui, oggi sono con lui risuscitato”.

Un antichissimo racconto, ereditato dagli ebrei, narrava che il mondo è stato creato nell’equinozio di primavera.
La Pasqua cade nel periodo in cui anche gli alberi raccontano poesie ed i suoi fiori narrano i sogni fatti in inverno. Ci accarezza con il sogno di Dio e ci dice con dolcezza: “Perché sei triste?”

San Zeno, il patrono di Verona, diceva in un suo discorso: “In questo giorno, allontanata la malinconia del passato inverno, sotto il soffiare mite del carezzevole vento Favonio, i prati germogliano ovunque, olezzando di fiori diversi per specie, colore e profumo. Chi non capisce che tutto questo è un simbolo dei misteri celesti della Pasqua?”.

Voglio raccontare una storia, adatta a noi “ricomincianti”.
Il 21 maggio 1996, furono trucidati a Tibhirine, in Algeria, sette monaci trappisti.
Uno di essi, fratel Luc, aveva da tempo messo da parte una audiocassetta con registrata una canzone che desiderava fosse cantata nel giorno del suo funerale.
Non era un canto di chiesa. Era una canzone di quella meraviglia chiamata Edith Piaf.
“Je ne regrette rien”, “No, non rimpiango nulla”.
Fratel Luc la voleva come sottofondo per il suo incontro con Gesù risorto.
Aveva anche trascritto le parole della canzone in un biglietto.
“No, nulla di nulla, non rimpiango nulla…
Né il bene che ho ricevuto, né il male. Tutto mi è uguale.
Tutto è pagato, spazzato via, dimenticato. Me ne rido del passato.
Coi i miei ricordi ho acceso un fuoco,
I miei dispiaceri, i miei piaceri, più bisogno di essi!
Spazzati via gli amori, con il loro “tremolo”.
Spazzati via per sempre.
Riparto da zero.
No, nulla di nulla, non rimpiango nulla..
La mia vita, le mie gioie, tutto inizia oggi con Te”.

L’unica variazione, in questa versione pasquale di fratel Luc, è che il “Te” finale lo aveva scritto con la lettera maiuscola.

 

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