Giorno 3 – Farò la Pasqua da te!

“In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù.
Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?»
Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; FARO’ LA PASQUA DA TE con i miei discepoli“»
I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici.
Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».
Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?».
Gli rispose: «Tu l’hai detto». (Mt 26, 14-25)

La quaresima del 2020 me la ricordo come fosse oggi.
Strana.
Indimenticabile.
Era arrivata nel momento in cui l’Italia stava resistendo.
Un nemico invisibile era intorno a noi e avevamo capito che il più grande gesto d’amore che potevamo fare, era stare lontani da chi amavamo.
Così tutti ci eravamo chiusi in casa, per proteggerci l’un l’altro.
Le preoccupazioni erano tante, le paure pure.
La gente moriva da sola ed i familiari li piangevano tra quattro mura.
La solitudine era lì lì per schiacciarci e la rabbia aveva iniziato il suo conto alla rovescia.
Ma fu allora che iniziò una gara per donare fiducia e solidarietà a tutti.

I tenori cantavano dai balconi, i medici curavano negli ospedali, gli attori recitavano gratuitamente, molti donavano denaro ed altri regalavano risate, gli infermieri facevano turni estenuanti ed in tanti (tantissimi) lavoravano per non farci mancare il necessario.
Gli insegnanti si incontravano con gli alunni in rete.
I ristoratori consegnavano a casa.
Tanti giovani aiutavano gli anziani per la spesa.
Ed i sacerdoti non smisero di star vicino alla gente.
Alcuni di loro morirono per dare le ultime benedizioni ai defunti o per donare l’ultimo respiratore ai malati.
Fu un momento molto difficile e molti sentivano la mancanza della parrocchia e del rito pasquale fatto in chiesa.
Ma poi arrivò mercoledì 8 aprile 2020.

Quella mattina un angelo appese su tutte le porte delle case, un biglietto con su scritto: “Farò la Pasqua da te!”
Qualcuno ci mise un po’ a capire.
Qualcun altro, purtroppo, non lo comprese mai.
Ma furono in molti ad intuire “Chi” era che sarebbe venuto per Pasqua.
All’improvviso un’intuizione entrò in tanti: ecco chi era quel “tale” a cui Gesù, duemila anni fa, aveva chiesto ospitalità per la Pasqua!
Quel “tale” eravamo “noi”.
Gesù aveva deciso di occupare le nostre case.

E Lui arrivò.
Entrò nelle case dove stavano pregando e nelle case dove stavano litigando.
Entrò nelle famiglie che si erano unite ancora di più ed in quelle che si stavano separando come non mai.
Accarezzò i bambini che gli avevano colorato il segna-posto e i bambini che avevano bagnato di lacrime il cuscino del letto.
Incoraggiò i genitori pieni di preoccupazioni sul futuro ed i nonni pieni di nostalgia per il passato.
Si commosse nel guardare le nostre anime immortali nei nostri corpi fragili.
Spezzò il pane sulle paure degli uomini e versò il vino sulle ferite delle donne.
La fede degli uomini si inginocchiò avanti alla Parola, sul pavimento delle case..
La Parola ascoltò i problemi che ognuno aveva e le speranze che tutti cullavano.
Gesù il Risorto era con noi, nella nostra quarantena.
Aveva deciso di passare dalla morte alla vita, in ogni cuore chiuso in casa.
Nella Pasqua del 2020 tutti eravamo diventati l’altare pasquale perfetto.

“Farò la Pasqua da te”.
E chi se lo scorderà più quel giorno.
Ma neanche Gesù se l’è più dimenticato.

«Dapprima siamo stati esiliati e da tutti perseguitati e caricati a morte; tuttavia abbiamo celebrato anche allora la festa pasquale. Ogni luogo, dove si soffriva, fosse esso un campo, un deserto, una nave, una locanda, un carcere, diveniva come un tempio per le assemblee sacre; i martiri perfetti celebravano una festa più perfetta di tutte, partecipi del convito celeste» (Dionigi Alessandrino, in EUSEBIO, Storia ecc. VII, 22, 4).
Dionigi, vescovo di Alessandria in Egitto, metà del terzo secolo, Pasqua sotto la persecuzione di Decio (249-251). Pasqua celebrata non nei luoghi di culto, ma «in ogni luogo dove si soffriva».

 

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