“Buonasera professoressa, come sta? Sono ********* ****** del **. Spero di non disturbarla. Mi scuso in anticipo per gli errori grammaticali che forse troverà.Inizio con il dire che la ringrazio con le cose che condivide con noi.Lei forse non lo sa, ma in questo anno scolastico lei è stata per me come un angelo custode. Con le sue storie e le avventure mi ha fatto capire cosa significhi veramente amare ed essere amati; cosa significa essere felici per davvero.Come ben sa, quando abbiamo fatto la “sedia che scotta” io ho parlato della mia adozione e del periodo in cui non mi sono sentita amata e voluta bene. Forse lei già sarà a conoscenza di molte situazioni e casi di ragazzi adottati.Anche se non se ne parla spesso, ci sono molti bambini abbandonati per strada o negli orfanotrofi, da genitori che non li sanno amare abbastanza. O forse sì, ma non hanno ancora scoperto cosa vuol dire “amore”.Non le scrivo per torturarla con la mia storia, ma per ringraziarla per avermi insegnato molto quest’anno.Come ben sa, io e la mia sorellina ******** (che forse lei l’anno prossimo avrà, visto che frequenta la scuola dove lei si trasferirà; se così sarà, la prego di insegnarle tante belle cose come ha fatto con me e di trattarla con cura, è abbastanza fragile, anche se non lo dà a vedere). Siamo state adottate ben nove anni fa da due angeli meravigliosi. Io avevo otto anni compiuti da poco, mia sorella solo cinque.Eravamo praticamente delle bambine abbandonate e maltrattate come se fossimo stracci da usare e poi gettare via.Non penso di ricordarmi delle cose felici di quando eravamo a casa con la famiglia biologica. Che poi biologica è tutto da vedere, perché credo che i veri genitori siano coloro che ti hanno visto crescere e che ti hanno educato amorevolmente.Io ricordo solo la parte più buia, la parte più oscura.Vivere con in casa due tossicodipendenti e droga non è una delle migliori cose che ad un bambino possa capitare. Mia madre, troppo giovane per accudire due bambine piccole, si ubriacava, si drogava e faceva sesso con chiunque pur di non pensare alla situazione in cui si trovava. Il mio patrigno (non ho mai conosciuto il padre biologico), più grande di lei, quando era ubriaco marcio – ma anche da sobrio – menava e maltrattava mia madre. E se non bastava per sfogare la sua rabbia, ecco che partivano fruste e bastonate su di me e mia sorella.Io di più, perché ogni volta che cercavo di proteggere la mia sorellina e mia madre (anche se sapevo che lei non meritava nessuna difesa ma ero solo una bambina che vedeva sua madre come una vittima) lui mi frustava ancora più forte.Non c’era un momento in cui, per tutto il tempo che stetti con loro, vivessi senza aver paura.Avere paura a soli 4-5 anni non è una bella cosa.Di solito i bambini di quell’età giocavano e si divertivano con gli altri bambini. Io non ricordo di aver mai giocato. Ricordo che avevo paura anche dei presunti amici del patrigno. Avevo il terrore che toccassero me e mia sorella in un modo molto vile.Ricordo quando uno di loro stava quasi per violentarmi, ma fortunatamente le mie urla raggiunsero le orecchie della zia (la sorella del patrigno) che subito cacciò via quell’uomo.Ancora mi ricordo il suo volto. Era grasso e baffuto, bruttissimo agli miei occhi! Mia zia, forse un altro angelo a cui ho sempre voluto bene, fece una cosa che salvò la vita mia e di mia sorella. Il giorno dopo, insieme a lei, si presentarono le assistenti sociali. La casa era vuota, c’erano solo due anime sperdute in mezzo ad un oceano, così piccole e fragili che se toccate anche con la punta delle dita potevano crollare da un momento altro.Da quel giorno non vidi più la mia famiglia.Non vidi più mia zia, che ci salvò la vita e che purtroppo non aveva la possibilità di mantenerci.Non rividi più mia madre, quella giovane e ingenua ragazza che rimase incinta di me a sedici anni.Non rividi più il mio patrigno, quell’uomo orribile.Credevo che finalmente mi sarei liberata del dolore, ma probabilmente Dio voleva ancora mettermi alla prova.Orfanotrofio. Cosa dire di quel posto orrendo, pieno di bambini e ragazzi tristi e abbandonati da tutti? Eppure, chi veniva da fuori, poteva solo vedere bambini che si divertivano. Non mi lamento, non mi è mai mancato nulla lì. Soltanto le carezze e… l’amore.Chissà per quanto tempo dovrò stare ancora qui, mi ripetevo spesso.Ormai erano quasi passati due anni e per me si stava avvicinando il limite di adozione. Sì, perché dopo una certa età non ti davano in adozione perché eri diventata troppo grande. Poi, soprattutto in ******, raggiunti i sedici anni, venivi buttato in strada. E il ciclo ricominciava perché le ragazze, per mantenersi, si prostituivano mentre i ragazzi rubavano e si davano all’alcool.Mi chiedevo se anch’io sarei finita come loro.Ma probabilmente Dio non voleva questo per me.Ricordo che un giorno le assistenti sociali ci vestirono tutte e due in modo molto elegante. Io portavo un abitino azzurro, lo ricordo molto bene. Come ricordo molto bene i volti sorridenti dei nuovi angeli che si trovavano in quella stanza. Finalmente Dio mi aveva dato una mamma e un papà. Passò qualche mese prima che i miei genitori potessero adottarmi. Ma finalmente, con un volo di bene otto ore, arrivai in Italia, nella mia nuova è bellissima casa.Ero pronta a conoscere la mia nuova famiglia e a ricominciare a vivere.Ovviamente le mie battaglie non sono ancora finite, ma sono solo problemi che ogni adolescente ha. Per questo ci sono i miei amici. Soprattutto GS, Gioventù Studentesca (non so se la conosce) che mi ha aperto le strade del mondo.Mi dispiace di aver scritto un poema e mi dispiace anche di averla annoiata. Grazie per avermi ascoltata, anzi grazie di averci ascoltato a tutti noiGrazie di tutto professoressa”
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