Abbiamo farfalle bianche e luce, intorno a noi

La vita mi ha regalato delle amiche fidatissime.

Sono amiche a cui potrei anche dire di aver fatto il peggio del peggio, sapendo con certezza che non mi lascerebbero mai da sola. Ne ho le prove! Ma, soprattutto, le amo per una caratteristica: con loro posso parlare di tutto ma, soprattutto, di Cielo. E così loro mi raccontano, mi insegnano, mi incoraggiano…insomma: mi aiutano a volare alto e vedere con amore anche ciò che amore non è.

Ieri una di queste super creature, mi ha raccontato due fatti che io cercherò di condividere mantenendo, come al solito, la privacy.

Lui si chiama Mario ed è innamoratissimo di sua moglie. Lui medico impegnatissimo a salvare i malati nelle situazioni più estreme. Lei appassionata di vita sana, di movimento da personal trainer, di corse mattutine e di tanto amore verso di lui. Si erano incontrati tardi, ma i ritmi dell’amore erano proceduti a ritmo sostenuto e la loro unione era fortissima. Finchè lei un giorno, muore. Improvvisamente. Tra le braccia disperate di lui. Booom! Il mondo gli cade addosso. Passano gli anni. La mia amica lo va a trovare con suo marito e si ferma a dormire, ospite nella sua casa. Il mattino arriva e, insieme al sole che sorge, arriva anche lei: una meravigliosa farfalla bianca. Arriva e gli si posa sulla spalla. “La vedete?” dice l’amico medico a loro, durante la colazione. “Da anni, da quando lei non c’è più, la farfalla bianca ogni mattina arriva e sta con me”

Lei si chiama Debora e questa è un’altra storia. Vera come la realtà che ci circonda e che vediamo con i nostri occhi. Anni fa dovette subire un intervento chirurgico importante. Talmente “importante” che, in sala operatoria, decisero di procedere anche “oltre” il programmato. Il percorso post operatorio fu dolorosissimo. Gli antidolorifici finivano sempre più velocemente il loro effetto e si assommavano problemi su problemi. Si risolveva una cosa, e ne saltava fuori un’altra. Ad un certo punto non riuscì più a fare la pipì. Problema serio in un cammino post operatorio.

Metti il catetere… Dopo un po’ di giorni: “Vuoi provare da sola?” Togli il catetere… Niente pipì. Dolore… Infiammazione… Pianti…

Metti il catetere…. Dopo un po’ di giorni: “Vuoi provare da sola?” Togli il catetere… Niente pipì. Dolori… Infiammazione… Pianti…

Un calvario! Dopo troppi giorni di tanto dolore, Debora era terrorizzata all’idea della nuova intrusione con un catetere. Le sue parti intime avevano troppi punti e una seria infiammazione, per non star male solo all’idea di… Quel giorno era il 20 marzo, il giorno dopo la festa di san Giuseppe. Lei che, per lavoro, tiene importanti conferenze agli altri, quel giorno ne tenne una per sé stessa. Qualcuno la chiama “preghiera”.

“San Giuseppe, non ti ho mai pregato. Non ti ho mai parlato. Ma ieri è stata la tua festa e…dicono che tu ascolti e …” Debora sapeva che stavano venendo gli infermieri (con in testa il marito psicologo amorevolmente intestardito a convincerla che poteva farcela da sola) per darle un’ultima chances, prima dell’introduzione (di nuovo!) del catetere. Quel giorno la sua preghiera era disperata. Intima. Accorata. Arriva in camera tutto il gruppetto sanitario. Arriva la padella. La situazione era delicata. Da tutti i punti di vista. E’ stato in quel momento che Debora ha sentito (e nel raccontarmelo mi ha ribadito quel “sentito”) due mani leggere e calde che le passavano sui reni e, al loro passaggio, tutto si stava sbloccando. Una carezza calda che guariva. Debora quel giorno, per la prima volta dopo tanti giorni dall’intervento, ha fatto la pipì! 

Il marito era felice per lei e le diceva entusiasta: “Hai visto che ce la potevi fare da sola!” Debora piangeva. “Ma perché piangi” le chiese delicatamente il marito. “Te lo spiego dopo” gli sussurrò lei. Debora mi ha detto: “Quelle due mani calde e guaritrici io ancora le sento. Ogni volta che ci ripenso, ancora le sento!”

Buona giornata, gente immersa nella Luce!

 

 

 

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