E’ a Madame Giustizia che dedico questo post

uomosbranauomo“Datemelo per cinque minuti che ce penso io!”

“E io te lo tengo, a quel bastardooo!!!”

“Appenderlo per le palle! Questo ci vorrebbe!!!”

Sono solo alcuni dei commenti che si trovano in rete in questi giorni, sul presunto assassino di Yara. Ho preso i commenti più “tranquilli”, potete immaginare gli altri. Che tutto, ora, diventi sfogo, anatema, maledizione!!!

La foto del mostro in prima pagina; il ministro dell’interno che dà la notizia su Twitter (su Twitter?); il Viminale che annuncia l’arresto omettendo la parola “presunto” prima di “assassino”; insomma, il processo è già concluso.

Soltanto la procura e il parroco hanno avuto parole più equilibrate sull’intera vicenda.gogna_mediatica_255585

”Era intenzione della Procura mantenere il massimo riserbo sul fermo di Massimo Giuseppe Bossetti, anche a tutela dell’indagato in relazione al quale, secondo la Costituzione, esiste la presunzione di innocenza” (Ansa, 16 giugno).

E poi don Corinno Scotti, il parroco di Brembate, che con le sue parole ha provato a non far tracimare del tutto il fiume di violenza verbale che si è scatenata in queste ultime ore, mettendo sia sacchi pieni di sabbia misericordiosa che altri riempiti con l’equilibrio della vera giustizia.

yara-gambirasio«Penso a questa persona. Spero che ora non prevalgano sentimenti di vendetta nei suoi confronti. Questa comunità in questi anni è stata molto matura… Pur impaurita e ferita non ha ceduto a sentimenti di vendetta. Il papà di Yara mi ha detto che se lei è morta è perché noi diventassimo più buoni. Se ora questa notizia verrà confermata cosa facciamo nei confronti del presunto assassino? Invochiamo la pena di morte? No, certo. A me interessa che Yara sia stata e continui ad essere un dono per la nostra comunità”. 

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Intendiamoci: quello che ha fatto questa persona è terribile ed è giusto che paghi. La giustizia umana deve andare avanti perché noi siamo su questa terra proprio per costruire un mondo più giusto.

E che ci faccia ribrezzo l’assassinio, è salutare! Che ogni omicidio ci faccia sobbalzare sulla sedia, è legittimo. Vuol dire che, interiormente, siamo ancora sani e non malati.

Aggiungo di più: è anche umanamente comprensibile l’istintiva voglia di eliminare l’assassino (violenza, pena di morte e tutte le invettive che si fanno sempre in questi casi). 

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Ma da qui a fare della mentalità forcaiola uno stile di pensiero, mi sembra grave. Scrivere invettive in rete e fare a gara a a chi le mette più feroci, mi mette paura. 

 

 

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Chissà perché gli esseri umani, quando possono trovare un colpevole (o presunto tale) ne fanno subito un capro espiatorio da gettare fuori dal villaggio, addossandogli tutti i mali di questo mondo? Probabilmente la sensazione di sentirsi dei “duri & puri”, è estremamente gratificante.

 

E’ appagante sentirsi come Zorro e fare i numeri con la spada. E la lingua (o la scrittura in rete) può diventare un’efficacissima spada che uccide.

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Tutti Zorro in queste ore!

Le riflessioni si sono trasformate in invettive e la giustizia in vendetta. E guai a non far parte del coro. 

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E invece è sbagliato sovrapporre il peccato al peccatore. Identificare l’errore con l’errante, non è giusto. Non bisogna mai pensare che una creatura umana non possa rinascere, non possa cambiare, non possa trasformarsi.

E’ insito nella natura umana il continuo divenire.

Lo dice la psicologia, lo afferma la saggezza e lo annuncia anche il vangelo.

 

 

Gesù ha avuto sempre una grande fiducia nella creatura umana, dicendo chiaramente «Non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori»(Mc 2,17).

Img_15-09-2013Tradotto: “Sono venuto a rivelarvi che voi siete Figli della Luce e tali potete diventare. Forza e coraggio! Un sentiero nuovo è davanti a voi!” 

E i cristiani dovrebbero continuare a dire lo stesso. Anche perché abbiamo le prove che la conversione (cioè il cambiamento radicale, nella propria vita) è possibile.

Quindi: avanti con la nostra giustizia umana (è giusto e doveroso) ed avanti con il nostro incoraggiamento affinché si creino le condizioni perché “il peccatore si converta” e si rigeneri.

 

Voglio raccontare un storia.

E’ il 15 ottobre 1902 e Alessandro Serenelli, un ragazzo di vent’anni, è stato appena condannato a trent’anni di carcere. L’estate precedente (il 5 luglio 1902) ha aggredito ed ucciso una ragazzina di dodici anni. Il suo nome era Maria Goretti.

Durante il processo era presente Assunta Goretti, mamma della ragazzina uccisa e vedova da due anni. Assunta fu capace di un gesto che ancora oggi commuove e si ripropone tramite altre madri coraggiose come lei; perdonare.

Quando le fu chiesto dal Presidente del Tribunale: «Lei si costituisce come parte lesa oppure intende perdonare l’imputato Alessandro Serenelli?», Assunta Goretti ebbe la forza di rispondere: «Sì, signor Presidente, lo perdono! L’ha perdonato mia figlia, vuole che non lo perdono io!?!

Le cronache dell’epoca raccontano di persone indignate e stupite che pensarono bene di commentare: «Il perdono? Io l’ammazzerei! Io gli farei altrettanto, come minimo!»

E così Assunta perse la solidarietà dei più e diventò anche lei vittima del giudizio dei “duri e puri” dell’epoca.

Ma Assunta, analfabeta e coraggiosa, ebbe il coraggio di affrontarli tutti e gridò verso il pubblico: «E se pure Gesù Cristo facesse altrettanto con noi ?».

Alessandro intanto inizia la sua vita da carcerato, sapendo che Maria, in punto di morte lo aveva perdonato ed aveva pregato Dio per la sua conversione. E qualcosa si smuove. Lentamente ma costantemente.

Nel 1906, mentre era ancora nel carcere di Noto, Alessandro comincia a vivere una vita nuova. E’ lui che racconta cosa è successo e gli ha permesso di rimuovere i macigni del rimorso.

«Ero all’ultimo anno del tremendo carcere. Avrei dovuto finalmente impazzire anch’io per tante sofferenze. Idee di disperazione mi turbinavano nella mente, sempre più violente.

Quando una notte faccio un sogno: mi vedo davanti ad un giardino, in un riquadro tutto di fiori bianchi e di gigli. Vedo scendere Marietta bellissima, biancovestita. Man mano che coglie i gigli, me li presenta e mi dice: “prendi” e mi sorride come un angelo. Io a quel sorriso e a quel gesto così benevolo, senza neppure pensare ad inginocchiarmi e a chiederle perdono per il feroce delitto, mi faccio animo ed accetto ad uno ad uno quei gigli fino ad averne le braccia colme. Presto però mi accorgo che quei gigli, tra le mie braccia, si vanno trasformando in fiammelle. Marietta mi sorride ancora e sparisce. Mi sveglio di soprassalto: “Ormai mi salvo anch’io — dico tra me —perché sono certo che Marietta prega per me, E venuta a trovarmi e a darmi il suo perdono”. Da quel giorno non sento più l’orrore di prima per la mia vita…» 

Dal carcere uscirà l’11 marzo 1929, dopo ventisette anni di reclusione.

Nel 1937 Alessandro viene accolto dai Padri Cappuccini delle Marche, presso il Santuario della Madonna dell’Ambro. Nel 1938 entra nel Convento dei Padri Cappuccini ad Ascoli Piceno. Infine nel 1956 viene trasferito nel Convento di Macerata, dove muore il 6 maggio 1970. 

serenelli1Alessandro aveva un desiderio nel cuore: essere abbracciato e perdonato da mamma Assunta! Fu il parroco di Corinaldo (dove viveva la famiglia Goretti) ad aiutarlo a coronare questo suo sogno.

Alla vigilia di Natale del 1934 Alessandro bussò, con timore e speranza, alla porta della canonica di Corinaldo. Apparve alla porta mamma Assunta.

Alessandro avrebbe voluto scappare per la vergogna, ma cercò di farsi forza e le disse: «Mi riconoscete, Assunta?». «Certo, figlio mio!». «Mi perdonate, Assunta?». «Ti ha perdonato Marietta! Ti ha perdonato Dio! Vuoi che non ti perdoni io?». E si abbracciarono.

Quell’analfabeta conosceva il segreto della vita!

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