Ha lo sguardo perennemente in bilico tra paura e grinta.
Anche il suo corpo si è adeguato a questo andirivieni emotivo: è ingrassata tanti chili in poco tempo ed è poi dimagrita tantissimo in poche settimane.
La campanella sta per suonare ed io sono seduta lungo il corridoio della scuola, in attesa di entrare in classe.
Ginevra (la chiamerò così) mi saluta da lontano. Si avvicina. Mi sorride.
“Come stai Ginevra?”
Me la ricordo perfettamente quella volta in cui, verso ottobre, Ginevra prese coraggio e, per la prima volta, parlò del dietro le quinte della sua vita.
Quel giorno stavo presentando un libro sull’anoressia.
Pochi giorni dopo saremmo tutte andate alla presentazione del libro e ci stavamo preparando per andarci da protagoniste, pronte a fare domande.
Quel giorno ci collegammo anche con la scrittrice e fu un bel momento!
Emozionante.
Ma mai, quanto il momento in cui Ginevra prese la parola e, con termini precisi come un bisturi, aprì davanti a noi la sua ferita personale.
Ci parlò di insicurezza profonda, di un fidanzato violento, dell’annientamento della sua personalità, dei suoi problemi alimentari in seguito a…
La classe era attonita.
Non sapevano.
Quel giorno facemmo un patto: nessuno avrebbe trasformato quel momento di sincerità estrema di Ginevra in un gossip da quattro soldi da raccontare ad altri. Nessuno di noi avrebbe tradito la fiducia che Ginevra ci aveva dato.
“Va un po’ meglio prof, ma è difficile. Lui lo vedo ogni tanto, da lontano. So che sta con una ragazzina delle medie inferiore e picchiarla è la sua normalità. Mi dispiace tanto per lei”
Io l’ascolto senza parole. Ho una nipote che fa la terza media e, inevitabilmente, il pensiero mi va a lei ed a tutte quelle giovanissime donne che si illudono di essere degne di amore, perché hanno addosso lo sguardo di un uomo possessivo e malato.
Ginevra mi racconta e lo fa con parole che non tralasciano dettagli dolorosi.
“Ginevra, ma secondo te, sarebbe utile a qualcuno un tuo scritto?”
“Certo prof! Voglio che le ragazze riescano a capire quando, quello che hanno davanti, non è amore ma ossessione tossica. E che non devono mai permettere a un uomo, a un ragazzo, di “modificarle”. Perché chi sbaglia non sono loro ma chi, con occhi cattivi, le schiaccia fino a farle guardare allo specchio, provando odio per loro stesse! ”
Cosi oggi rendo pubblico lo scritto di Ginevra. Con il suo consenso. Sperando che serva a qualcuno.
“Ho riparlato di lui…
Ho riparlato della nostra breve storia tossica…
Breve perché troppe persone si sono messe in mezzo e tossica per il suo, il mio, il nostro comportamento.
Mi dicevano “Ginevra no, lui no, tu devi avere alte prospettive”.
Ma in quel periodo l’unica prospettiva era: io, lui e una casa tutta nostra.
Lui è stato l’unico con cui ho aperto il mio cuore, raccontandogli di me, del perché non riuscivo più a dormire, del peso che percepivo essere per la mia famiglia.
Lui era l’unico che, con una semplice parola o con un semplice gesto, aveva il potere di far tacere o dar sfogo ai miei pensieri. Ero inconsapevole che il mio parlare troppo sarebbe diventato una lama a doppio taglio…
La domanda più frequente è stata “cosa aveva lui per farti perdere così tanto la testa?”
Lui aveva quel non so che di complicato che mi aveva incuriosita, quel suo modo di prendere ogni mia paura con le pinze a farla diventare anche un po’ sua. Perché io, per lui, dovevo essere un libro aperto che solo lui poteva e sapeva leggere…
Perché se solo qualcun’altro avesse provava ad addentrarsi in quelle fitte righe per provava a capirmi, erano guai.
E ad oggi posso dire che sì, le sue parole mi spiazzavano, erano cattive, e i suoi occhi pieni d’odio quando facevo qualcosa che reputava sbagliata, non li scorderò mai.
“Amore, ma io non è che non mi fido di te, ma degli altri”
“Amore, ti giuro su mia figlia che non rifarò mai più una cosa così nei tuoi confronti” diceva…
E io, con la paura che mi mangiava dentro, rispondevo che era tutto ok, che lo sbaglio ero io non lui, che tutto quello che faceva era perché mi amava.
“Ti ho detto di chiamarmi” e, nonostante io non uscissi mai per non farlo arrabbiare, dovevo avere lui in videochiamata anche per fare la spesa con la mia mamma, che ormai mi vedeva con lo sguardo perso e ingrassare nuovamente.
Perché con lui avevo ricominciato a sfogare tutto sul cibo e dopo che ci siamo lasciati, eccomi di nuovo a saltare i pasti, a reputare il cibo una condanna da evitare…
Ho visto mamma essere chiamata in caserma, solo perché io volevo farti sentire amato, apprezzato…
Come se io avessi potuto cambiare una persona come te…
Ora ho solo rabbia nei miei confronti, perché ti ho permesso di farmi questo, ora vado da una psicologa, mi seguono passo passo quando mangio e quando vado in bagno…
Vedere la mia mamma stare così male per me e farsi in 1000 per aiutarmi, mi spezza il cuore.
Lui si è presa la parte più bella di me e poi l’ha fatta a pezzi.”
Carissima Ginevra, tu ce la farai. Tu rinascerai.
Anzi: lo sta già facendo.
Viva la vita!
M.C.