C’è fuoco e fuoco

Quella che vedete a destra è una bellissima foto scelta dal National Geographic nell’aprile del 2010.
È stata scattata in Laos da John Stanmeyer.
In questo paese il nuovo anno si festeggia a metà aprile ed il fotografo ci ha regalato questa rasserenante immagine: una donna che pone la sua offerta infuocata sul fiume Mekong, noto ai laotiani come “la madre delle acque”.
La foto a sinistra, sempre tratta dal National Geographic, raffigura un altro festeggiamento per un nuovo anno.
Questa volta siamo a Sydney nel 2000 e la fotografa si chiama Annie Griffits. Quelli che vedete sono venti tonnellate di fuochi d’artificio fatti esplodere sul porto.
Per una come me che adora i fuochi d’artificio, la foto sotto non può che essere strabiliante.
Eppure la foto sopra mi affascina ancora di più ????
Mi racconta qualcosa che ha a che fare con la meditazione.
Con un camminare volutamente “lento” e profondo.
Con un vivere senza la bulimia di continui picchi di adrenalina, ma con la saggezza del vivere a braccetto con la gratitudine ed il rispetto.

Continua a leggere C’è fuoco e fuoco

“Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni” (Fedor Dostoevskij)

“Cosa farei se avessi 24 ore di libertà? Andrei a sentire l’odore dell’erba appena tagliata”

“Chissà cosa darei per accompagnare mia madre a fare la spesa e spingerle il carrello”

“Spacciavo perché ero un illuso affamato di amore. Mi sentivo cercato da tutti e con la bella vita a portata di mano. Troppo tardi ho capito che stavo rovinandomi. E’ che l’apparenza ci imprigiona il cervello e non ci fa più capire ciò che vale veramente”

“Il momento più doloroso è stato sentire il pianto di mio padre quando gli ho detto che lo stavo chiamando dal carcere. A volte mi chiedo come facciano, i miei genitori, ancora ad amarmi e starmi vicino”

“No, dopo che sono stato arrestato tutti i miei amici mi hanno abbandonato. Ma forse non erano amici”

“Cosa ho fatto la prima notte? Ho pianto. E poi anche la seconda notte ed anche la terza. Ho pianto per quindici notti, sfinito dalla tristezza che mi entrava dentro le ossa”

“Il dolore del carcere si allarga all’intera famiglia. Non siamo solo noi a soffrire”

“Ho sbagliato ed è giusto che io sia qui. Voi ragazzi siate più in gamba di me”

“Gli anni in cui sono stato sballottato tra un collegio e l’altro, hanno segnato la mia esistenza. Ora sto cercando di riprendere in mano il timone della mia vita”


I detenuti parlano con i nostri ragazzi ed i ragazzi non battono ciglio.

Ascoltano e chiedono.

Arrivano domande sul pentimento, il rimorso e la coscienza. Sulla vita quotidiana in carcere e sulla fatica di rinascere. Si parla di cose scomode, di sovraffollamento, di autolesionismo e suicidi, di diritti dei carcerati e di sanzioni da parte dell’Europa nei confronti del mondo penitenziario. Continua a leggere “Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni” (Fedor Dostoevskij)