Quando lei mosse gli occhi a Fabriano (e non solo)

Torna indietro nel tempo, fino al 1796.

Napoleone ha 27 anni ed è nel pieno delle sue conquiste.

La campagna d’Italia, iniziata proprio quell’anno, gli sta facendo collezionare tante vittorie e il generale francese sta dimostrando le sue grandi capacità di stratega e di condottiero.

Dal 1796 al 1797 Napoleone instaurerà il dominio francese, su gran parte dell’Italia settentrionale e centrale.

E Fabriano è nell’Italia centrale.

Per la precisione fa parte dello Stato Pontificio.

E poi, come se non bastasse il problema francese, i fabrianesi stanno anche affrontando una grave crisi economica; una crisi che ha indebolito fortemente il popolo rendendolo facile preda di nemici ed invasori.

Tutto sembra andar male.

Tutto sembra in decadenza.

L’industria della carta, che aveva reso noto il nome della città in tutta Italia, era in declino.

Basti pensare che le fabbriche, da 27 che erano nel 1711, si erano ridotte a 8 nel 1777.

E non finisce qui perché, dal 1778 al 1783 (cioè in soli 5 anni), le fabbriche rimaste saranno soltanto due.

Due!

Alla gravissima crisi della carta si è aggiunta un’altra crisi: quella delle concerie.

A proposito: lo sai che proprio questa era la zona delle Conce? La zona più povera della città.

Nel 1796  anche l’economia delle concerie era oramai in rovina, soprattutto a causa del Papa. Infatti Clemente XI, nel 1703, con un decreto, aveva tolto a Fabriano il compito di rifornire l’esercito pontificio delle divise militari.

Insomma: un periodaccio!

Per risolvere la situazione e risanare le finanze vengono perfino tassati i luoghi religiosi.

In questo contesto è facile comprendere come fosse la popolazione fabrianese di allora: povera, ignorante, analfabeta, superstiziosa… Una popolazione ingenua e facile preda di coloro che, negli anni a seguire, combatteranno per il predominio sulla città.

E’ in questi tempi difficili che arriva quel mercoledì 13 luglio 1796.

Due donne (madre e figlia) si sono alzate presto e sono uscite di casa, non immaginando neanche lontanamente quel che, di lì a poco, avrebbero visto.

Stanno transitando nella Contrada dei Tintori.

Camminano lungo la sponda del fiume Giano e stanno passando davanti a un umile locale adibito a magazzino (per l’appunto, la chiesa della Madonna delle Grazie di oggi).

Lì c’è un ponte; il ponte del Salnitro.

Quel ponte è l’unico ingresso per i contadini che, con i birocci, portano le derrate alimentari ed i loro prodotti agricoli nelle cantine dei signori che vivono nella parte di Castelvecchio.

Non potevano passare per Via Marimengo (chiamata poi, dal 1864, via Cialdini) perché poi al Ponte dell’Aèra si sarebbero dovuti fermare. Al di là di quel ponte ci abitavano i signori. Tanto per capirci, per andare a fare una visita alla Madonna del Buon Gesù, uno si doveva vestir bene.

Qui invece, in questa zona, i contadini passavano vestiti di povertà e con i loro birocci carichi di merce.

Attraversavano il Ponte del Salnitro.

Avanti e indietro.

Questa stessa gente semplice aveva pensato bene di mettere l’immagine della Madonna sul muro di quel magazzino, posto proprio vicino a quel ponte di passaggio.

Un magazzino semplice, simile ad una capanna. Su un muro esterno ci stava una specie di sportello che si apriva e si poteva vedere il dipinto della Madonna.

Loro passavano, vedevano lo sguardo della Madonna su di loro e speravano (probabilmente ne avevano la certezza) che Lei li avrebbe seguiti e protetti.

E’ in quest’atmosfera di lavoratori sudati, affaticati e sporchi, che accadde un fatto strano.

E’ mercoledì 13 luglio 1796.

Le due donne camminano, sostano in preghiera avanti all’immagine, ma si bloccano.

L’immagine sembra viva, gli occhi della Madonna si muovono ripetutamente e sembrano dire: “Vi ho ascoltato ed ho esaudito le vostre suppliche”.

L’emozione è immensa e il passaparola dal borgo alla città, è velocissimo.

In poche ore giungono tanti fabrianesi e per tre giorni in tanti vedono quegli occhi vivi che continuano a muoversi, a guardare e a lasciarsi guardare.

Il secondo giorno per registrare il fatto, arrivano anche i magistrati del Comune con i notai.

Nel 1796 non vi era né WhatsApp e né i social, altrimenti i cittadini di Fabriano avrebbero già saputo di far parte di un fenomeno più vasto, i cui confini non erano né a Fabriano, né al 13 luglio 1796.

Dal 1796 al 1797 infatti, in tutta l’Italia Centrale, Maria si rese presente più che mai, attraverso sguardi ed occhi vivi e moventi che, a centinaia, vedranno e testimonieranno.

In quei due anni quadri e affreschi posti lungo le stradine di paesi e città (che vanno da Ancona a Roma, da Rimini a Recanati, da Jesi a Civitavecchia) inizieranno a prendere vita.

Le immagini della Madonna cambiano colore, mutano l’espressione e gli occhi (solitamente rivolti verso il basso) iniziano a muoversi ed a guardare quei figli giunti lì, emozionati e commossi.

Sembrano appuntamenti d’amore e di fede.

Ora, siccome bisogna essere credenti ma non creduloni e siccome (come diceva Gilbert Keith Chesterton) “Il credente è un signore che accetta un miracolo, se a questo l’obbliga l’evidenza”, io stessa sono andata a leggermi un libro, pieno di documenti storici attendibili su questi avvenimenti (“Gli occhi di Maria”, Rizzoli, Milano 2001, di Vittorio Messori e Rino Camilleri).

Volevo vederci chiaro.

So perfettamente che la fede in Dio è il frutto di un cammino complesso, che non si ferma certo a degli occhi moventi di un quadro, ma se quello stesso buon Dio ha creduto opportuno regalarci questi segni (visibili a tutti, a prescindere dal ceto sociale, dal livello culturale o dalla profondità della fede personale), non posso certo voltarmi dall’altra parte.

Non ci riesco.

Dal 25 giugno 1796 centinaia e centinaia di persone (abbiamo tutti i nomi documentati e riportati nei processi canonici dell’epoca indetti per accertare l’autenticità del fenomeno) dicono di aver visto le immagini della Madonna prendere vita. I testimoni oculari appartengono a tutte le categorie sociali. C’è il parroco e la marchesa, il capitano della guardia civica e il padre cappuccino, c’è il portiere e l’architetto…

Dicevamo all’inizio: sono tempi difficili. L’occupazione napoleonica porterà una tragica violenza nella quotidianità. Stragi, persecuzione sociale e religiosa, furto del nostro patrimonio artistico… tutto è intriso di brutalità e paura.

E’ in questo clima che la Madre di tutte le creature si rende presente, diventando ancora una volta “di speranza fontana vivace” (rubo le parole al divino poeta nel suo XXXIII canto del Paradiso).

Anzi: più è grande il pianto che si alza verso il Cielo, più lei sparge speranza a più non posso. Si muove con scioltezza, agisce con fantasia e, in quei due anni, scambia sguardi con tutti coloro che le passeranno vicino per la strada.

Credenti e pagani, acculturati e semplici…  da questo punto di vista è interessante leggere le testimonianze dell’epoca!

Le più umili immagini della Madonna, prendono vita. Sono semplici edicole di strada che la devozione popolare ha posto agli angoli delle vie a ricordo di qualche grazia o richiesta di protezione. Niente è intellettuale o solenne, in questa storia.

E mentre nella modestia Maria si fa vedere, Napoleone scende e conquista la penisola con la tracotanza dei potenti.

Maria consola, Napoleone minaccia.

Maria scende in basso per custodire; Napoleone sale in alto per comandare.

Eppure questo generale, con tutte le beghe che ha, l’11 febbraio 1797 si intestardisce a voler dimostrare che il quadro che ad Ancona ha mosso gli occhi di fronte a tanta gente, è un falso. E’ una truffa. E’ un’invenzione dei canonici del Duomo. I giacobini lo mettono in allarme e lui stesso vuole ispezionare l’immagine.

Quel giorno Napoleone la prende in mano, liberata dalla cornice.

La guarda.

La osserva.

La ispeziona con scrupolo.

Una folla, nel frattempo, sta osservando la scena.

Al generale non sfugge il nastro di perle, rubini ed altre pietre preziose che fanno da corona all’Immagine. Lo vuole. Il motivo è “provvedere il corredo da sposa ad una giovane”.

Fa togliere dal quadro il prezioso nastro e poi lo riprende nuovamente in mano.

In tanti continuando ad osservare i movimenti del generale.

Napoleone guarda ancora l’Immagine. E’ concentrato. Sembra perplesso. Qualcuno dice che, ad un certo punto, muta il colore del viso.

E improvvisamente tutto cambia. Napoleone restituisce frettolosamente il nastro di pietre preziose e vuole che sia rimesso subito sul petto della Madonna.

Chissà cosa avrà visto, per cambiare così inaspettatamente idea!

Dall’11 febbraio 1797 ad Ancona, torniamo al 13 luglio 1796 a Fabriano.

E’ in questo clima che le due donne fabrianesi si affacciano, con meraviglia, su una catena di prodigi che racconta la protezione di una Madre.

E la catena non finisce certo quel 13 luglio!

Come quello che accadde qualche mese dopo, in inverno inoltrato.

Il fiume Giano era in piena e con la forza dell’acqua si era portato via il ponte di legno del Salnitro, travolgendo un povero contadino col suo carretto. L’uomo, in mezzo al fragore dell’acqua, aveva dato uno sguardo di supplica al dipinto della Madonna, invocando il suo aiuto. Si narra che il povero birocciaio si ritrovò in un attimo sulla sponda del fiume. Per questo fatto tutti andranno poi a ringraziare la Madonna davanti a quel quadro e Lei muoverà – di nuovo – gli occhi.

I notai comunali registreranno – di nuovo – anche questo fatto.

O come quando il 26 giugno 1799, i fabrianesi terrorizzati pregarono Maria davanti all’immagine della Madonna delle Grazie, perché il generale Monnier, dell’esercito Napoleonico, stava distruggendo la città.

Era accaduto che, verso Cancelli, uno scapestrato aveva tirato un colpo di schioppo ad un soldato francese e Monnier aveva dato ordine di vendetta verso la città intera.

In tanti andarono davanti alla Madonna a pregare e la mattina dopo i francesi non c’erano più.  Si erano avviati verso la Vallesina per andare verso il mare.

Durante quella preghiera accorata dei fabrianesi, la Madonna – di nuovo – aveva mosso gli occhi e guardato i suoi figli terrorizzati.

I documenti raccontano di uno sguardo accogliente che si volgeva verso coloro che a Lei si rivolgevano.

Era un guardarsi reciproco.

E come non ricordare che Fabriano è stata liberata dai nazisti proprio il 13 luglio 1944? I giorni precedenti i fabrianesi, stremati dalla guerra, si erano riuniti nel santuario, implorando Gesù e Maria per la fine di quella tragica guerra. Il 13 luglio il popolo accorse in massa a ringraziare Maria.

In questo santuario c’è un patrimonio di fede!

Attualmente lì vi sono conservati oltre 200 ex-voto. Sono quei cuori d’argento che rappresentano tante grazie ricevute.

Sono appesi alla destra ed alla sinistra del quadro.

Ed ora questa storia passa a te: che vuoi farne?

P.S. La Sacra Immagine, a causa del terremoto del 1997, è ora custodita nel Centro Comunitario della parrocchia di san Nicolò, in via Romualdo Sassi.

Per visitarla, la chiesa è aperta il martedì, giovedì e sabato da circa un’ora prima della Messa (inverno: 17.30; estate: 18.30); la domenica dalle ore 8:15 alle ore 9:15 (santa Messa ore 8:30).

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