Buongiorno prof, sono Emanuela, forse si ricorda di me… volevo congratularmi con lei per la pubblicazione del suo libro! Ricordo bene quando ci leggeva in classe i suoi “pezzi” e di come, a poco a poco, questi diventavano sempre più intimi e vicini alle persone.
I temi di cui parla sono sempre attuali e noi ragazzi abbiamo bisogno di COMPRENDERE. Devo ancora acquistarlo, ma sbircio spesso il blog tramite Facebook (almeno in questo è utile!).
Le scrivo anche per raccontarle una piccola “storia” che ho vissuto qui all’Uni, nella facoltà di Psicologia che frequento.
Lezione di pedagogia generale. L’insegnante è davvero tosta e, devo dire, particolarmente “agguerrita” sul tema “Istruzione” (che, a quanto pare, le sta veramente a cuore). Un giorno ci pone all’attenzione una domanda secca e apparentemente facile.
“Quali figure adulte hanno avuto, nella vostra vita privata e scolastica, particolare importanza?”.
Bene, ovviamente la Famiglia è la prima risposta immediata, ma non basta. A 21 anni posso dire di aver trascorso più o meno metà delle giornate della mia vita a scuola. Da sola? Certo cheno. Dunque, figure adulte, importanza…mmmhhh… ah, eccoli, gli insegnanti! Quanti di loro mi hanno realmente insegnato qualcosa? Pochi, purtroppo. Ho incontrato pochi insegnanti capaci di trasmettere passione, conoscenza, voglia di essere curiosi, di stimolare e anche di far capire quanto sia importante essere brave persone piuttosto che bravi alunni.
Volevo dirle che una di quelle figure adulte che m
i hanno segnato è stata proprio lei, insieme ad altre poche persone che ho conosciuto. Adulti insegnanti che sono andati oltre, che hanno trasmesso la propria passione professionale, ma anche la propria parte umana che DEVE trasparire in un lavoro come quello di insegnante.Insegnare a fidarci delle nostre capacità, di poter crescere
dentro ed essere persone migliori, di proiettare Noi agli Altri, perché ciò di cui abbiamo bisogno oggi è proprio Umanità e Amore.
Credo che lei lo abbia fatto veramente bene, in modo divertente (a volte anche strano!) e profondo, senza sminuire mai il significato di ciò che volesse comunicare.
Sperando di averle strappato un sorriso, buona giornata e continui così, Ema 🙂
Carissimissimissima Emanuela, mi hai strappato un grandissimo sorriso! Anzi, a dir la verità sto ancora saltando da una sedia all’altra della cucina
per la contentezza!
E’ così bello (gratificante, speranzoso, entusiasmante, incoraggiante … echipiùnehapiùnemetta) leggere una lettera in cui si dice: “Anche se sono fuori dalla scuola…anche se il tempo è passato…anche se la mia mente si sta ampliando…anche se il mio cuore è in tutt’altre faccende affaccendato…una parte di lei è rimasto in me!”
E tu nel mio cuore? Ci sei entrata e mai più ne uscirai! E ti dirò di più: io sono super certa che tu, ovunque andrai, lascerai delle belle orme proprio come le hai lasciate in me!
Orme fatte di umile e profonda intelligenza…
Orme contornate da bella ed energica curiosità…
Orme che faranno spazio ad altri cammini, dietro di te…
Tu hai scritto una lettera interessantissima riguardo la scuola ed hai fotografato l’essenza di ciò che essa dovrebbe essere.
Sai Emanuela, quando penso al mio lavoro, mi vengono sempre in mente “tre scalini”. Hai presente quelle piccole scalette in legno composte da tre gradini che, all’interno di una biblioteca, servono per far salire i lettori e farli arrivare a prendere i libri che sono in alto?
Ecco: quando penso a me come insegnante, mi vedo come quei tre scalini.
Tre piccoli gradini per farvi salire così in alto, da rendervi vogliosi di prendere tutti i volumi che vorrete e darvi l’entusiasmo per “leggere” tutto il mondo.
Io vi conosco a quattordici anni e vi lascio a diciannove. Cinque anni in cui avrò la possibilità di darvi il desiderio di salire su quella scala ed accaparrarvi competenze a trecentosessanta gradi.
Io non potrò insegnarvi tutto, ma potrò lasciarvi il gusto di sapere (sempre ed in continuazione!)
A scuola io ho avuto pochissimi insegnanti capaci di far questo con me, ma ne sono bastati un paio per lasciarmi il segno!
Sono stati insegnanti che prima mi hanno dato e poi mi hanno chiesto: vogliamo chiamarla coerenza e rispetto?
Ricordo che entravano in classe pieni di entusiasmo, contagiando anche noi! E se leggevano e si aggiornavano, coinvolgevano anche noi nelle loro nuove scoperte.
Li ammiravo quando, di fronte a nostri atteggiamenti ribelli, non si mettevano a rivendicare il loro potere di mettere note e sospensioni, ma “ascoltavano” la situazione e la prendevano in mano proprio come farebbero degli educatori. Così noi capivamo che quei due volevano davvero aiutarci.
Con loro decidevamo delle regole e le rispettavamo tutti insieme. Inoltre intuivamo che avevano una buona autostima: le minacce ed i rimproveri offensivi infatti, non facevano assolutamente parte del loro patrimonio professionale.
Ma soprattutto amavo il fatto che la lezione la costruivamo insieme.
Se ci pensi bene, sono semplici regole che qualsiasi persona con un po’ di buon senso potrebbe attuare. Quel buon senso che esiste da millenni. Non dobbiamo inventare la luna per essere bravi insegnanti.
Già Quintiliano, quasi duemila anni fa, auspicava un insegnante serio ma non cupo, affabile ma non sguaiato, che non doveva avere i vizi che non ammetteva negli altri, che doveva essere disponibile e che doveva spiegare conoscendo anche il mondo nel quale vivevano i suoi alunni.
Ad un insegnante non si chiede di essere un amico o uno psicologo o un genitore. Semplicemente si chiede di motivare l’alunno a fare quei tre scalini, trasmettendogli il desiderio di imparare e di diventare “sempre meglio”.
Le riforme scolastiche degli ultimi anni mi mettono un grande pessimismo addosso.
“Le riforme urgenti sono tanto conti, sprechi e burocrazia quanto la scuola e l’educazione. Se i primi ci daranno il fiato per i 100 metri, l’istruzione ci darà il respiro per la maratona del futuro.
La scuola sarà motore di futuro quando smetterà di essere per la politica ammortizzatore sociale e serbatoio di voti, nel migliore dei casi, oggetto di puro disinteresse nel peggiore. Occorre, urgente, un segno di discontinuità. Una scuola che, pur avendo un curriculum tra i migliori del mondo, è ferma ad un modello educativo e didattico obsoleto e autoreferenziale. Una scuola in cui il
coinvolgimento delle famiglie è effimero, pur essendo la scuola “relazione a tre”, l’unico triangolo amoroso che potrebbe funzionare se ciascuno degli attori (insegnanti-studenti-genitori) desse agli altri ciò di cui l’altro ha bisogno, nell’ottica di un bene comune da realizzare, svincolandosi da quella dialettica binaria che vede tutti contro tutti” (Alessandro d’Avenia)
Vai a leggere l’intero articolo di quest’insegnante innamorato della scuola: http://www.profduepuntozero.it/2014/02/26/2064-chi-semina-datteri-non-mangia-datteri/
Se puoi, comprati il libro di un’altra brava insegnante chiamata Paola Mastrocola intitolato “Togliamo il disturbo (https://www.ibs.it/togliamo-disturbo-saggio-sulla-liberta-libro-paola-mastrocola/e/9788860881649)
Più che un libro è una battaglia “perché la cultura non abbandoni la nostra vita e prima di ogni altro luogo la nostra scuola”. Ed è anche “un atto di accusa alla mia generazione, che ha compiuto alcune scelte disastrose e non manifesta oggi il minimo pentimento”
Tre scalini, cara Emanuela.
Vorrei essere quei tre piccoli scalini perché, nel mio piccolo ed insieme ad un sacco di colleghi in gamba, possa continuare a dirvi: “Riprendetevi in mano la libertà di studiare!”
Buttatevi alle spalle le influenze di una società che vi coccola o vi compatisce, ma non vi dà futuro.
Emanuela: diventa una brava persona!
Ne vale la pena.
È l’unico modo per entrare nel cuore degli altri e metterci radici.
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