Ridono con il loro porcellino dorato sotto braccio.
“Prof, è giunto il momento di rompere il porcellino e con i soldi… pizza per tuttiii! Olè!”
Cristiano, Joan, Omar, Filippo e Thameur: sono i fantastici cinque del mio cuore.
Fanno parte di una classe che, se potessi, me la porterei pure a casa.
Intelligenti, critici, simpatici, scansafatiche q.b., propositivi, ironici, belli, islamici, atei, cristiani, sensibili, cocciuti, curiosi, timidi, estroversi…c’è di tutto.
Chiedo ridendo: “Ragazzi, cos’è sta storia del porcellino? Che poi…Omar che tiene in mano un porcellino…che è pure islamico…mettilo via!”
Dimenticavo un’altra caratteristica: allegri!
In questa classe sono allegri e si può scherzare “di tutto” e “su tutto”.
“Prof, quando parliamo diciamo un sacco di parolacce e allora…”
“Le dirai te un sacco di parolacce; io no!”
“Ma sta zitto va! Che proprio ieri… famme sta zitto va!” e ridono.
“Comunque un po’ di mesi fa abbiamo deciso che, ad ogni parolaccia detta, avremmo messo 50 centesimi nel porcellino”
“Una specie di multa”
“Per le bestemmie 1 euro”
“Perché qui in Italia, prof, voi bestemmiate un sacco! Io non lo so perché fate così”
“E certo, perché voi in Marocco non bestemmiate mai, no?!”
Ridono.
Si divertono.
Sono così uniti che possono permetterselo.
Victor Hugo diceva: “È dall’ironia che comincia la libertà”. Concordo.
Mi spiegano che, dopo un po’, per non pagare multe, nessuno diceva più parolacce.
Si controllavano tra loro.
Non solo: si erano così abituati a stare attenti che, anche al di fuori della scuola, per allenarsi, non le dicevano più.
Io li ascolto, divertita dal loro divertimento.
Questi ragazzi sono gli stessi che un paio di settimane fa mi hanno detto: “Prof, noi quest’anno facciamo il quinto. Tra pochi mesi saremo fuori di qui. Vorremmo lasciare un segno del nostro passaggio. Un miglioramento nella scuola.
Ci pensiamo insieme?
Che so…mettere a posto il prato e piantare qualcosa …riverniciare un muro e farci un murales…qualcosa di bello che rimanga!”
“L’educazione dovrebbe inculcare l’idea che l’umanità è una sola famiglia con interessi comuni.
Che di conseguenza la collaborazione è più importante della competizione”.
Russel sarebbe stato contento di conoscere questi ragazzi. Io lo sono.
In un mondo obeso di gesti grassi di competizione e narcisismo, cinque ragazzi provenienti dai quattro cantoni del mondo, mi stanno facendo vedere cos’è l’umanità quando diventa una sola famiglia.
Li guardo, li ascolto e vedo una fantastica dinamica di gruppo.
E’ la famosa dinamica dominante di cui parla il grande matematico (Premio Nobel per l’economia – 1994) John Forbes Nash.
Ricordate la celebre sequenza del film biografico “A beautiful mind” che racconta la sua vita?
Il giovane Nash è al bar con alcuni amici e…wow!
Una stangona bionda e quattro amiche entrano nel locale.
Gli ormoni prendono il sopravvento ed i ragazzi cercano di decidere come spartirsele.
Ma tutti vogliono la stangona bionda.
Il motto è: “Ognuno per sé e che vinca il migliore! E quelli che fanno fiasco finiscono con le sue amiche!”
Un ragazzo spiega: “Ricordate Adam Smith, il padre dell’economia moderna? L’ambizione individuale serve al bene comune!” Tutti annuiscono complici e col tono goliardico di chi la sa lunga.
Ma in questo turbinio di eccitazione in crescita, John Nash è silenzioso, osserva e pensa.
Riflette.
Deduce.
Parla.
“Adam Smith va rivisto!” “
Ma di che cosa stai parlando?”
Il giovane Nash non fa caso alla scandalizzata obiezione dei suoi compagni di studi, abituati più a studiare ed imparare che non ad osservare e rinnovare.
“Perché se tutti ci proviamo con la bionda, ci blocchiamo a vicenda. E alla fine… nessuno di noi se la prende.
Allora ci proviamo con le sue amiche, e tutte loro ci voltano le spalle, perché a nessuno piace essere un ripiego.
Ma se invece nessuno ci prova con la bionda, non ci ostacoliamo a vicenda e non offendiamo le altre ragazze. È l’unico modo per vincere. L’unico modo per tutti di scopare!
Adam Smith ha detto che il miglior risultato si ottiene quando ogni componente del gruppo fa ciò che è meglio per sé, giusto?
Incompleto. Incompleto! Perché il miglior risultato si ottiene…quando ogni componente del gruppo farà ciò che è meglio per sé, e per il gruppo!”
I compagni non capiscono.
Quel ragazzo strano e taciturno dice cose al di fuori dell’ovvio.
In quella gara di spavalderia per conquistare la bionda, Nash è la voce fuori dal coro che, pian piano, sta scoprendo la sua teoria dei giochi.
Travolto dall’entusiasmo, prende carta e penna e la spiega ai compagni.
“Se è un sistema per essere l’unico a provarci con la bionda, vai all’inferno!” “Dinamiche dominanti, signori. Dinamiche dominanti! Adam Smith… si sbagliava!“
Nash, da matematico, ha intuito che il miglior risultato si ottiene quando ogni componente del gruppo fa ciò che è meglio per sé e, contemporaneamente, per il gruppo.
Il bene comune massimo si raggiunge se oltre ad agire nel mio interesse, agisco anche nell’interesse degli altri.
Questo crea la vera convenienza.
Lavorare tutti con logiche comuni, accordandosi sulla ricerca del risultato migliore per tutti.
Essere un costruttore di case che resistano ad un terremoto.
Fare il politico con la mente aperta al bene comune.
Diventare un insegnante che semini curiosità ed irrori ogni intelligenza.
Giocare a nascondino senza barare.
Guidare l’automobile rispettando le strisce pedonali.
Essere un padre che lavora per vivere e non viceversa.
Aprire un’attività ed essere onesti.
Milioni di esempi per capire ciò che diceva John Forbes Nash.
In sintesi estrema: chi vuol guadagnare qualcosa, deve mettere anche gli altri nella condizione di portarsi a casa qualcosa.
Conviene sempre darsi delle regole e rispettarle; anche di fronte alla possibilità di non avere vantaggi immediati, perché la reciproca sfiducia non porta vantaggio ad alcuno.
In poche parole, l’avidità ed il narcisismo, conduce alla lotta degli uni contro gli altri mentre invece, se si collabora, ognuno porta a casa qualcosa di buono. S
emplice no?
Pensate come cambierebbe il mondo se, per un anno, dappertutto, si attuasse la teoria dei giochi di John Nash!
Circa duemila anni prima, un certo Gesù Cristo ce lo aveva detto in tutti i modi:
“Ama il prossimo tuo come te stesso”.
Conviene a tutti ascoltarlo.
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