Quando ascolto le sue parole, mi sento capita, sento che qualcuno riesce a percepire il mio dolore dalle parole che pronuncio, perché ultimamente nessuno lo fa, nessuno è in grado di poter sentire il mio silenzio e la mia sofferenza, e io mi sento sempre più sola; perfino quando sono con le persone che mi vogliono bene! La ringrazio per le sue parole, che non mi fanno sentire più sola, e questo per me è molto importante. INFINITAMENTE GRAZIE!
Innanzitutto ti voglio subito tranquillizzare: tutti (chi più, chi meno) gli adolescenti (ma anche non) si sentono soli ed incompresi. So che il detto “mal comune, mezzo gaudio” è una magra consolazione, però aiuta a non sentirci i brutti anatroccoli della situazione.
Molti hanno difficoltà a comunicare con gli altri e la camera spesso diventa il rifugio da tante frustrazioni emotive.
E se proprio la devo dire tutta, molti non sono neanche capaci di comunicare con se stessi. Qualcuno lo chiama analfabetismo emotivo.
In pratica si è incapaci di decifrare i propri sentimenti e le proprie emozioni e l’incapacità di leggere nel proprio animo, provoca solo un impulso all’azione, spesso svincolato dal proprio vissuto interiore.
Che significa in concreto?
Che facciamo una cosa (per esempio stare in silenzio) ma ne vorremmo fare un’altra (per esempio sfogarci); che urliamo un sentimento (“Non me ne frega niente di te!!!”) ma ne proviamo un altro (“Ti prego, non mi lasciare!!!”) e così via.
Tutto questo ci isola, aumenta il senso di inadeguatezza, abbassa la nostra autostima e fa riaffiorare antiche ferite.
Boom! Si scoppia! Dentro di noi c’è il finimondo!
Il dolore si fa avanti e noi ci sentiamo incompresi. Ed effettivamente lo siamo.
Anzi: spesso siamo un mistero di emozioni anche per noi stessi.
E’ per questo che nella mano dell’adolescente ci sono vere e proprie bombe a mano pronte, lì lì, per esplodere. Hanno vari nomi: tossicodipendenza, anoressia, bulimia, depressione…
Ma allora che facciamo? Ci lasciamo andare alla tristezza angosciante? Ma no!
Ci sono tante cose che si possono fare; ma la prima, la più importante, è non lasciarsi soffocare da quel silenzio forzato che si chiama “solitudine”.
La solitudine ci porta a rimuginare e (si sa) le elucubrazioni solitarie ingigantiscono sempre la parte oscura che ci vuol divorare.
Quindi, che si apra la porta alla creatività!
Più che rimanere passivi davanti a tv e internet, diventiamo attivi (teatro, danza, pittura, montagna, canto, lettura, volontariato, cucina…tutto ciò che crea cultura è un afrodisiaco della vita)
Poi lasciamoci inondare da tutto ciò che è comunicazione. Comunicare con se stessi (scrivere un diario? Perché no?) e con il mondo (leggere un libro? Giuro che non ci ammazza! Vedere un bel film? Ci può aprire un mondo!). Parlare con gli amici (scelti e belli!) o ascoltare un esperto (in ogni scuola o città ci sono educatori appassionati del mondo dei ragazzi) è salutare.
Infine rivalutiamo il ruolo del ‘nonno’! Non sto mica scherzando! Gli anziani sanno dare ai giovani tranquillità e infondere saggezza.
Ed ora la cosa importantissima: curare la propria spiritualità. La nostra anima è preziosa.
A prescindere da quanto forte infuri la tempesta o ululi il vento, noi tutti abbiamo quel centro interiore di calma e silenzio. Non dobbiamo permettere che eventi esterni ci derubino della gioia e dell’armonia.
Chiudiamo gli occhi, ogni sera, e addormentiamoci dicendo: “Padre, se ci sei, fatti sentire e non lasciarmi nella solitudine. Abbracciami”.
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Pensando all’importanza del prendersi cura anche spiritualmente di sé stessi, mi viene in mente un insegnamento sentito sul passo del Vangelo in cui in mezzo alla tempesta che imperversa sul lago di Tiberiade, gli Apostoli si spaventano e vedono Gesù avvicinarsi loro camminando sulle acque (Matteo, cap. 14 vv 22-36). Di fronte allo spettacolo glorioso del Signore che domina le furie della natura con una pace incredibile, sorprende l’atto di Pietro: chiede a Gesù di farlo camminare sulle acque per raggiungerLo! Un gesto diremmo quasi profanatorio! Un uomo che chiede a Dio di compiere lo stesso gesto!!!!!!!!!!
Ma ancora più sorprendente è l’atto di Gesù: asseconda Pietro nel suo osare e Pietro inizia a camminare sulle acque!!!! Inizia ad affondare quando dalla fiducia in Dio passa ad uno stato d’animo di paura!
Chiedo soccorso a Gesù e il Signore certamente risponde prendendolo per mano e rialzandolo.
Cosa voglio dire in tutto cio? E’ importante l’attitudine che dobbiamo avere nell’affrontare la tempesta. Qualsiasi tempesta (problema) della vita, può essere affrontato con la fiducia in Dio e può essere superato confidando nel Suo nome e nella Sua forza. Ma sempre fiducia in Lui!
Se togliamo il ns sguardo da Lui cominceremo ad affondare nel problema e questo ci inghiottirà.
La consolazione grande è che anche se ci distraiamo da Dio, Lui sarà sempre pronto a riprenderci, ad allungare la Sua mano potente e paterna e rialzarci.
Grazie per questa riflessione! Quando ho attraversato il lago di Tiberiade, la più grande emozione è stato proprio il ripensare a questo passo che tu citi. Lo considero uno dei più belli e rassicuranti della Parola. Se crediamo, anche noi potremo camminare sulle acque. Vietate le distrazioni!:)