Dio vuole che tu sia te stesso!

Cara Maria Cristina ha bisogno di fare una domanda. La mia anima inquieta cerca continuamente Dio. Eh sì, è vero che avere fede è un dono, ma forse io ancora non sono pronta a riceverlo perché, nonostante mi sforzi, rimango continuamente nel vuoto. Nonostante il mio desiderio e la mia ricerca continua, non ho basi solide a cui appoggiarmi. Non ho un’esperienza di catechesi né tantomeno di una vita di comunità che mi possa guidare o sostenere. Certo il sentimento di Fede è qualcosa di personale Ma sappiamo benissimo che poi un vero percorso di conversione prevede l’ausilio di altre figure e di una comunità parrocchiale da frequentare e con cui condividere le esperienze.

Ebbene, arrivo al dunque: ho provato nel tempo ad avvicinarmi alla mia comunità, in un piccolo paesino in ************* ma non ci riesco e ogni volta rimango scottata.

Sicuramente io ho molti pregiudizi nei loro confronti e sento che anche loro li hanno nei miei. In un piccolo paesino come il mio, i ragazzi sono sempre suddivisi tra quelli che frequentavano i bar e quelli che frequentavano la parrocchia Certo io non ero tra questi ultimi, nonostante nel privato e in solitudine io mia mi sia sempre rivolta a Dio.

Ora sono cresciuta. Non sono più la ragazza che frequenta il bar. Ho un marito e due figli e sento fortemente l’esigenza di vivere la mia fede più appieno e in modo più coinvolgente anche per poterlo trasmettere ai miei figli. Però così non ci riesco. Rimane un pensiero, un atto solitario che non riesco a condividere con gli altri. Nel frattempo invece i ragazzi che frequentavano la parrocchia sono cresciuti con lo stesso legame di tanti anni fa.

Rimangono quindi, ai miei occhi, delle persone che si frequentano da tanti anni e che hanno formato (sempre secondo me) un gruppo piuttosto ristretto. Chiuso. Ogni volta che cerco di affacciarmi a questa nuova realtà mi sento a disagio, non mi sento accolta. Nonostante i loro sorrisi, c’è sempre qualche battutina. Tra le altre cose purtroppo, conoscendoli anche nel privato, non ho una buona opinione di loro e del loro essere veramente cristiani al di fuori delle celebrazioni della domenica. Sono tutte persone arroccate alle loro sicurezze e che non si sono mai sporcate le mani. O perlomeno, mettiamola così, non che io sappia.

Io da anni faccio volontariato, sono stata sei mesi in un paese in via di sviluppo ad aiutare madri e bambini abbandonati, per una o.n.g. gestita da suore. Da anni presto volontariato e lavoro come OSS, con un’attitudine che mi contraddistingue. Sto sperimentando, in piccola parte, la gioia di poter partecipare ad una piccola comunità di Fede, tutti i sabati pomeriggio, quando celebriamo la messa nella nostra casa di riposo con la dolce perpetua del parroco.

Ecco, solo in quel momento sento di far parte di una comunità di Fede. Quando insieme prepariamo l’altare, quando mi preparo per le letture… Il parroco che viene a dir messa da noi è un giovane indiano a cui affido tutti i miei peccati. Ma il parroco di ruolo (se così si dice) del nostro paese, è quanto di più odioso possa esistere. Un uomo arrogante che non ti saluta mai per primo e che raramente risponde con un sorriso ad un saluto altrui. Un uomo che usa l’ironia come mezzo di comunicazione normale, che fa battute sarcastiche e non ha mai una parola di conforto (a meno che tu non faccia parte della sua ristretta cerchia di adepti, tutti lì a rallegrarsi in chiesa tra di loro).

Bene, forse avrà già capito qual è il mio problema ma cercherò di spiegarmi lo stesso.

Quale può essere il mio percorso di fede in una situazione del genere, senza nessun punto di riferimento se non questa piccola perpetua rinchiusa tra le mura di una casa di riposo? Oppure il mio caro pretino indiano che, gira voce in paese, se la faccia con diverse donne.

Ho bisogno di qualcuno Ho bisogno di un percorso, di una comunità. Ho bisogno che la mia fede esploda. Non so a chi rivolgermi e, nel frattempo, mi dispiaccio perché la mia frequenza alla messa non è assidua, perché non riesco a partecipare agli incontri che ritengo vacui e intrisi di paroloni ripetuti a pappagallo senza che ci sia una reale corrispondenza nella realtà.

Per me, povera peccatrice inquieta che tanto ho sbagliato nella vita, quale conforto posso trarre di fronte a queste persone nate e cresciute nella grazia di Dio, che sembra non abbiano mai messo un piede in fallo, che pare non abbiano mai un dubbio, che tanto cantano le lodi di un Dio che sento che mi sta chiamando ma a cui non riesco a rispondere, perché non so chi devo seguire?

Dove devo andare? E’ difficile leggere e interpretare la parola senza un sostegno. Per ora i miei maestri sono Don Paolo Curtaz e don Fabio Rosini che vorrei tanto seguire nei loro incontri. E questa pagina che ogni giorno mi dà piccole perle di gioia. Rita.

 

Carissima Rita, tu non immagini quante volte io abbia ascoltato sfoghi simili al tuo.

Il non sentirsi accettati proprio da quella comunità cristiana che, invece, dovrebbe dare il benvenuto a braccia aperte, è un muro ingiusto su cui non dovremmo mai sbattere.

Che sia vero quel che tu scrivi o che sia solo una tua percezione, restano comunque attuali le parole di Paolo VI: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni». E’ un passaggio famoso dell’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi (anche se, in realtà, è una citazione di un suo precedente discorso pontificio tenuto durante l’Udienza al Pontificio Consiglio per i laici del 2 ottobre 1974).

Un giorno un mio amico, spiegandomi il suo ateismo, mi disse questa frase (attribuita, sembra, a Woody Allen): Non ho niente contro Dio, è il suo fan club che mi spaventa”.

Per fortuna ci sono però tante persone che, anche con una semplice chiacchierata di pochi secondi, ci fanno “sentire” Dio.

Senza accorgersene.

Hanno Dio in loro e lo fanno percepire agli altri.

Come una semplice perpetua del parroco od un altrettanto semplice prete indiano.

Dio ci viene incontro, attraverso persone che ci mettono nostalgia di Lui.

Grazie ad internet, poi, oggi è più semplice che in passato ascoltare e vedere tanti credenti (Don Fabio Rosini è bravissimo e così pure don Paolo Curtaz) da cui possiamo alimentare entusiasmo per cercare Dio.

E nel momento in cui Lo cerchiamo (proprio come stai facendo tu), possiamo stare certi che da Lui, per primo, siamo stati cercati.

Essere cristiani è molto semplice.

Siamo cercati.

Allora cerchiamo.

Siamo amati.

Allora amiamo.

Siamo felici.

Allora rendiamo anche gli altri, felici.

Poi si ricomincia, piacevolmente, dal primo punto.

Non occorrono anni di studi sui manuali per capire l’essenza del cristianesimo.

E’ un’esperienza.

E’ l’Amore che ha travolto san Francesco, senza che lui ne avesse studiato l’aspetto teologico.

E’ la Fede di coloro che non scrivono libri e non parlano in televisione.

La fede dei semplici ci salverà scriveva don Piero Gheddo (missionario, giornalista e scrittore) in un suo post (http://gheddo.pimemilano.com/2016/06/08/la-fede-dei-semplici-ci-salvera/).

Leggi che bel racconto…

“Nel 1991 ero nel Mozambico indipendente dal 1975, disastrato dalla guerra civile: sparatorie, posti di blocco, attentati terroristici, villaggi bruciati, profughi in fuga. Ma ho potuto visitare quattro diocesi … e parecchie missioni dell’interno. A Beira, la seconda città del Mozambico, il padre Bianco francese di cui ero ospite mi dice che i suoi cristiani sono gente semplice, ma hanno una fede molto viva. E mi fa incontrare uno dei suoi catechisti, Antonio Macuse, responsabile della comunità cristiana di un quartiere lungo il mare. È un padre di famiglia con cinque figli che fa il pescatore in una cooperativa, sua moglie è l’infermiera del quartiere, anche lei credente. Due giovani pieni di vita e di fede.

Antonio mi dice: «Siamo in guerra da molti anni e una delle piaghe della nostra città sono i bambini abbandonati, i “meninos da rua”, bambini di strada: non hanno più nessuno, né casa, né genitori. Vivono alla giornata, mangiano e dormono quando e dove possono». Gli chiedo quanti sono e risponde: «A Beira parecchie migliaia, su un milione circa di abitanti. Ma la nostra gente è buona, le famiglie sono accoglienti: hanno poco, ma quel poco lo distribuiscono volentieri. I “meninos da rua”, che in genere vengono dalla campagna, dai villaggi bruciati o assaltati dalla guerriglia, prima o poi riescono a trovare una famiglia che li accoglie. Io ho già cinque figli, ma, d’accordo con mia moglie, ne abbiamo presi altri cinque. Come si fa a lasciare un bambino per strada?» .

Antonio parla con grande naturalezza, come si trattasse di un fatto normale. Mi porta a vedere la sua abitazione: tre stanze più la cucina, i servizi e un balcone, in un palazzo a molti piani, costruito al tempo dei portoghesi ma già fatiscente. Mi pare impossibile che riescano a dormire in 12, ogni notte, in quelle tre stanze. Ed anche mangiare tutti i giorni. «Padre – mi dice Antonio – il Signore è buono ci ha sempre aiutati. Tanti ci aiutano anche per portare i bambini a scuola e sostituirci in casa quando siamo fuori per lavoro, ma senza l’aiuto della Caritas parrocchiale, non potremmo farcela. Oggi l’educazione dei miei cinque figli più grandicelli (la prima ha 16 anni) è più facile. Si sentono responsabili anche loro di questi nuovi fratellini e sorelline. Insegniamo a tutti le preghiere cristiane e preghiamo assieme a loro». Nella casa di Antonio e Maria c’è il letto matrimoniale e due altri letti, dove dormono i maschietti e le femminucce più piccoli. Da sotto questi due letti, Antonio tira fuori le stuoie di paglia che stende per terra anche nel corridoio. «Ciascuno ha il suo letto e la sua coperta – dice – e sono tutti al riparo dalla pioggia».

In Mozambico, una delle parole portoghesi più usate è “partilhar”, che significa “condividere”, farne parte a tutti. È il Vangelo tradotto in pratica, che diventa vita. L’ho sperimentato in varie circostanze. Ad esempio, se dai una caramella a un bambino, quello va subito a cercare il fratellino o l’amichetto per farne succhiare un po’ anche a lui. Ho pensato spesso, durante il viaggio in Mozambico, che l’Africa, il continente più povero e primitivo, è la riserva diumanità che Dio ha preparato per questo nostro tempo e sta offrendola a noi, popoli ricchi, più colti, più produttivi, più tecnicizzati, ma tanto aridi e dal “cuore duro”. La fede dei semplici, se diventa esemplare anche per noi, ci può salvare.”

Penso spessissimo a Gesù che esclama entusiasta: Ti ringrazio, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai grandi e ai sapienti e le hai fatte conoscere ai piccoli. Sì, Padre, così tu hai voluto”.

Era un periodo di insuccessi per Gesù: contestato dall’istituzione religiosa e rifiutato dalle città attorno al lago (tutto il cap.11 di Matteo lo racconta). Ma un giorno ha come un sobbalzo di stupore. Gli si apre davanti uno squarcio inatteso. Ha un’intuizione. Ha capito! Attorno a Lui quel vuoto creato dall’allontanamento dei grandi (dei sapienti, degli scribi, dei fedelissimi del tempio) si stava riempendo di piccoli (poveri, malati, vedove, bambini…).

Gesù aveva intuito chi erano le colonne segrete della storia.

Aveva compreso che la logica di Dio comincia dagli ultimi della fila. Gesù si stupisce e l’entusiasmo lo fa passare dal lamento alla danza.

Anche a noi si possono aprire squarci inattesi!

Potremo fare un “cammino di fede” in tanti modi quanti saranno i nostri giorni e le nostre situazioni.

Potrà essere un corso di teologia diocesano e/o l’ascolto della vecchietta che abita in fondo alla via.

Potrà essere un libro di alta spiritualità e/o l’incontro con un carcerato e la sua storia.

Potrà essere l’amicizia con una monaca di clausura e/o la carezza di un bambino che ci cerca.

Potrà essere l’appuntamento quotidiano con la messa e/o lo slalom di Fede fatto tra le nostre paure.

Potranno essere le nostre lacrime e/o la memoria di tanti ostacoli miracolosamente superati.

Potranno essere gli incontri di preghiera comunitari e/o i momenti silenziosi vissuti a tu per tu con Dio.

Potranno essere le testimonianze che ascolteremo e/o i racconti della nostra vita che faremo.

Potranno essere …

Dio non ha occhi che per ognuno di noi. Ci ha voluti prima ancora che entrassimo nel grembo materno e nemmeno un giorno si volterà dall’altra parte rispetto al nostro cammino sulla terra.

Nulla accade senza il suo “permesso”. Non ci darà mai da mangiare degli scorpioni e non ci lascerà fuori dalla sua casa.

E’ nostro Padre.

Sa la cosa migliore per noi ed inventa ogni ricalcolo possibile del nostro percorso, quando noi ci allontaniamo da Lui. Sa perfettamente che, da soli, non ce la potremmo fare.

Quindi la tua domanda Dove devo andare? falla pure a Lui.

Scoprirai la sua risposta vivendo, incontrando, pregando, leggendo, amando, ridendo …

Nessuno di noi sa con certezza cosa ha in mente Dio.

Però sappiamo che siamo chiamati a fiorire nel prato dove siamo.

E in quel prato troveremo opportunità.

Tutto è opportunità.

L’opportunità di amare.

Noi stessi.

Gli altri.

Il creato intero.

Dio.

E non li ho messi in ordine di importanza o di crescita spirituale.

 

L’amore si allarga in ogni dove, sfruttando ogni angoletto di vita.

Ed in ogni angoletto c’è Lui.

 

“Gesù non ha bisogno né di libri né di dottori per istruire le anime. Lui, il Dottore dei dottori, insegna senza rumore di parole.

Non l’ho mai sentito parlare, ma so che è dentro di me, in ogni istante, è Lui che mi guida, mi ispira ciò che devo dire o fare”

(Teresa di Lisieux nella sua autobiografia “Storia di un’anima”)

Di solito noi andiamo a cercare guide, maestri spirituali, life coach, direttori, persone che ci indichino cosa fare e come farlo.

La cultura orientale è caratterizzata da “maestri” che guidano i discepoli verso la verità.

Noi cristiani abbiamo conosciuto “il Maestro”.

Lui è.

E’ alla porta della nostra casa e bussa.

La sua voce arriva sotto mille forme.

E se ti fidi, la Sua volontà diventerà la tua.

Viva la vita e la voglia di felicità!

 

 

SII TE STESSO… SENZA DI TE NON SI PUO’ FARE !

Perchè ti ama Dio ?

Perchè ne vale la pena di amare te!

Tu sei importante ! Tu sei prezioso !

Giovanni XXIII credeva che si potesse parlare con tutti perchè in tutti c’è il bene.

Giovanni Paolo II ha lanciato iniziative perchè ogni uomo può essere Santo. Io ero a Santiago di Compostela quando disse per la prima volta quella frase: “Non abbiate paura di essere Santi!“, perchè ne ho paura, perchè ne hai paura, perchè abbiamo paura di andare fino in fondo… e VAI FINO IN FONDO!

Che c’hai da perdere! Abbiamo paura di credere alla bellezza che noi siamo!

Ma… CRISTO CI CREDE! CRISTO CI CREDE CHE TU SEI IMPORTANTE!

Dà la vita per te! Muore per amore tuo, per te risorge!

Ma ti tratti come una cosa da quattro soldi, mentre invece sei importantissimo!! Vali il sangue di Cristo!

Quanto valgo io? Quanto vali tu ?

Il più triste che sta qui questa sera, il più sgonfio, il più scoraggiato che sta qui dentro sappia che non sta credendo alla verità.

Se la tristezza abita nel tuo cuore non è la verità quella lì, la Verità è CRISTO.

E la verità è che Cristo ha pensato che tu sei uno per cui vale la pena che la seconda persona della Santissima Trinità fosse torturato, flagellato, crocifisso, morisse, per amore tuo. Lui ritiene che si può fare. Lui ritiene che tu vali la pena.

Guarda che Dio non ti ama solo perchè è Amore.

Dio ti ama anche perchè ti ha creato Lui e sa che sei bello, sa che sei bella.

Sa che senza di te non si può fare.

Sai perchè ti ha creato Dio ? Perchè senza di te non si può fare.

Ci sono persone che solo tu puoi amare.

Ci sono cose che solamente tu potrai fare.

Cose che solamente tu potrai dire. Sentimenti che solo tu potrai provare.

In nome di Cristo, sii te stesso, davanti a Dio, al Suo Amore.

(Catechesi tenuta da don Fabio Rosini nella Basilica di S.Giovanni in Laterano il 22 aprile 2014 in preparazione della canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II)

 

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Un commento su “Dio vuole che tu sia te stesso!”

  1. Ciao, Rita.
    Ho letto la tua lettera e mi sei entrata nel cuore, perché mi rivedo molto in quello che dici, soprattutto nella difficoltà di sentirsi parte di una comunità.
    Anche se è ormai qualche anno che non perdo le celebrazioni domenicali e festivi, e a volte, durante la settimana, io mi sento un pesce fuor d’acqua.
    Ho avuto spesso rimproveri dalle classiche persone “pie” che si trovano ogni giorno in chiesa: anche ultimamente.
    O perché entravo in chiesa, in estate, con la classica magliettina con bretelle, perché magari trovandomi in giro passo a trovare Gesù, o addirittura per il segno della croce, fatto dopo la funzione prima di uscire dalla chiesa. Ma io vado avanti di segni di Croce.
    Ho provato a far parte di un gruppo di Lectio, ma mi sono sentita sempre a disagio: forse è un mio problema, misto alla mentalità chiusa che si trova nei piccoli paesi.
    Quindi, in definitiva, sono una cristiana solitaria. Se ci sono iniziative della diocesi, proprio per il fatto di essere da sola, a volte ho rinunciato.
    Ogni tanto scambio quattro chiacchiere con un amico di vecchia data che incontro in chiesa; ma niente di più.
    Ogni tanto mi rivolgo allo stesso sacerdote, ma non sempre ha tempo, non sempre mi capisce.
    E, per grazia di Dio, sono andata avanti. Dio mi ha messo accanto una “comunità virtuale” conosciuta sul web, con la quale ci sosteniamo a vicenda; anche se sarebbe preferibile avere un contatto in carne ed ossa.
    Ed una di queste è Cristina, conosciuta con il suo blog.
    Non è il classico blog cattolico sonnecchioso: è un blog dove c’è sempre spazio per il confronto e il supporto.
    Diciamo, che qui mi sento a casa perché abbiamo la stessa sensibilità spirituale.
    Anche io mi sono aiutata molto con le catechesi che si trovano in rete, come quelle di Rosini o i libri di Curtaz; don Epicoco; Cheaib; Salvatore Martinez e alcuni meno noti che ho potuto scoprire strada facendo.
    E in tutto questo ho potuto notare come Dio non rimanga insensibile ai desideri più profondi e ci fornisce l’aiuto, anche attraverso Internet.
    E quando ho letto la storia di santa Teresina, non mi sono sentita più sola: scoprire che tutto quello che “SO” ( non in sapienza umana ) me l’ha insegnato il Divin Maestro.
    Ad esempio, ti racconto una testimonianza di grazia spirituale che ho ricevuto da poco tempo: una mia amica virtuale mi ha sempre parlato del Battesimo nello Spirito e del suo gruppo RNS di preghiera e mi ha spesso colpito per il suo entusiasmo e la sua allegria, ricevute con questa nuova effusione e spesso mi spingeva a cercare un gruppo dalle mie parti.
    Purtroppo, ad oggi, non c’è ma dentro di me si faceva sempre più forte il desiderio di far parte anche io di un gruppo RNS per ricevere il Battesimo nello Spirito.
    Erano anni che pregavo per questo, finché di recente, non so come, ho trovato un seminario su Youtube. Che fantasia del nostro Dio! Sempre meglio di niente, mi sono detta e nelle ultime settimane, ho ricevuto tanti segni, dalla Madonna, da san Pio, da Gesù affinché mi decidessi a chiedere esplicitamente il Battesimo.
    Ma trovavo scuse perché di solito in questi gruppi sono le persone che pregano su chi è pronto a ricevere ed ion non avevo nessuno! Ma mi sono ricordata che lo Spirito soffia dove e come vuole.
    Per cui, senza aver deciso con coscienza, mi sono ritrovata giorno 13 ( apparizione di Fatima, la mia Madonnina ) a messa e vi ernao delle Cresime. Ho soltanto detto sì allo Spirito: il resto lo ha fatto Lui. Non so descrivere cosa ho provato, so solo che mi sono sentita avvolgere da tanta tenerezza e dolcezza mai sperimentata in vita mia.
    Tecnicamente, non so se si tratta proprio del Battesimo; però, mi stà aiutando molto a rinnovarmi dentro e fuori.
    Spero di non aver annoiato nessuno e di non essere andata fuori tema!
    Un abbraccio.
    E che Dio ci continui a benedire 🙂

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