

La sua paura veniva da lontano.
Zahra, 42 anni, iraniana, sposata, due figli, era stata condannata a morte per aver ucciso nel 2018 il marito, accusato da lei e dai suoi due figli, di violenze terribili e continue nei loro confronti.
Se solo si potesse vedere a ritroso la vita di una donna che giunge a questi livelli di terrore!

Perché quell’uomo era sempre stato considerato “più importante” in quanto membro dell’intelligence della vita e della serenità di una donna e dei suoi figli, ora rimasti senza una madre.

Zahra era terrorizzata e la sua paura aumentava di minuto, in minuto, in minuto, in minuto …
Abusata da anni, sfinita dal dolore di dover lasciare da soli i suoi due figli, mai ascoltata dalla giustizia umana, vedeva davanti a sé morire, pian piano, gli altri condannati.
Uno dopo l’altro.
16 uomini impiccati uno dopo l’altro.

Dolcissima Zahra, quanta violenza hai dovuto conoscere nei tuoi anni di vita troppo breve?”

Zahra è morta d’infarto, prima che la impiccassero, stretta dalla morsa di un panico oramai fuori controllo.
A quel punto gli aguzzini hanno fatto l’ultima scelta di male nei suoi confronti: impiccarla ugualmente, anche se già morta. Zahra non poteva sfuggire alla loro sentenza. Dovevano essere loro a dare l’ultima parola al suo corpo martoriato da anni.
Continua a leggere Volate libere in Cielo che lì non ci sono assassini