Da Dante fino a noi: un passa-parola di Luce!

Premessa: siamo Figli della Luce.

La cerchiamo, la amiamo, ci nutriamo di Lei. Anche quando non ne siamo consapevoli.

Quel E Luce fu! riecheggia dappertutto, ad iniziare dal nostro mondo interiore.

Ci alziamo presto per vedere l’alba, ci sbizzarriamo con le lampade colorate per sconfiggere il buio, ci fissiamo sul cielo incantati dalle stelle, fotografiamo i paesaggi illuminati, amiamo perderci nello scintillio del mare, acquistiamo una casa in base alla sua illuminazione, abbracciamo l’arcobaleno appena possiamo …e pian piano, man mano che raffiniamo il nostro sguardo, percepiamo la Luce anche nelle persone.

 

E siamo attratti da tali creature.

Le cerchiamo e la loro presenza ci apre un mondo.

 

Un po’ di estati fa ero in una farmacia. Era strapiena perché, in pieno agosto, le altre farmacie erano chiuse per ferie. Avanti a me c’era un signore. Anziano. Mite. Paziente.

In mezzo alla fretta dei più, la sua calma serafica svettava come una bella luce rasserenante.

Arriva il suo turno. Chiede. La farmacista gli porta tutto quello che era indicato nelle ricette e lo incoraggia gentilmente: Vedrà che con questi medicinali starà meglio

IL signore le risponde calmo e sorridente: E va beh, se poi non starò meglio va bene lo stesso. Tanto mica ho paura di morire!”

La farmacista, cercando di emergere dall’imbarazzo di quella risposta inaspettata, butta là un esorcizzante:Ma che dice! Avoglia quanti anni ha ancora da vivere!”

Il vecchietto apprezza il tentativo ma le risponde su un altro livello: Ma guardi; io sono già morto una volta e so che non c’è da aver paura!”

La farmacista è un po’ imbarazzata. Sorride comunque.

Io, da dietro, ho inevitabilmente sentito tutto. Mi chiedo se questo vecchietto abbia fatto un’esperienza di NDE (Near Death Experience) senza saperlo.

Sono anni che leggo libri sull’argomento e la mia curiosità verso le parole di quella persona anziana è enorme.

Vorrei fermarlo. Chiedergli. Temo di essere invadente.

Lui esce. E’ il mio turno. Faccio superveloce. Esco di corsa. Lo raggiungo che è ancora fermo sul marciapiede. Sta aspettando un familiare.

Faccio la sfacciata. Ora o mai più. Sono imbarazzata ma mi avvicino lo stesso e gli chiedo: “Scusi, ho sentito la sua risposta prima alla farmacista. Forse la sto importunando. Vorrei, se possibile, saperne un po’ di più su quello che ha detto prima. Sempre che non le dia fastidio parlarne…”

Il vecchietto mi sorride tranquillo. Ha due occhi azzurri da paura. Un sacco di rughe tipiche di chi ha passato la vita sotto il sole dei campi.

Mi dice: Ma no, non ci sono problemi, Le racconto volentieri quello che mi è successo”

Racconta di un campo di alberi da frutta che lui aveva vent’anni prima.

Di un albero su cui lui era salito, per raccogliere e poi, all’improvviso, un piede aveva ceduto, il ramo non aveva tenuto come avrebbe dovuto e lui era caduto di testa. Boom!

Una botta enorme. Un grande dolore. E poi eccolo lì…una specie di sole…una Luce splendida e molto più luminosa di quelle che noi conosciamo sulla terra…una Luce che lo amava e gli parlava…e in quella Luce lui aveva visto i suoi cari…e si sentiva amato…e tutto era meravigliosamente bello!

Io lo ascolto nel suo parlare semplice. Non ha la dialettica di chi vuol convincere.

Anzi. Non gliene importa proprio niente di convincermi.

Semplicemente mi sta facendo un regalo: mi sta dando la sua esperienza.

Io lo ringrazio tanto.

Non mi fermo a spiegargli le NDE. Cosa gli dico? Gli spiego io la teoria, quando lui ha già fatto la pratica?

Però sento una grande gioia in me.

Ancora una volta ho avuto in regalo l’ennesima prova che dopo questa vita La Luce ci aspetta per baciarci teneramente e renderci felici.

E così eccoci al Giardino della Vita voluto da don Umberto.

La luce.

Tre cerchi.

Il trentatreesimo canto del Paradiso del sommo Poeta.

Ne aveva fatta di strada Dante prima di arrivare faccia a faccia con Dio.

Ma ora era lì.

Davanti a Lui.

Per un momento era riuscito a guardarLo “dentro”, e poi è tornato per raccontarci quel che ha visto. Continua a leggere Da Dante fino a noi: un passa-parola di Luce!

Mogol, Battisti ed un misterioso messaggio d’amore

musica-400x300 In aula è tutto buio: le tapparelle delle finestre sono abbassate ed i ragazzi sono ad occhi chiusi, adagiati con la testa sul proprio banco.

Ognuno si è creato qualcosa di morbido su cui affondare il viso.

Qualcuno si è anche coperto interamente la testa con foulard o maglioni.

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Sono pronti per risentire la canzone di cui, pochi minuti prima, hanno visto l’official video.

 

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Ora non si tratta più di vedere, ma di “ascoltare”: vedere con le orecchie per intuire con le emozioni.

IL brano musicale si intitola L’arcobaleno ed è cantata da Adriano Celentano.

 

fabio_becorpi_buio_in_sala_fotografando_la_musica_2010_musicastradaPronti?

Silenzio.

Isolatevi dagli altri.

Ci siete solo voi e la musica.

Ascoltate.

Ascoltatevi.

Via.

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Io son partito poi così d’improvviso
che non ho avuto il tempo di salutare
l’istante breve ma ancora più breve
se c’è una luce che trafigge il tuo cuore…”


Do un ultimo sguardo ai miei studenti: sono bravissimi!

Sono scesi perfettamente nel buio dell’aula e si sono lasciati avvolgere dalla musica della canzone.

Mi appoggio anche io sulla cattedra, chiudo gli occhi e ricordo. 

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E’ il pomeriggio del 14 marzo 2012.

Quel giorno ero con Mogol nel Bar del Piano della mia città.

Lui era venuto perché con 150 ragazzi avevamo preparato uno spettacolo sull’amore, nel meraviglioso Teatro Gentile di Fabriano.

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Lo avevamo intitolato “(R)Affiniamo gli affetti” ed avevamo anche fatto un cammino di mesi per entrare nella sfera sessuale ed affettiva di ogni creatura umana.

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Tutto quello che avevamo scoperto lo volevamo dire all’intera città in uno evento dove, tra canti e balli, coreografie e scenografie, ci sarebbe stato un grande ospite d’onore: Mogol.

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Con lui, davanti ad un the caldo e nella calma che precede la tempesta delle Prove Generali, stavamo chiacchierando rilassati.sognare-volare

E se all’inizio mi sembrava di sognare solo per il fatto che io stessi prendendo un the caldo in compagnia di Mogol, alla fine, dopo aver ascoltato un suo racconto, avevo l’impressione di volare in alto, fino in Cielo. 

Dopo la morte di Lucio Battisti (9 settembre 1998) Mogol non ha mai smesso di sentire quel suo amico, vicino a lui. Ma certo non era preparato ad alcuni fatti postumi poi accaduti. Continua a leggere Mogol, Battisti ed un misterioso messaggio d’amore