Il dubbio di non saper pregare è antico come il mondo.
Facciamo continue elucubrazioni: «Forse Dio non mi ascolta perché non ho pregato “abbastanza” a lungo…o forse perchè non ho pregato “abbastanza” bene…o forse perchè non ho utilizzato parole “abbastanza” giuste…»
Non ci sentiamo mai “abbastanza”.
Eppure sarebbe semplice se solo pregassimo come gli alberi colorati o i gigli del campo, come l’acqua di un lago o la luce del cielo, come i passeri mattutini o i bimbi che crescono.
Loro pregano semplicemente vivendo.
Salmeggiano con la loro esistenza e cantano inni con i loro colori.
Anche noi possiamo pregare così: senza tante parole ma semplicemente vivendo.
Forse il desiderio di avvicinare la terra al Cielo, è già preghiera.
Forse il sogno di voler santificare il Suo nome nei vicoli o nelle campagne, in cucina o in camera, nell’erba o nel mare, nelle mani o nei piedi, è già preghiera.
Forse voler portare l’Amore in ogni latitudine e longitudine, insegnando l’alfabeto di Dio che è fatto di protezione e tenerezza, è già preghiera.
Forse accorgersi che il Regno di Dio è vicino, che la parola “nostro” cambierà il mondo e che la paura non viene mai dal Padre, è già preghiera.
Le creature umane sono un po’ tutte borderline: da una parte vorrebbero essere felici e dall’altra sembra facciano del tutto per non esserlo.
Forse ogni ostinata ricerca di felicità e di bene, è già preghiera.
Forse non poterne più del male e desiderare la liberazione, è già preghiera.
Forse abbracciare la nostra fragilità e sperare che Dio lo stia facendo da sempre, è già preghiera.
Forse avere la forza di cancellare i debiti per volare in alto insieme ad amici e nemici, è già preghiera.
Forse sperare di esser presi per mano per non essere lasciati soli a salmodiare le nostre paure, è già preghiera.
Forse… possiamo cancellare tutti i “forse” che abbiamo appena letto!
«La preghiera è la voce di un “io” che brancola, che procede a tentoni, in cerca di un “Tu”.»
(Papa Francesco – Udienza generale, 13 maggio 2020)
M.C.