Buon giorno buona gente! Che la misericordia di Dio entri!

Buon giorno, buonPoggiobustonea gente!”
E’ il 1209 e Francesco d’Assisi entra nel borgo poverissimo di PoggioBustone, salutando così i suoi abitanti.
Sarà il nome, ma mi ha ricordato la semplicità di Papa Francesco, che inizia sempre i suoi discorsi, con il suo “Buongiorno” o “Buonasera”.

San Francesco ha circa 28 anni e la memoria del suo passato giovanile, fatto di tanti errori e di molta voglia di potere, è ancora lì sulle sue spalle.
Il senso di colpa ancora lo afferra e lo fa star male.
Sarà che ho fatto la mia tesi sul senso di colpa per capire sempre meglio le sfaccettature di questo sentimento, ma Francesco d’Assisi mi ha ricordato l’intera umanità e la fatica di ogni essere umano di sentirsi un perdonato.

Con Gianni ci siamo inerpicati sulla strada che conduce fino all’eremo; luogo solitario, immerso in una natura che somiglia ancora a quella che Francesco vide e amò. E’ circondato dai boschi verdeggiati e apre lo sguardo su un panorama che ha del mistico!
Qui Francesco ebbe la visione che gli confermò il perdono per i peccati giovanili.
Povero Francesco; anche lui, benché santo, era un uomo ferito dal suo passato, proprio come capita a tanti di noi. E’ dovuto intervenire Dio stesso per dirgli: “Ti ho perdonato! Io sono la Misericordia. Basta pensare al passato; proiettati nel futuro! Il tuo ordinesi espanderà in tutto il mondo perché io sono con te.”
Quando studiavo l’etimologia del termine “misericordia”, la cosa che più mi ha affascinato è che in ebraico, questa parola significa “utero materno”. Dio ci fa nascere e rinascere in continuazione perché, fondamentalmente, siamo un’umanità di feriti (e non occorre la psicologia per confermarci questo, basta il buon senso delle nostre vecchie nonne).

E così ieri pomeriggio, su quell’eremo, ho ripensato di nuovo a Papa Francesco (sarà il nome). Come il nostro santo, ha scelto semplici omelie quotidiane fatte con tono dimesso e familiare, per abbracciare e consolare.
Ai vescovi che ha incontrato in Brasile a un certo punto ha detto: “dovete ricordarvi che quella che avete davanti è un’umanità di feriti”.
Non è solo una bellissima immagine. Dentro queste semplici parole c’è tutto un giudizio sul mondo contemporaneo e soprattutto c’è un’intuizione immensa del cristianesimo. Innanzitutto Francesco non punta il dito, non incrimina, non recrimina, non accusa. Innanzitutto abbraccia.
E’ pieno di compassione, sa che tutti coloro che stanno lì ad ascoltarlo sono pieni di silenziose ferite, inflitte dalla vita, pieni di pesi, ansie, angosce. E lui vuol portare loro l’abbraccio di Gesù e la sua misericordia.
Il balsamo dell’abbraccio di Dio.
Quante volte il Vangelo dice: “Gesù guardò lafolla e pieno di compassione…”.
Perché noi, da soli, non riusciamo nemmeno a stare in piedi.
“Ma che poss’io,Signor,/ s’a me non vieni/ coll’usata ineffabil cortesia?”, si chiede in una poesia Michelangelo Buonarroti.
Gli uomini hanno bisogno di misericordia più ancora del pane.
San Francesco, in quell’eremo, ha ricevuto l’abbraccio misericordioso di Dio. Poi, per il resto della vita, non ha fatto altro che abbracciare tutti,perchè si sentiva lui stesso perennemente abbracciato da Dio.

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