ALLA BASE DI OGNI TRISTEZZA, C’E’ UNA CARENZA DI AFFETTO

ALLA BASE DI OGNI TRISTEZZA, C’E’ UNA CARENZA DI AFFETTO ❤
“Come in una famiglia, i più deboli avevano le preferenze di Francesco. Quando i benefattori offrivano qualche vivanda speciale, Francesco la riservava completamente per i suoi ammalati, fosse o no giorno di digiuno. In questo caso, per evitare il problema di coscienza all’ammalato, mangiava per primo davanti a lui.
Non si creava scrupoli nell’andare per le case in tempo di quaresima a domandare carne per i malati, con la meraviglia della gente.
La fraternità stava al di sopra di tutto.
Fra Rizzerio era affetto, diremmo oggi, da alcune dosi di mania persecutoria. Apparteneva a quella classe di persone che, con facilità, intessono supposizioni gratuite: questo non mi vuole bene, quello mi guarda male, quell’altro mi ha negato il saluto o sta cospirando contro di me…
Il nostro fra Rizzerio si era fissato che Francesco non gli volesse più bene e che questo fosse un segno chiaro che Dio gli aveva ritirato il suo amore.
Quindi, come succede in questa classe di persone, viveva triste giorno e notte, cadendo sempre più nella depressione fino ad arrivare al limite del precipizio.
Quando Francesco lo seppe, chiese subito un biglietto e gli scrisse questa “lettera d’amore”. ❤️
“Figlio mio, non lasciarti turbare da nessuna tentazione; nessun pensiero ti tormenti, perché tu mi sei carissimo, e sappi che sei tra quelli a me più cari, e ben degno del mio affetto e della mia amicizia. Vieni da me quando vuoi, liberamente, come ad amico”.❤

Questa letterina fu il talismano magico che, fino agli ultimi giorni della sua vita, liberò il fratello dalle ombre e dai sospetti, fino a trasformarlo più tardi nel beato Rizzerio.
Pensava Francesco: “Alla base di ogni tristezza si trova una carenza di affetto”.
Nei giorni in cui sulla Verna ricevette le stimmate, Francesco viveva già nell’altra sponda e trascurava le solite cortesie con fra Leone. Questi, sensibile com’era, si lasciò prendere dalla tentazione della tristezza, pensando che Francesco non gli volesse più bene. Francesco però s’accorse presto di ciò che stava succedendo. Gli disse:
“Frate Leone, pecorella di Dio, non ti ho dimenticato, no, anzi ora ti voglio bene più di prima. Portami carta e penna e ti darò la prova della mia predilezione”.
Gli scrisse la famosa benedizione che fra Leone conservò fino alla fine della sua vita!”
(Tratto dal libro “Nostro fratello di Assisi” di Ignacio Larrañaga, pag. 187 e 188)
P.S. La benedizione (Benedictio fratris Leonis), scritta dal santo nel settembre 1224, cioè due anni prima di morire, è arrivata fino a noi ancora leggibile. La si può vedere nella Basilica Inferiore di san Francesco, ad Assisi (Sala capitolare – cappella delle reliquie). Si tratta di un foglietto (Chartula fratri Leonis) con una scritta autografa del santo ed ha un valore incommensurabile!❤️

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