Il “Giudice scomodo” proclamato beato: non facciamone un santino, ma un esempio da seguire!

E’ il 21 settembre 1990.

Angelo Rosario Livatino non sa che quello sarà il suo ultimo giorno di vita.

Ha quasi 38 anni, è un giudice penale del tribunale di Agrigento e quella mattina, senza scorta, sta andando al Tribunale con la sua Ford Fiesta rossa, passando per i duecento metri del viadotto Gasena, lungo la SS 640 Agrigento-Caltanissetta.

E’ lì che vivrà i suoi ultimi istanti di vita.

E‘ una zona di campagna.

Lui è solo.

Sta guidando.

Sono passate da poco le 8.30.

Improvvisamente il terribile agguato.

Una Fiat Uno e una motocicletta di grossa cilindrata lo affiancano costringendolo a fermarsi sulla barriera di protezione della strada statale.

I sicari sparano.

La paura è dappertutto.

Rosario Livatino tenta una fuga.

Esce dalla sua auto e cerca scampo nella scarpata sottostante.

Corre!

Prova a salvarsi.

Ma in questa disperata fuga viene raggiunto da uno dei quattro sicari che lo uccide senza pietà, sparandogli a bruciapelo gli ultimi quattro colpi in testa.

A questa valanga di morte e violenza assiste, terrorizzato, Pietro Nava.

Casualmente sta passando da quelle parti.

E’ un agente di commercio e vede tutto.

La sua coscienza lo indirizzerà, poi, verso la scelta più giusta e difficile: raccontare e diventare il testimone oculare di quella morte ingiusta.

Da quel momento Pietro Nava sarà costretto a vivere sotto tutela in una località segreta. Continua a leggere Il “Giudice scomodo” proclamato beato: non facciamone un santino, ma un esempio da seguire!

I petali delle nostre giornate!


Parcheggio.
Ripenso all’ultima cosa vista: una persona in cerca di rinascita e dignità contro un personaggio travestito da giudice. Avete presente “Il giudice” di De Andrè?????
Ogni tanto si incontrano nella realtà.
Sono persone con un metro e mezzo di statura e con il cuore “troppo, troppo vicino al buco del culo” (non è colpa mia se De Andrè è stato così spietatamente sincero nello scriverne il testo).
Discussione con il “giudice”: fatto!????

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Tutto concorre al bene e lo Spirito sa quel che fa

Il 13 settembre 2014 andai a trovare don Aldo Mei.
Come tutti, spesso ci andavo a parlare per ricevere in cambio qualche risposta che sapevo non avrei più dimenticato.
In effetti non ricordo quello che, quel giorno, gli dissi io, ma rammento quello che mi disse lui.
Con il solito sguardo entusiasta che aveva quando stava per dire una cosa importante riguardante Dio, mi porse una bibbia e mi disse:
“Vai a leggere il cap.8 della lettera ai Romani. Cosa c’è scritto al versetto 28? Leggi.”
Io, come tutti coloro che si trovavano al cospetto del don Aldo biblista, lessi ad alta voce come una scolaretta, con la consapevolezza che da lì a poco, avrei certamente scoperto qualcosa di bello ed utile per la mia vita.
“Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno.”
“Stop!”
All’ordine perentorio di don Aldo mi fermai.
Adoravo quei suoi “Stop!” detti con l’entusiasmo appresso.
Era come se dietro quegli “stop” ci fosse un “Ehi! Ma non te ne accorgi?”
Mi fermai immediatamente e lo guardai incuriosita.
Che è successo?
E lui mi spiegò entusiasta: “Ora la traduciamo meglio questa frase, eh! Che è ancora più bella!”.
Iniziò a spiegarmi di un termine al singolare…di una lingua greca originale…di una traduzione non sempre perfetta…
Insomma, tra un’esegesi e l’altra, capii come avremmo dovuto leggere e tradurre quel versetto: “Egli fa concorrere tutto al bene di coloro che lo amano”.
Egli! Dio!
Non Tutto concorre al bene…” ma Dio fa concorrere al bene…”
Dio è il protagonista della storia umana e della nostra storia. Lui sta “scrivendo” la storia.
E’ importante capire questo.
“Nell’ora della paura, io in te confido” (Salmo 56,4)
“Ho cercato il Signore e mi ha risposto e da ogni timore mi ha liberato” (Salmo 34,5)
Una volta (parecchi anni fa) ricordo che andai in parrocchia. C’era un problema di tipo “pastorale”: I numeri non erano più quelli di una volta. Don Aldo appoggiava con forza tutte le iniziative che i parrocchiani stavano facendo, ma non si concedeva assolutamente all’ansia.
Ricordo che tutti erano in stato di allarme.
Lo rincorrevano.
Gli dicevano: “Fino a pochi anni fa…ed invece ora….”
Lui sorrideva con i suoi occhi celesti e diceva: “Facciamo quel che è possibile a noi, ma poi mettiamoci sereni. Non siamo noi a mandare avanti il mondo. C’è lo Spirito Santo che agisce”
Ricordo una persona (molto buona, tra l’altro) che però borbottava disperata: “Eh, lui dice sempre che c’è lo Spirito Santo…lo Spirito Santo…ma qui è un macello e bisogna fare di più”
Ho ripensato a tutto questo quando ho ascoltato le parole di Papa Francesco all’Udienza generale di ieri, mercoledì 17 marzo 2021.
Metto volentieri il testo qui, perché è don Aldo che me lo ha insegnato: lo Spirito Santo fa concorrere tutto al bene. Non è la fortuna. Non è il destino. E’ lo Spirito Santo il protagonista della storia umana. Ed è sempre Lui a spiegarci tante cose invisibili e profonde.
Lascio la parola a Papa Francesco, che è meglio! ????????
“Il primo dono di ogni esistenza cristiana è lo Spirito Santo. Non è uno dei tanti doni, ma il Dono fondamentale. Lo Spirito è il dono che Gesù aveva promesso di inviarci. Senza lo Spirito non c’è relazione con Cristo e con il Padre. Perché lo Spirito apre il nostro cuore alla presenza di Dio e lo attira in quel “vortice” di amore che è il cuore stesso di Dio. Noi non siamo solo ospiti e pellegrini nel cammino su questa terra, siamo anche ospiti e pellegrini nel mistero della Trinità. Siamo come Abramo, che un giorno, accogliendo nella propria tenda tre viandanti, incontrò Dio. Se possiamo in verità invocare Dio chiamandolo “Abbà – Papà”, è perché in noi abita lo Spirito Santo; è Lui che ci trasforma nel profondo e ci fa sperimentare la gioia commovente di essere amati da Dio come veri figli. Tutto il lavoro spirituale dentro di noi verso Dio lo fa lo Spirito Santo, questo dono. Lavora in noi per portare avanti la nostra vita cristiana verso il Padre, con Gesù.
… Ecco qual è l’opera dello Spirito in noi. Egli ci “ricorda” Gesù e lo rende presente a noi – possiamo dire che è la nostra memoria trinitaria, è la memoria di Dio in noi – e lo fa presente a Gesù, perché non si riduca a personaggio del passato: cioè lo Spirito porta al presente Gesù nella nostra coscienza. Se Cristo fosse solo lontano nel tempo, noi saremmo soli e smarriti nel mondo. Sì, ricorderemmo Gesù, lì, lontano ma è lo Spirito che lo porta oggi, adesso, in questo momento nel nostro cuore. Ma nello Spirito tutto è vivificato: ai cristiani di ogni tempo e luogo è aperta la possibilità di incontrare Cristo. È aperta la possibilità di incontrare Cristo non soltanto come un personaggio storico. No: Lui attira Cristo nei nostri cuori, è lo Spirito che ci fa incontrare con Cristo. Lui non è distante, lo Spirito è con noi: ancora Gesù educa i suoi discepoli trasformando il loro cuore, come fece con Pietro, con Paolo, con Maria di Magdala, con tutti gli apostoli. Ma perché è presente Gesù? Perché è lo Spirito a portarlo in noi.
È l’esperienza che hanno vissuto tanti oranti: uomini e donne che lo Spirito Santo ha formato secondo la “misura” di Cristo, nella misericordia, nel servizio, nella preghiera, nella catechesi… È una grazia poter incontrare persone così: ci si accorge che in loro pulsa una vita diversa, il loro sguardo vede “oltre”. Non pensiamo solo ai monaci, agli eremiti; si trovano anche tra la gente comune, gente che ha intessuto una lunga storia di dialogo con Dio, a volte di lotta interiore, che purifica la fede. Questi testimoni umili hanno cercato Dio nel Vangelo, nell’Eucaristia ricevuta e adorata, nel volto del fratello in difficoltà, e custodiscono la sua presenza come un fuoco segreto.
Il primo compito dei cristiani è proprio mantenere vivo questo fuoco, che Gesù ha portato sulla terra (cfr Lc 12,49), e qual è questo fuoco? È l’amore, l’Amore di Dio, lo Spirito Santo. Senza il fuoco dello Spirito le profezie si spengono, la tristezza soppianta la gioia, l’abitudine sostituisce l’amore, il servizio si trasforma in schiavitù. Viene in mente l’immagine della lampada accesa accanto al tabernacolo, dove si conserva l’Eucaristia. Anche quando la chiesa si svuota e scende la sera, anche quando la chiesa è chiusa, quella lampada rimane accesa, continua ad ardere: non la vede nessuno, eppure arde davanti al Signore. Così lo Spirito nel nostro cuore, è sempre presente come quella lampada.
… Tante volte succede che noi non preghiamo, non abbiamo voglia di pregare o tante volte preghiamo come pappagalli con la bocca ma il cuore è lontano. Questo è il momento di dire allo Spirito: “Vieni, vieni Spirito Santo, riscalda il mio cuore. Vieni e insegnami a pregare, insegnami a guardare il Padre, a guardare il Figlio. Insegnami com’è la strada della fede. Insegnami come amare e soprattutto insegnami ad avere un atteggiamento di speranza”. Si tratta di chiamare lo Spirito continuamente perché sia presente nelle nostre vite.
È dunque lo Spirito a scrivere la storia della Chiesa e del mondo. Noi siamo pagine aperte, disponibili a ricevere la sua calligrafia. E in ciascuno di noi lo Spirito compone opere originali, perché non c’è mai un cristiano del tutto identico a un altro. Nel campo sterminato della santità, l’unico Dio, Trinità d’Amore, fa fiorire la varietà dei testimoni: tutti uguali per dignità, ma anche unici nella bellezza che lo Spirito ha voluto si sprigionasse in ciascuno di coloro che la misericordia di Dio ha reso suoi figli. Non dimentichiamo, lo Spirito è presente, è presente in noi. Ascoltiamo lo Spirito, chiamiamo lo Spirito – è il dono, il regalo che Dio ci ha fatto – e diciamogli: “Spirito Santo, io non so com’è la tua faccia – non lo conosciamo – ma so che tu sei la forza, che tu sei la luce, che tu sei capace di farmi andare avanti e di insegnarmi come pregare. Vieni Spirito Santo”. Una bella preghiera questa: “Vieni, Spirito Santo”.
????????

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Storia vera di un quadretto appeso in casa!

Lui è Giorgio (lo chiamerò così), il medico che con l’ozonoterapia mi ha salvata un po’ di anni fa da un’artrosi importante (se qualcuno volesse delucidazioni, volentieri condividerò le informazioni).

Ieri, come tutti i mesi, sono andata da lui per fare la mia terapia. Con il suo permesso condivido, entusiasta per il mistero degli eventi della vita, una sua storia familiare. 

I suoi nonni materni erano una bella coppia con tre bambini piccoli. Vivevano in un paesino collinare: lui falegname e lei maestra del paese. Ad un certo punto, però, arriva una tremenda epidemia di colera.

C’è bisogno che vi descriva il panico? A voi che, come me, state attraversando una pandemia mondiale? Ma anche no!

Ad un certo punto un piccolo alunno di questa appassionata maestra, si ammala di colera. E la maestra che fa? Va a casa sua a fargli lezioni ricche di protezione per il suo futuro. La maestra non voleva che quel bambino rimanesse indietro rispetto ai suoi compagni.

Talvolta l’amore e la passione si alleano così tanto, che non ci permettono più di amare con i conti finanziari a portata di mano: “Rischio – non lo faccio” e “Non rischio – lo faccio”.

Ed è stato così che la maestra si è ammalata di colera, si è aggravata ed è morta.

Il marito resta solo con tre bambini piccoli (di cui la più grande è la mamma del mio medico, una bimbetta di quattro anni e mezzo). La povertà diventa miseria e quell’inverno, per scaldare i suoi bambini, quel falegname dovrà bruciare anche il legno che lui teneva nella sua bottega per lavorare.

Tempi duri. Durissimi.

Un giorno non ne può più. E’ solo. Sta pensando. Non sa più come fare a sfamare i suoi bambini.

Davanti a lui c’è la porta di casa e sopra il ritratto di san Giuseppe. Quante volte gli ha chiesto aiuto! Ma niente. In preda allo sconforto ed alla rabbia, prende un martello che è lì vicino e lo scaglia sul quadro appeso al muro. “Ma dove sei?” Buuum! Il quadro cade.

Ma, proprio in quel momento, qualcuno bussa alla porta. Il falegname apre e si trova davanti ************, l’autorità più ricca del paese. Il signore che possedeva un’immensa villa sulla collina. Il falegname si scusa per il quadro a terra. Non si aspettava questa visita. Ma quel signore arriva subito al punto: “Ho deciso di cambiare tutte le finestre e le porte della mia casa. Me lo farebbe lei questo lavoro?” Continua a leggere Storia vera di un quadretto appeso in casa!

La memoria della luce

Quando dobbiamo attraversare circostanze difficili…
Quando ci capitano condizioni avverse che sembra arrivino con il gusto di schiacciarci…
Quando giungono i nuvoloni grigi ed intorno a noi si fa buio a gran velocità…
Dovremmo scacciare il prima possibile quel senso di repulsione o di rabbia che istintivamente (e, in parte, anche giustamente) proviamo.
Lo so, lo so, non è facile.
Come fare?
C’è uno strumento necessario per farcela ed è la “MEMORIA DELLA LUCE”.
Ognuno di noi dovrebbe curare la sua “memoria luminosa” personale perchè, se questa ci manca, i momenti difficili diventano un inferno insuperabile.
Solo il rammentare bene il passaggio della Luce nella nostra vita, ci aiuta ad attraversare il buio pesto. ❤

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Storia vera di un volo misterioso avvenuto in un cimitero

“Prof, come sta?”

Iniziano sempre così le lettere ed i messaggi che gli studenti (ed ex) mi mandano. Poi, in genere, mi lasciano con lo stupore addosso, per quello che leggo. Alunni contro prof: 1 a 0.

Ogni tanto, questi loro racconti, li posto.

Con il loro permesso.

Con quel sesto senso che mi dice: “Potrebbe servire a qualcuno, sapere!”

Ma, soprattutto, con quel piacevole patto sottinteso con cui ci lasciamo alla fine dei cinque anni trascorsi a scuola: “Se ci dovesse accadere qualcosa che ci sembra abbia fragranze di Cielo, ce lo racconteremo. Perché l’avventura della ricerca spirituale, continua. Per tutta la vita”. 

Quello che state per leggere è uno di questi colloqui.

Il racconto è vero come i vostri occhi che ora stanno leggendo.

Sull’accaduto ho delle foto che mi sono state inviate. Qualcuna ne pubblico, dopo aver nascosto quegli elementi che potrebbero non tutelare la privacy.

Buona lettura! Continua a leggere Storia vera di un volo misterioso avvenuto in un cimitero

La cosa migliore per essere felici, è imparare a fare qualcosa!

“Allora come va?” le chiedo al telefono.
“Va meglio. Molto meglio!”
Elisa (la chiamerò così) è malata di Covid ma dovrebbe essere oramai in via di guarigione.
Il peggio è passato.
E’ stata malissimo!
Ha avuto bisogno di ossigeno (ma non è stata intubata).
Ha avuto tutto il corpo sconquassato, le sue tempie sono state piene di spilli, le sue gambe sono state molli come ricotta, il suo corpo è stato tremante sotto i colpi della febbre alta, i suoi polmoni sono stati devastati da una polmonite tremenda… ma ce l’ha fatta.
E’ ancora da sola.
Non ha nessuno in casa con sé.
Il resto della sua famiglia è ammalata e isolata.
Una storia tremenda.
Un mese horribilis.
Una prova non ancora finita ma, intanto, le finestre della sua casa le ha riaperte e la luce non le è più accecante.☀
Elisa, anni fa, ha dovuto superare una tremenda depressione.
Poi, dopo anni di terapie e medicine, ne è venuta fuori, semplicemente “facendo”.
Ha individuato la sua passione sconosciuta: creare con le stoffe.
In altre parole: cucire.
In quei mesi me la ricordo: ogni mercatino di stoffe era il suo, ogni corso di cucito…pure!
Per me ha fatto di tutto (anche perché io non so cucire neanche un bottone e potete immaginare quanto io l’ammiri!).
E’ diventata bravissima!????????
Borse, segna-libri, pantaloni, fiocchi per le nascite, portaoggetti, maglie, bomboniere, vestiti…
Ovunque si poteva introdurre con la sua fantasia, lei ci andava con entusiasmo.
Ieri mi diceva: “Sai che ho fatto Cri? Avevo uno scatolone pieno di pezzetti di stoffa nella mia stanza del cucito” L’ho preso e…”
“Ma chi? Te? Da sola e senza forze?”
“Sì, sì, sì!!!” mi ha risposto super orgogliosa di avercela fatta.
“E poi?”

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Elogio degli alberi “storti”

Quant’è affascinante quest’albero storto!❤
Lo so, cresciamo a suon di colpi di perfezione e di giudizi.
Ci convinciamo che i vincenti siano quelli diritti.
Li vedi vincenti, belli, sicuri di sé, perennemente giovani e senza mai lacrime.
Eppure guardate quest’albero: la luna sarebbe stata ugualmente bella senza il suo abbraccio?????
Dagli “storti” nessuno si aspetta nulla.
Tutt’al più sono da aiutare.
I “dritti” ci sono per questo.
E se invece provassimo a rovesciare il mondo?
Provate!

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Li ho visti da lontano. Spiccavano tra la terra fangosa.
Tre fiorellini luminosi nati nel punto del prato che, lo scorso settembre, avevo “capovolto” per metterci l’altalena per le nipotine.
In quell’angoletto l’erba, ovviamente, non c’è.
Vi è solo terriccio.
Eppure, in quell’angoletto, sono spuntati tre fiorellini. Bellissimi!????????????
Li ho fotografati perché mi sono sembrati tre eroi, testardamente attaccati alla voglia di colorare la terra.
Me li immagino dire: “Cascasse il mondo, noi a primavera rinasciamo!????
Intorno a loro non ci sono altri fiori.
Ma non si sono lasciati andare al pessimismo che dice: “Da soli che possiamo fare? Mica possiamo cambiare il mondo!”
Perché lì, in quell’angoletto incolto, quei tre hanno davvero cambiato l’intero paesaggio.
Anzi…forse se fosse stato pieno di fiori come l’ultima primavera, neanche ci avrei fatto più di tanto caso.
Quando siamo nel fango della vita, capita sempre di trovare dei fiori da qualche parte.
Ed è proprio nella melma che li vediamo meglio.
Possono essere incontri, canzoni, bravi medici, un bel libro, pensieri belli, carezze, amici fidati, film che ci ispirano, una passeggiata rilassante, un consiglio fondamentale, la scoperta di un nuovo hobby, un messaggio inaspettato…
Ci sono fiori che spuntano dal fango!
Ed è proprio il fango a farceli notare ancora di più.
Stamattina, per la prima volta, dopo un anno e mezzo, mi sono svegliata senza più scadenze chirurgiche importanti. Ieri l’ultima medicazione ospedaliera e tanta gratitudine.
Un anno e mezzo che ho affrontato con immensa serenità grazie a dei personal trainer che ho avuto sempre accanto. Tutti fiori spuntati nel fango della mia vita.
Telefonate inaspettate, incoraggiamenti importanti, condivisioni vitali, sorrisi meravigliosi, messaggi strapieni di amore…
Probabilmente, se non ci fosse stato fango, neanche li avrei memorizzati tutti così bene. Ma col fango intorno, ogni gesto brillava in mezzo al pantano.
In quest’anno e mezzo ho conosciuto tante persone, ho conosciuto meglio perfino me stessa ed ho capito solo una cosina.
Piccola.
Quasi ovvia.
Ed è che per arrivare in fondo al tunnel, è utile fare un passo alla volta. Piano, piano. Giorno per giorno.
Lamentarsi del possibile domani è una specie di autodistruzione.
Stare vicini ed uniti nell’oggi, è la salvezza.
Un po’ come quando si va in una metropolitana piena e ti reggi in piedi anche se non ti tieni da qualche parte, grazie alle persone che ti stanno intorno (un paragone strano in tempo di Covid e di lotta agli assembramenti).

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La Luce, c’è!

Il monte Tabor. Circa duemila anni fa. Un fiore di luce esplode nel deserto e tre uomini lo vedono. Ed è una meraviglia. E’ un volto illuminato da “dentro” e Pietro, Giacomo e Giovanni l’ammirano. E non vorrebbero più guardare da altre parti.

Roma. 6 aprile 1520. Venerdì Santo. Raffaello Sanzio, dopo quindici giorni di agonia, sfinito dalla febbre e dai ripetuti e inutili salassi, muore nel giorno del suo 37esimo compleanno. Poco prima di ammalarsi aveva iniziato la famosa “Trasfigurazione” che, purtroppo, non riuscì a terminare nella sua parte inferiore (poi finita da Giulio Romano).

Ma la parte superiore, sì!

Quella l’aveva finita e quella volle davanti a sé, mentre sorella morte si avvicinava a lui.

Vasari ricorda che “gli misero alla morte, nella sala ove lavorava, la tavola della Trasfigurazione che aveva finita per il cardinal de’ Medici: la quale opera, nel vedere il corpo morto e quella viva, faceva scoppiare l’anima di dolore a ognuno che quivi guardava”.

Per oggi guardiamo “La trasfigurazione” di Raffaello come fosse la prima volta. Guardiamola come la guardò lui. Era giovane, ricco, bello e costretto ad abituarsi a morire di lì a poco. Ebbe solo pochi giorni per abitarsi all’idea di lasciare tutto. Ma come si fa ad abituarsi alla morte? Raffaello si fece portare nella sua camera l’ultima pittura che stava realizzando: “La trasfigurazione”. Continua a leggere La Luce, c’è!