La Luce, c’è!

Il monte Tabor. Circa duemila anni fa. Un fiore di luce esplode nel deserto e tre uomini lo vedono. Ed è una meraviglia. E’ un volto illuminato da “dentro” e Pietro, Giacomo e Giovanni l’ammirano. E non vorrebbero più guardare da altre parti.

Roma. 6 aprile 1520. Venerdì Santo. Raffaello Sanzio, dopo quindici giorni di agonia, sfinito dalla febbre e dai ripetuti e inutili salassi, muore nel giorno del suo 37esimo compleanno. Poco prima di ammalarsi aveva iniziato la famosa “Trasfigurazione” che, purtroppo, non riuscì a terminare nella sua parte inferiore (poi finita da Giulio Romano).

Ma la parte superiore, sì!

Quella l’aveva finita e quella volle davanti a sé, mentre sorella morte si avvicinava a lui.

Vasari ricorda che “gli misero alla morte, nella sala ove lavorava, la tavola della Trasfigurazione che aveva finita per il cardinal de’ Medici: la quale opera, nel vedere il corpo morto e quella viva, faceva scoppiare l’anima di dolore a ognuno che quivi guardava”.

Per oggi guardiamo “La trasfigurazione” di Raffaello come fosse la prima volta. Guardiamola come la guardò lui. Era giovane, ricco, bello e costretto ad abituarsi a morire di lì a poco. Ebbe solo pochi giorni per abitarsi all’idea di lasciare tutto. Ma come si fa ad abituarsi alla morte? Raffaello si fece portare nella sua camera l’ultima pittura che stava realizzando: “La trasfigurazione”. Continua a leggere La Luce, c’è!