Una storia vera. Perchè la realtà supera la fantasia e i sogni raggiungono la realtà.

E’ giovedi 2 maggio 2019 ed io sono a San Patrignano con circa 90 miei studenti.

Da sempre sono fortemente attratta dai luoghi dove si raccolgono creature che cadono e si rialzano.

Dentro le vene di San Patrignano scorre sangue rosso vita.

E’ un sangue che si racconta.

Come il sangue rosso vita che ci ha donato Marco (non è il suo nome vero, ma non è questo l’importante del racconto). Non posso farvi sentire le sue pause, il suo tono pacato, il silenzio concentratissimo che ha accompagnato i 35 minuti del suo racconto. Ma posso farvi leggere quello che ha detto, riprendendolo parola per parola, dalla registrazione che ho fatto quel giorno.

Potrete leggere e farvi anche voi la vostra dose quotidiana di coraggio e rinascita. 

Buona lettura a voi e buona vita a Marco!

 

Mi chiamo Marco e sono di ********. In famiglia i miei mi hanno sempre ricoperto di attenzioni ed amato. Anzi, mia sorella era pure gelosa di me per le attenzioni che avevo…. Ma quand’ero piccolo non riuscivo a stare fermo, ne combinavo una dietro l’altra, finché un giorno ne ho combinata una talmente grande che la maestra mi ha preso per i capelli e me ne ha date talmente tante… e poi mi ha messo sotto la cattedra. Quest’episodio mi ha un po’ cambiato perché, da lì in poi, io non sono più stato vivace. Mi sono rinchiuso in me stesso. Non parlavo più. Tornavo a casa, mia mamma mi vedeva strano ed io non dicevo niente. Ero silenzioso. Però dopo alcuni giorni stavo talmente male che mi son messo a piangere ed ho raccontato a mia mamma tutto quello che era successo con la maestra… lei mi ha cambiato scuola. La seconda classe elementare l’ho fatta in un altro istituto. Ma quando sono arrivato lì, io oramai non ero più lo stesso. Se prima ero di compagnia e scherzavo, lì stavo in un angolo, da solo, perché avevo paura delle reazioni degli altri. Non riuscivo ad interagire con gli altri. Ero sempre da solo e venivo preso di mira. Ricordo che anche quando mi chiedevano qualcosa io non riuscivo a parlare tranquillamente. Balbettavo. Sono cresciuto così fino alla quinta. Continua a leggere Una storia vera. Perchè la realtà supera la fantasia e i sogni raggiungono la realtà.

Ogni giorno, quando ti svegli, pensa: sono vivo ed è solo l’inizio!

“Ciao, piacere, mi chiamo Chiara e frequento la quinta ragioneria a Roma. Sto leggendo il suo libro e ogni volta ripenso che vorrei avere un’insegnante anche io così …. Le scrivo perché ho passato molti momenti bui fino ad ora (sono nata con una malattia rara alla milza, poi la separazione dei miei, i problemi di alcol di mia madre e poi me). Quando parlo di me intendo dire che sono figlia unica, non ho mai avuto una storia seria con un ragazzo e non mi sono mai ritrovata nella vita che stavo vivendo, compresa la scelta della scuola superiore che non la sento mia. Le mie passioni più grandi sono gli animali, la storia e la vita. Davanti agli altri faccio sempre finta che non mi importi nulla della vita, dico che odio la maternità e i figli, che odio le cose romantiche e i fidanzati e mi mostro dura. In realtà io non so bene cosa sono e cosa mi piaccia, ma dentro di me c’è sempre la volontà di aiutare gli altri, chiunque essi siano. Mi piacerebbe poter andare all’università ma il vero dilemma è che temo una scelta sbagliata come tutte le altre. Non so in quale facoltà potrei ritrovarmi. So solo che faccio schifo in matematica ed economia! Ultimamente da quando i miei genitori hanno smesso di riprovarci, dopo la separazione, io non riesco più a concentrarmi e studio molto poco. Diciamo che guardo la mia vita e penso che lo studio venga dopo. Non ho un bel rapporto coi miei, ma loro a livello materiale mi accontentano sempre e spesso sono io a fermarli quando mi viziano troppo. Dopo un passato travagliato (anche per colpa mia nei confronti di mia mamma) ora ho voglia di passare il tempo con lei e mi piacerebbe vivere da lei. Ma lei mi prende solo se mio babbo paga (cosa che non fa) e quindi io mia mamma la vedo quasi ogni pomeriggio, ma la sera devo sempre tornare a casa di mio babbo. Io non ce la faccio più. Questa famiglia che rappresenta le mie radici e da dove vengo, mi confonde. Ci sarà un posto anche per me in questo mondo? E quale sarà questo posto? Quanto valgo? Per quale Università valgo? Le lancio questa sfida prof, premettendo anche che non sono religiosa e non credo nel destino o in cose simili. Grazie un abbraccio!

 

Carissima Chiara, che bella la tua lettera! E’ un concentrato di montagne da scalare, ma con annessa la voglia di farlo. Se tu non avessi avuto voglia di vedere il panorama che c’è oltre le tue difficoltà, non mi avresti mai scritto.

Partiamo dalle ultime tue righe con quelle quattro domande che sono come i muri portanti della tua vita:

Ci sarà un posto anche per me in questo mondo?

E quale sarà questo posto?

Quanto valgo? Per quale Università valgo?

Mark Twain diceva che I due giorni più importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perché.

Ma come si capisce il “perché”?

Probabilmente la risposta è in una bellissima canzone di Lucio Battisti in cui, ad un certo punto, riferendosi alla sua storia d’amore appena nata, si chiede: Chissà che sarà di noi, lo scopriremo solo vivendo”.

Quel lo scopriremo solo vivendo mi è sempre sembrata una gran bella poesia esistenziale!

Viviamo, proviamo, cambiamo, ricominciamo… e pian piano scopriamo “perché”.

Perché ogni attimo ha un senso: si tratta solo di coglierlo.

Ogni scelta apporta il suo tassello al nostro castello interiore.

Anche i nostri errori entrano a pieno titolo nel nostro cammino verso la felicità.

Roberto Baggio nel 1994, dopo aver sbagliato il rigore contro il Brasile, disse: I rigori li sbaglia solo chi ha il coraggio di tirarli”.

È praticamente impossibile, infatti, vivere senza sbagliare mai. A meno che si scelga di vivere in modo talmente prudente da essere come bloccati in un’acqua stagnante. Praticamente ci si ritrova a non vivere. Continua a leggere Ogni giorno, quando ti svegli, pensa: sono vivo ed è solo l’inizio!

UNA SETTIMANA SENZA CELLULARE: UN GRUPPO DI STUDENTI L’HANNO FATTO PERCHE’…

COME TUTTO EBBE INIZIO: “Ragazzi, visto che quest’anno stiamo facendo il progetto “A scuola di libertà” e visto che stiamo parlando delle tante forme di dipendenza, perché non facciamo un esperimento sociale? Vi propongo di fare a meno del cellulare per una settimana. C’è qualcuno che vorrebbe mettersi alla prova?”

Tutto è iniziato così. Con la semplice curiosità di scoprire quanti avrebbero aderito sul serio.

All’inizio erano una ventina. Poi, ad una settimana dall’inizio, sono diventati una decina.

Dato interessantissimo: a quanto pare sopravvivere senza cellulare per sette giorni ha bisogno di una grande determinazione. Ma prima di continuare, vorrei chiarire che nessuno di noi ha mai avuto l’obiettivo di demonizzare telefono o tecnologia. Però volevamo toccare con mano quanto siamo immersi in un bisogno ossessivo dello smartphone.

LE REGOLE: i cellulari sarebbero stati chiusi dentro una scatola sigillata, messa poi dentro la cassaforte della scuola. Nella settimana dell’esperimento, nessuno avrebbe dovuto utilizzare un cellulare od un pc per collegarsi con qualche social (WhatsApp, Facebook, Instagram, Twitter …). Ammesso solo il telefono fisso per chiamate urgenti. Se qualcuno non ce la faceva più, avrebbe potuto richiedere indietro il proprio cellulare, in qualsiasi momento.

TERZO GIORNO SENZA CELLULARE: è successo un fatto strano: i ragazzi mi hanno chiesto dei libri da leggere! Per passare il tempo in cui erano soliti trastullarsi sui cellulari, mi hanno chiesto dei libri! Continua a leggere UNA SETTIMANA SENZA CELLULARE: UN GRUPPO DI STUDENTI L’HANNO FATTO PERCHE’…

Viva la libertà!

Prof, è tutta la mattina che ho in testa questa canzone. Chissà se le ragazze del carcere la conoscono e la cantano. Grazie ancora per l’avventura di oggi!”.

Sono le 18.00 e chi mi scrive è Alessia, alunna oramai alla soglia dell’esame di maturità. Oggi lei, insieme ad altri 35 ragazzi e ragazze, è venuta con me al carcere femminile.

Volevamo passare bene la Giornata della Donna ed abbiamo pensato che sarebbe stato bello iniziarla con donne in rinascita.

Dovevamo ritornare a scuola per le 13.10; puntuali con l’orario classico di fine lezione. Invece siamo tornati alle 15.10. Due ore di ritardo. Due ore come il tempo che mi ci è voluto per convincerli a venir via dal carcere. Gli abbracci finali non finivano mai e tante domande sono rimaste lì, in sospeso.

Le ragazze” (come le ha chiamate Alessia) ci hanno accolto con uno spettacolo di danza.

Io non so bene come raccontare una mattinata in cui ho visto lacrime e sorrisi scorrere in lungo e in largo.

Ho osservato balli di gruppo pieni di risate e passi di danza intrisi di timidezza.

Ho ascoltato commoventi inni alla vita da chi, più di una volta, ha pensato seriamente al suicidio.

Ed alla fine mi sono chiesta: perché appena posso, ritorno in carcere?

Una risposta me la sono data. Continua a leggere Viva la libertà!

Come si salvarono centinaia di ebrei grazie ad un colonnello tedesco, un vescovo, dei frati, un ciclista, delle monache di clausura e una città intera: Assisi.

Sono le 19.30 dell’8 settembre 1943 quando il maresciallo Pietro Badoglio, capo del governo italiano, entra nella sede dell’EIAR, la radio di stato italiana.

Al posto dell’uniforme indossa un abito grigio e un cappello floscio.

In pochi minuti registra un messaggio breve e volutamente ambiguo riguardo l’atteggiamento da tenere verso gli ex alleati tedeschi.

“Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta.

Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo.

Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.

Da quel momento tutto precipita.

Durante la notte re, governo e comando supremo fuggono da Roma lasciando alle forze armate, come unica direttiva, quelle oscure parole lette alla radio.

Chi sono ora i nemici? Gli americani o i tedeschi?

Chi bisogna combattere?

E, soprattutto, come bisogna procedere?

Soltanto alle 0:50, in seguito a valanghe di richieste di istruzioni, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Roatta fa trasmettere il seguente fonogramma Ad atti di forza reagire con atti di forza”.

Una confusione totale!

La popolazione è nel panico.

Roma è abbandonata e nessuno ne ha organizzato la difesa.

Una parte dei militari ed alcuni coraggiosi cittadini si mettono subito insieme per difendere Roma dall’avanzata nazista, ritrovandosi lungo le mura di Porta S. Paolo, innalzando barricate e facendosi scudo con vetture e tram rovesciati. Ma nel primo pomeriggio del 10 settembre 1043 questa resistenza spontanea è travolta dai mezzi corazzati tedeschi e il capo di Stato Maggiore della Divisione “Centauro” Leandro Giaccone firma la resa a Frascati, presso il quartier generale tedesco, accettando la richiesta tedesca di cessare il fuoco e di trasformare Roma in città aperta.

Poco dopo i tedeschi rinnegheranno l’accordo e prenderanno il controllo della città

In quei terribili momenti, alcune famiglie ebree decidono di partire alla volta di Assisi.

 

In quella città sperano di trovare qualcuno disposto a difenderli dalla morte.

 

Assisi…San Francesco…

Non immaginano che lì davvero cammineranno sulla “Via della salvezza”.

Vi sto per raccontare una storia che, se volete, potrete conoscere da vicino.

Molto vicino. Continua a leggere Come si salvarono centinaia di ebrei grazie ad un colonnello tedesco, un vescovo, dei frati, un ciclista, delle monache di clausura e una città intera: Assisi.

Mi puoi fare da madre?

Il pianto di una nascita: è il mio.

Maria, Madre di Dio, mi puoi fare da madre?

Tu che hai assistito alla mia nascita, raccogli tutte le lacrime che ho versato nella vita quando soffrivo perché ero costretta a partorirmi di nuovo, e illuminale con un “senso”.

Guarisci la mia anima sfiorata dai sensi di colpa per gli errori fatti nel passato e fammi toccare il cielo con il perdono dato a me stessa.

Ora (propria ora, ne ieri e né domani; ora!) coprimi con il manto protettivo del tuo amore ed io, per fede, chiuderò gli occhi e mi riposerò dalle paure del futuro.

403Prendi la contentezza per ciò che di buono ho fatto e riempila di gratitudine verso Dio, Vasaio ispiratore di ogni piccolo vaso modellato sulla terra.

Afferra tutte le amiche e gli amici sinceri che hanno colorato di speranza i tunnel bui che ho dovuto attraversare, ed abbracciali tutti, uno ad uno, rendendo loro il centuplo di ciò che hanno dato a me.

Ascolta il respiro di ogni ragazzo a cui ho tentato di essere vicina come insegnante e rimedia ai miei errori facendo entrare l’ossigeno del coraggio nei loro polmoni affinché non si accontentino mai dell’orizzonte ma puntino all’Infinito

madre-di-Dio1Stringi forte i figli che ho messo al mondo e dilata il loro cuore fino a Dio, donando loro quella fede che come mamma io posso solo malamente testimoniare ma non regalare.

Annaffia l’amore che è spuntato anni fa dall’incontro con mio marito e rendi le sue radici così inestricabilmente unite da darci la gioia di presentarci un giorno davanti a Dio, tenendoci ancora per mano.

Chiedi a Dio di benedire l’intera mia famiglia; quella che ha scritto le pagine del mio passato e quella che sta venendo pian piano al mondo. Tutte voci di un coro polifonico dove nessuno deve mancare all’appello dell’amore che crea e sostiene.

0905m12aEd infine carissima Madre, Continua a leggere Mi puoi fare da madre?

Trasforma la tua vita un mattino alla volta

Filippo è biondo.

I suoi occhi sono chiari ed il suo viso ha una delicatezza angelica.

In classe è quasi sempre silenzioso.

Durante le spiegazioni non batte ciglio. E’ concentrato.

Esternamente è una specie di sfinge elegante. Apparentemente tranquillo. Riservatissimo.

Come si fa a non essere incuriositi da uno studente così?

Poi una notte, a mezzanotte e venti, mi arriva un suo messaggio.

E’ lungo.

E’ drammatico.

“Prof, le posso fare una domanda?

Lei immagini un ragazzino sempre vivace e sorridente.

Un giorno va al giardino con suo fratello…  mezzora dopo però si risveglia in un ospedale. Il ragazzino, fortemente disorientato, chiede subito ai medici dove sia suo fratello. Chiede e chiede finché, finalmente, gli viene detto che suo fratello è al sicuro a casa della nonna.

A quel punto quel ragazzino scopre di essere stato investito da una macchina. Con l’impatto si era subito rotto la tibia ma, non bastando, si era procurato anche una microfrattura alla testa, con relativo trauma cranico. Tutto questo gli aveva fatto perdere la memoria e lui non si ricordava più niente dell’incidente. Più tardi scoprirà che l’avevano raccolto con il viso trasformato in una maschera di sangue, sia per l’impatto con il vetro dell’auto che per l’urto violento con l’asfalto, fatto dopo un terribile volo di 11 metri.

Dopo le analisi, lo portano in una camera. I genitori lo attendono in ansia. Cercano di parlargli. Ma lui niente. Non risponde. Tornerà a casa una settimana dopo.

Lì lo aspetterà un mese a letto, impossibilitato ad alzarsi a causa del gesso fino all’inguine. Però lui, in quel letto, non è solo. Nella sua testa si stava insinuando una voce. Un tormento. Una voce che esprimeva odio verso tutti e che gli diceva cose orribili.

Per un mese tutto questo!

Nel frattempo, dopo una settimana dal suo ritorno a casa, suo zio muore. Fu quello il fatto scatenate della rabbia, dell’odio e della voce nella sua testa. Il giorno prima dell’incidente infatti, quel ragazzo aveva promesso allo zio che lo avrebbe visto giocare a calcio. Suo zio ci teneva a vederlo e lui ci teneva a mantenere la promessa.

Invece… poi…

L’incidente per lui e la morte per lo zio.

Passano i mesi ma quel ragazzo pensa insistentemente a quella promessa mai mantenuta e a quei fatti drammatici. E ci pensa con l’aiuto terribile di quella voce nella sua testa.

La voce…

La voce… Continua a leggere Trasforma la tua vita un mattino alla volta

A Margherita, a Filippo, a Giulia, a Giorgia: “È per rinascere che siamo nati” (Neruda)

PREMESSA IMPORTANTE: STAMATTINA STAVO DANDO UNA RIPULITA AI TANTI FILE DEL MIO PC QUANDO HO TROVATO QUESTO SCRITTO. LO PUBBLICO CON GIOIA PER TUTTI I CERCATORI DI VITA.

 

C’è il life coach, c’è il mind coach e ci sono un sacco di altri coach!

Oggi vanno molto di moda e, dico la verità, mi incuriosiscono anche.

Ogni tanto, infatti, mi capita di leggere gli ambiziosi obiettivi di questi “coaching” ed un po’ di invidia per gli allenatori del pensiero positivo, mi sfiora.

I coach migliorano (dicono) il tuo modo di pensare, di essere e di fare; ti portano ad aiutare te stesso e gli altri; a riconoscere e gestire le emozioni ed a scoprire, utilizzare ed allenare le tue potenzialità inespresse.

Ma non finisce qui.

Promettono di migliorare la tua autostima e l’autoefficacia personale, ti fanno superare le conflittualità, migliorano il tuo atteggiamento mentale nei confronti degli ostacoli e… e potrei continuare con almeno una ventina di altri obiettivi.

Sto leggendo tutto questo quando mi arriva una foto: un mese fa è nata Giorgia (la mia seconda meravigliosa nipotina) e mio figlio mi ha appena spedito una sua immagine con Giulia (la sorellina di tre anni) che l’abbraccia.

Ogni volta che nasce una creatura nuova di zecca, mi sembra di toccare un po’ del Cielo da cui proviene ed un po’ del futuro verso cui sta andando.

Nascita, voce del verbo ricominciare. Non è forse vero che tutti noi nati siamo dei ricomincianti?

Come la piccola Giorgia anche a noi la vita, fin dalla sua alba, ci ha dato la possibilità di diventare terra fertile ai cambiamenti, purché disponibili a farci penetrare dagli embrioni di novità che si intrufolano in noi attraverso i gesti di tenerezza e gli sguardi sulla bellezza. Continua a leggere A Margherita, a Filippo, a Giulia, a Giorgia: “È per rinascere che siamo nati” (Neruda)

I drammi più commoventi e più strani non si svolgono nei teatri, ma nel cuore degli uomini (Jung)

 

“Stavo per andare a dormire e mentre facevo un giro su FB ho visto questo post. Lo avevo già letto, ma stasera ha un sapore diverso.

Sarà che è da qualche mese che tra alti e bassi, sto un po’ “NI”. Nella notte oscura dell’anima. È uno strazio ma nello stesso tempo no.

Non so neanche esprimere a parole quello che alberga nel mio cuore. So solo che ho difficoltà a pregare: O meglio, a dire le preghiere.

Nel mio spazio di preghiera sono spesso di malumore e intrattabile… Non so quando finirà…

Buonanotte! Nadia

 

Cara Nadia, probabilmente se la vita (o “Dio” a seconda del nostro cammino spirituale) non ci sorreggesse, rimarremmo facilmente bloccati nelle sabbie mobili dei nostri drammi interiori.

Invece la vita (o Dio a seconda …) ci aspetta, regalandoci il sole per illuminare i prati della nostra allegria e la luna per combattere la tenebra delle nostre solitudini.

Insomma: anche nel buio, nella preghiera distratta, nella fede fragile, nel tumulto delle contraddizioni, nella fame di serenità, nei dubbi destabilizzanti, nei conflitti interiori… la vita” (o Dio a seconda …) ci aspetta.

I nostri malumori non sono stridio e basta.

La vita compone musica sinfonica anche con la nostra voce stonata.

Quell’Io sono la Via, la Verità e la Vita unito a quel Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza!” sono una polizza assicurativa contro i crolli motivazionali della nostra spiritualità.

Dio non ha certo paura dei nostri incidenti esistenziali.

E neanche noi dovremmo averne.

I conflitti interiori non sono né inutili pesi sull’anima e né diti puntati sull’imperfezione.

Sono scrigni segreti che ci ricolmano di nostalgia di amore (per noi stessi, per gli altri, per il creato e per il Creatore).

Sono richiami della nostra anima che vuole essere felice.

Le nostre nottate in bianco, le ricerche di “senso” fatte col fiato corto, i libri letti con desiderio, l’alternarsi di sentimenti contraddittori…tutto è occasione e grazia.

Tutto è spinta divina per andare più in là ed avere vita in abbondanza. Continua a leggere I drammi più commoventi e più strani non si svolgono nei teatri, ma nel cuore degli uomini (Jung)