STORIA VERA DI UN MIRACOLO A LOURDES 

Quello che vi sto per raccontare è la storia di un miracolo. Una guarigione miracolosa avvenuta nel 1989, riconosciuta come “inspiegabile” dalla Commissione Medica Internazionale di Lourdes il 19 novembre 2011 e riconosciuta come “prodigiosa” dalla Chiesa, il 20 giugno del 2013.

Il nome della protagonista di questa storia è Danila Castelli, l’ospite che io avrei dovuto intervistare quel 13 ottobre 2013.
Piccola nell’aspetto e grande nel cuore.
Esile nel corpo e robustissima nella fede.
Danila, di fronte ad un Palazzetto immerso nel silenzio, raccontò la sua storia di miracolata. Parlava con la sua bocca e sorrideva con tutto il suo corpo. Tutto era semplice entusiasmo per Dio, per la vita e per Maria.

Di quell’intervista ricordo che più le domandavo i fatti della guarigione, più lei mi parlava dei cambiamenti interiori e della guarigione dell’anima. Più io chiedevo di lei e più lei mi raccontava di suo marito.
Tutte le sue parole dicevano: “Non vi fermate all’improvvisa scomparsa della malattia; concentratevi sulla rinascita mia e di mio marito!”
Ma andiamo per ordine ed entriamo in questa storia.

Danila (che è arrivata alla Casa del Padre il 9 ottobre 2016) la riassumerebbe così: “una storia personale tra me e Dio, vissuta con gioia anche nella malattia” e la intitolerebbe “Dio e me”.
Nella vita di Danila, la malattia si presenta nel suo momento più sereno. In famiglia avevano risolto tanti problemi ed il marito aveva detto: “Finalmente ora si respira”.
Nel momento in cui tutto sembrava aprirsi, è entrata la malattia e tutto si è chiuso.
Ma Danila, mentre racconta anche gli aspetti più dolorosi di quegli anni, ribadisce continuamente: “In apparenza, tutto sembrava portare la parola fine, ma non era vero. Gesù era presente più che mai”. Arrivò a dire che, durante la malattia, la presenza di Gesù era diventata quasi fisica.
Un compagno con cui chiacchierare e condividere ogni secondo ed ogni passo.

Ed effettivamente Danila, mamma di quattro figli, aveva davvero bisogno di una forza grande per affrontare una malattia che l’avrebbe devasta per più di dieci anni. All’inizio si era presentata come un nemico sconosciuto e poi mal conosciuto (perché la diagnostica del tumore neuroendocrino, in quegli anni, era limitata).
L’impatto con il dolore è stato bruttissimo. A trentaquattro anni Danila diventa vittima di crisi ipertensive spontanee e gravi, spesso sottovalutate ed incomprese dai medici.
Danila è messa alla prova anche dal punto di vista psicologico, perché neanche i medici capiscono questa sofferenza. Frasi come: “Ma dai!!! Te lo sei immaginato!” sono come colpi che aggiungono dolore a dolore.

Nel frattempo questa patologia rara e complessa, fa moltiplicare le cellule tumorali in tutto il suo corpo. Tutti i gesti più normali della vita (mangiare, avere rapporti con il marito, andare in bagno…) in lei scatenavano crisi mortali. La pressione saliva con una violenza estrema e tutto l’organismo era a rischio di morte. Niente, nella sua vita, era più normale fare.
I medici allora, per salvarle la vita, iniziarono a toglierle i “pezzi” dove la malattia entrava.
Nel 1982 Danila subisce sia isterectomia che annessiectomia, seguite da un’asportazione parziale del pancreas; l’anno dopo una scintigrafia conferma la presenza di un tumore nella zona rettale, vescicale e vaginale. Seguono altri interventi chirurgici (fino al 1988) nella speranza di eliminare i punti scatenanti le crisi ipertensive.
Ma niente.
Nessun beneficio.

Danila, ricordando quegli anni, dirà: «È possibile vivere la sofferenza nella gioia: il Signore mi ha fatto questo dono quando ero malata, perché lui sa fare l’impossibile»
Nel 1989 i medici si arrendo ed ammettono: “Non c’è più nulla da fare”.
Poi i fatti si susseguono con sorprese strapiene di effetti speciali.
Una partenza improvvisa per Lourdes, organizzata da un marito che mai aveva amato quel luogo.
Un bagno nelle sue acque e due richieste ben precise: che lei avesse avuto la forza di accettare la morte e che il marito avesse avuto la forza di perdonare tutto (soprattutto i medici poco professionali che avevano incontrato nel cammino).
Era un bagno fatto desiderando che la forza interiore e la guarigione del perdono si espandessero intorno a loro.
In quel maggio 1989, nelle acque delle piscine di Lourdes, tutto cambia.
Tutto!
Sia spiritualmente che fisicamente.

Subito dopo il bagno, in lei arriva una gioia senza limiti. Poi la raggiunge il marito, pacificato fino all’estremità dell’anima e con una decisione miracolosa in pugno: non avrebbe più denunciato i medici che avevano peggiorato quei dieci anni. Fine del rancore.
E poi la guarigione fisica improvvisa, segno che tutto quel che loro due provavano “dentro”, era un regalo del Signore dell’universo.
Lo stesso Signore che tutti i giorni, circonda anche noi, di “straordinario”.

M.C. 🌻

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