La malattia reca con sé sguardi nuovi sulla vita

“La parola di Dio per me è fonte presso cui mi disseto. Leggevo il blog ed ho condiviso il post che afferma che tutto è guidato da Dio secondo i suoi piani. Mi chiedo se anche una malattia possa essere voluta da Lui. Soffro da mesi a causa di un tumore che ha colpito mio padre, in un momento in cui avrebbe voluto vedere noi figlie più realizzate. Prima che si ammalasse aveva pensieri di forte scoraggiamento riguardo al nostro futuro, vedeva tutto in senso negativo. Si era allontanato già da parecchio dalla fede, covando rancori e custodendo in sè qualche suo peccato che mi sembrava lo stesse divorando. Costantemente mi chiedo il perchè della sua malattia e soffro nel vederlo impotente. Giulia”

Carissima Giulia, non so cosa rispondere al tuo “perché” riguardante la malattia di tuo padre.

D’altra parte chi, se non il Creatore, saprebbe darci una risposta certa e chiara in proposito?

E chi, se non Gesù stesso, saprebbe poi convincerci in modo indubitabile che Dio non ci vuole infermi? Le sue guarigioni regalate in ogni angolo della Palestina, parlano chiaro.

Dio quindi, non ci vuole né ammalati e né deboli.

Questa è una certezza che Gesù ci ha lasciato in eredità.

Eppure, nonostante questa chiarezza teologica, il dubbio che dietro ogni malattia ci sia lo zampino di Dio, ci rimane sempre.

Sarà l’inconscio…

Sarà il bisogno di trovare un capro espiatorio

Sarà la rabbia di sentirci senza futuro…

Sarà la tentazione di farci un Dio a nostra immagine e somiglianza

Sarà che l’infermità debilita il corpo e schiaccia l’anima…

Certo è che quando la malattia inizia a camminarci accanto, ci vuole un surplus di fiducia nella vita per continuare ad esserle grati.

E la fiducia nella vita viene soltanto trovandole un senso.

Io non conosco altro modo per sentirla appiccicata a noi anche quando la malattia ci vorrebbe isolati e già morti.

Per questo le parole di entusiasmo per la vita pronunciate dai malati, sono come un balsamo che guarisce la nostra anima.

Io leggo spesso e con avidità le ultime parole lasciate da chi sta per partire per il grande viaggio. Le ritengo un’eredità preziosa per tutti noi che abbiamo ancora un tot di giorni da sfruttare.

Anna Marchesini il 23 novembre 2013 (malata e con un corpo ridotto ad uno scricciolo per una grave forma di artrite reumatoide) accettò di farsi intervistare a “Che tempo che fa”, pronunciando parole bellissime sullavita.

L’artista aveva una cura meticolosa per la scelta delle parole. Le piaceva sceglierle per spiegarsi al meglio. Quella sera, sessantenne e commovente, ci ha lasciato delle perle di entusiasmo.

«Io vi garantisco…io ve lo giuro… che sono così interessata, appiccicata, morbosamente ghiotta, obesa di vita, che mi interessa pure la morte, che di essa è il finale…e non è detto… quindi mi astengo dal giudicare se sia qualcosa di bello o di brutto, perché è qualcosa che ci accade e come ogni cosa è osservabile…»

Parole pronunciate con slancio quasi teatrale, a cui seguì la sua irriverente auto-ironia verso i blablabla autoreferenziali: «Ma quanto parlo bene quando vengo qui!”.

Il pubblico rideva e si commuoveva.

http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-72ee9018-f985-4bd0-b1f1-aa96dc59dfcf.html

Così come si sono commossi i colleghi di Letizia Leviti quando hanno ascoltato l’ultimo messaggio dell’amica giornalista, per loro.

Letizia sapeva di stare ad un passo dalla morte e voleva salutarli. Aveva 45 anni, stava lasciando un marito e tre figli e desiderava andarsene lasciando un messaggio audio per la redazione che era stata una specie di seconda famiglia.

Puoi ascoltare qui ( https://www.youtube.com/watch?v=yjWSpwbz9TI ) la voce di Letizia. Ha la meravigliosa tonalità di chi sta parlando dell’essenza della vita come se, ad un passo dalla morte, fossenormale farlo.

In quei sette minuti di messaggio, Letizia dice tante cose. Qui ne trascrivo solo alcune. Ma ascoltare l’intero messaggio con la sua voce, è un privilegio.

«È molto importante riconoscere… le cose più importanti della propria vita.

Non trascurate mai le vostre famiglie, neanche per il lavoro.

Il lavoro non deve dominarci, niente deve dominarci, nemmeno la malattia deve dominarci.

Bisogna essere liberi, liberi di amare, e saper amare…

Amare il proprio lavoro, amare la propria famiglia, amare i propri amici, amare i propri nemici. Arrabbiarsi, ma amare.

La forza della vita, il senso della vita è solo l’amore.

L’amore è quello che ci spinge a fare le cose migliori nel corso di tutta la nostra vita. E quando succede una cosa come quella che è successa a me, è bello sentirsi pieni, sentirsi sereni, sentirsi in pace col mondo.

Sentire di aver fatto quello che si voleva fare, con sincerità, anche pagando un prezzo. Un prezzo che non è mai troppo alto nei confronti poi del fatto che la vita è vera, è vissuta, sta finendo.

È successo tante volte a me di pensare “sta finendo”, è successo anche di pensare “che bella questa vita!”, fino alla fine l’ho pensato.

Ho pregato perché stessi qui, con i miei bambini, con mio marito, con mia mamma, nel mio mondo. Ma non sono arrabbiata. Ognuno di noi ha un destino, un percorso, e il mio cerchio si vede che doveva chiudersi così. Però, ricordate queste parole, perché sono importanti, perché se al termine della vita una persona si accorge di aver sbagliato, di non aver fatto quello che aveva desiderato, voluto, si accorge di non aver amato, io credo che una malattia, e poi l’esito di questa malattia sia affrontato con molta angoscia. […] Questo messaggio non so se può servirvi, però pensateci perché è molto importante. Bisogna pensarci quando si ha tempo per pensarci».

Io non so il “perché” delle malattie.

So però che l’infermità non è da giustificare o da spiegare.

Fa parte di quel grande e misterioso universo di dolore che fa scendere lacrime agli esseri umani.

Eppure, insieme alle lacrime, qualcosa di buono da strappare alla malattia, c’è.

Perché la malattia non ci fa godere appieno della vita, ma ci fa comprendere meglio il suo senso.

Ma per capirne il “senso” ci vuole tempo.

I ritmi interiori della persona malata meritano tutto il rispetto del mondo.

Quei cinque passi da fare di fronte ad una diagnosi medica, hanno una cadenza “personale che va rispettata.

C’è chi va più veloce e c’è chi va più piano.

Chi va dal primo al quinto passo e chi va un po’ avanti ed un po’ indietro.

Siamo creature diverse che affrontano diversamente le avversità.

Non c’è da giudicare, ma solo da accompagnare.

A volte dobbiamo accompagnare gli altri…a volte dobbiamo accompagnare noi stessi.

Passo 1. La “NEGAZIONE” iniziale per proteggersi dallo shock (“Ma è sicuro, dottore, che le analisi siano fatte bene?”, “Non è possibile, si sbaglia!”, “Non ci posso credere”)…

Passo 2. La “RABBIA” conseguente diretta verso tutto e tutti (“Perché proprio a me?”) …

Passo 3. La “CONTRATTAZIONE” con il destino avverso, per cercare speranza ed avere ancora la sensazione di poter controllare la propria vita (“Se prendo le medicine…” “Se prego tanto poi…” “Se guarisco farò…”).

Passo 4. La “DEPRESSIONE” causata dall’avanzare della malattia e che affonda l’anima del malato in un forte senso di sconfitta.

Passo 5. L’ACCETTAZIONE. La fase dell’accettazione non coincide necessariamente con lo stadio terminale della malattia (momenti in cui i pazienti possono comunque sperimentare diniego, ribellione o depressione). L’accettazione è quando il malato ha avuto modo di elaborare quanto sta succedendo intorno a lui ed arriva ad una consapevolezza di quanto sta per accadere. Durante questa fase possono sempre e comunque essere presenti livelli di rabbia e depressione, ma di intensità moderata. In questa fase il malato tende a essere silenzioso e a raccogliersi. Sono frequenti momenti di profonda comunicazione con i familiari e con le persone che gli sono accanto.

Chissà in quale fase è tuo padre.

Chissà in quale fase sei tu.

In questo cammino non ci sono promossi e bocciati, ma solo allievi in procinto di arrivare alle conoscenze più alte.

Credo sia questo il motivo del grande successo spirituale della storia di Chiara Corbella Petrillo (http://www.chiaracorbellapetrillo.it/2015/02/20/quegli-incredibili-giorni-vissuti-accanto-a-chiara-corbella-petrillo/ )

Tutta la sua storia è stata un inno alla vita, nonostante la malattia.

A Fabriano il marito ce l’ha raccontata. E’ stato un piacere ascoltarlo.

Lo puoi sentire anche tu, qui, in questo video diviso in quattro parti: https://www.youtube.com/watch?v=VXrfPV5acQs e https://www.youtube.com/watch?v=NfUDftoM0PU e https://www.youtube.com/watch?v=wRNMpx-a4SE e https://www.youtube.com/watch?v=Oe-FoFcEdPs

Cara Giulia, io ho cercato di risponderti facendo parlare chi ha camminato nella malattia.

Ha detto il cardinal Veieau sul letto d’ospedale durante la malattia che lo ha condotto alla morte: Noi preti sappiamo pronunciare belle frasi sulla malattia, io stesso ne ho parlato con calore, ma ora voglio dire da malato ai preti di non dire più niente perché noi sovente ignoriamo quello che la malattia è. Al pensare quante volte ne ho parlato, e ne ho parlato da insipiente, ne piango ancora”. 

Ora mi viene solo da dirti: non ti affannare a capire il “perché” della malattia di tuo padre.

Un giorno capirai tutto.

Ora il tuo compito non è tanto quello di trovare risposte impossibili, quanto quello di fare piccoli passi possibili.

Te… tuo padre… noi tutti!

 

P.S. Quando da giovane sposa, mi ritrovai improvvisamente catapultata in un ospedale, con mio marito in fin di vita per un’emorragia cerebrale causata da un aneurisma, conobbi una persona. Lei era passata per la mia stessa strada, pochi mesi prima. Fu lei a dirmi una frase che mai più ho dimenticato. E probabilmente ho accettato di non dimenticarla, perché vedevo in lei una testimone della possibile veridicità di tale frase. Mi disse: Cristina, ricordati sempre che la malattia non è una disgrazia, ma una bis-grazia. Sto ancora cercando di capirla per bene!

 

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3 commenti su “La malattia reca con sé sguardi nuovi sulla vita”

  1. ciao e buongiorno Cristina,
    ben ritrovata!!!
    Spero questo periodo vacanziero sia stato piacevole e distensivo per te e famiglia.

    Cara Cristina, quando stamattina ho aperto la posta elettronica e trovato il tuo messaggio di un nuovo post, dopo aver letto il titolo ho avuto un sussulto, non ci potevo credere e ora ti spiego il perchè.
    Martedì sono rientrata in ufficio con un amara e dolorosa notizia, il mio capo (di cui ho una stima immensa) nn sta bene, nel pomeriggio esegue un RNM, l’esito parla di un tumore cerebrale… presumibilmente anche molto aggressivo tenuto conto che il suo stato fisico (per non parlare di quello emotivo) peggiora di giorno in giorno.
    In questi gg, così come questa mattina, parlo di lui col Signore, di stargli vicino, di essergli di aiuto e se, è nella volontà di Dio, di salvarlo, quindi leggere già il titolo del post mi ha sconvolta e il contenuto, che posso solo condividere, l’ho interpretata come la risposta alle mie domande di queste ultime ore.
    Grazie Cri, buon proseguimento di giornata e un caloroso abbraccio.

  2. Buongiorno, Lella!
    Ben ritrovata!
    Mi spiace per il tuo capo e gli assicuro la mia preghiera.
    Secondo me, nulla succede per caso. Dio c’è, ci risponde sempre.
    In questo ultimo periodo della mia vita stà succedendo spesso.
    A presto! 🙂

  3. Buon pomeriggio Tania cara,
    ti sono molto grata per le tue preghiere, davvero!
    Sì Tania, concordo che il Signore è sempre in ascolto, anche di ogni ns anche piccolo pensiero …e arriva a noi con ogni mezzo, anche quello più impensabile!!!

    Ti auguro una buona e serena giornata e lo stesso per chi passa da qui …

    a presto

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