Cara prof, ma io chi sono? … delle volte mi fermo a guardare le mie mani, le muovo leggermente, indice, medio, anulare e mignolo… indice, medio anulare, mignolo e di nuovo ricomincio a muoverli in fila, lentamente, e mi chiedo: siamo burattini? Cioè, sto decidendo io di muovere le dita? Lo voglio io oppure sono solo un robot acceso o spento da alcuni tizi che stanno in alto, sopra le nuvole? Non lo so. E questi continui “non lo so” mi mandano al manicomio! Perché non sappiamo niente? Forse rovineremmo pure quello… del resto l’uomo da quando è arrivato nella terra ha saputo solo fare danni…
Io amo il cielo, amo le stelle, amo la notte, amo il sole, gli alberi, gli animali, le nuvole, amo la vita; Dio mio come amo la vita! Si, la amo. Amo la vita, ma non amo vivere. Strano vero? Con questo non dico che voglio ammazzarmi o altro, ma la vita è vita. La vita è come il cielo azzurro, quell’enorme fondale dove tutte le nuvole danzano col vento; perché la vita è anche il vento! La vita è fuoco, è euforia, energia, gioia, è quel film mentale in cui ti vedi saltare da terra fino al cielo con le braccia e le gambe aperte e quel
sorriso che spacca le pietre. La vita è quella soave serenità con cui uno guarda il cielo. Di notte, di giorno, quando piove o quando c’è il sole, da incazzati, tristi, amareggiati… ma se guardi il cielo, andrà tutto bene. Alzi la testa. Ti entra quella purezza negli occhi che attraversa la gola, scende nei polmoni e li purifica e subito dopo scende nelle gambe, ti da quel brivido ai piedi e vola via. C’è e non c’è; sono istanti. Ma vivere è un’altra cosa. Perché non siamo soli e a me le persone fanno schifo. Puramente schifo… Non so se la sto annoiando. Può anche non leggerla e non rispondermi, ma avevo bisogno di parlare con lei perché è una di quelle poche persone che, nella sua semplicità,
dà risposte di un secondo a domande formulate in una vita. Lei è un po’ come mio padre, cioè lui è un po’ come lei. E’ un uomo forte, coraggioso, darebbe la vita solo per vedermi sorridere e vederlo mentre fa su e giù con la macchina per portare mio fratello a calcio, dagli amici o dovunque e, subito dopo, pensare che si alza a mezzanotte, torna a casa dopo 12 ore di lavoro con gente di merda e, quando torna,
non dorme, ci prepara il pranzo… E in tutto questo, ci mette così tanto amore che sembra passi la vita in paradiso.
Ovvio che certe volte c’è anche mamma per il pranzo e Luca, ma anche lei lavora tanto. Va due volte a settimana a Perugia e fa una bella mangiata di traffico per poi tornare alle 16 e mezza. Però mamma è sempre nervosa, spesso litighiamo perché mi sta addosso e perché, appunto, non è tranquilla come babbo. Facendo molto meno, dovrebbe strasorridere, solo che ognuno ha le sue capacità.
Non mi lamento, ho una bella famiglia, però delle volte mi piace isolarmi. Staccarmi da tutto e da tutti. Ascoltare il silenzio, com’è bello il silenzio! Mio Dio come è bello! E le dicevo che con lei mi sento libera di parlare di tutto.
Non so che strano essere è lei, ma è come se non avessi muri… io li chiamo cosi, “muri”. Le distanze di “sicurezza” che teniamo tra noi stessi e gli altri.
Io sono una ragazza diffidente pure con le persone che conosco ma con lei ho avuto uno strano impatto… non so, ma mi son sentita libera di scriverle questo noioso poema abbastanza inutile. Ma davvero non so chi sono.
Ciò che so è che sono vera e non credo di essere un burattino. Sono meteoropatica: col caldo sono hippie e col freddo cambio stile di vita. A poco a poco, infatti, con l’arrivo dell’inverno mi vedrà un po’ isolata e tutta nera, dalle mutande ai calzini. Quando mi vedrà cambiare, preferirei evitasse commenti in classe… faccia come fosse tutto normale…
Prof, se mi ha letta, grazie per l’interesse; se non l’ha fatto, la ringrazio comunque perché è stato un momento di sfogo. Grazie mille per tutto e scusi il disturbo”
Cara Jamila,
grazie per avermi aperto la stanza con i tuoi punti interrogativi ed esclamativi! Mi hai ricordato da dove sono partita anche io: un materasso colmo di punti interrogativi. Anche io, come te, spesso fissavo il soffitto della mia camera e mi ponevo delle domande. Tante domande!
Perché ero lì, invece che là? Perché pensavo quelle cose, e non altre? Perché mi piaceva quello, e non l’altro? Perché quella parola era stata pensata così, e non cosà?
Ed anche io entravo nei labirinti del “non lo so”, impazzendo di curiosità e di frustrazione perché non trovavo le uscite.
Ma sai una cosa?
Anche adesso lo faccio.
Solo che ora mi rilassa farlo.
Amo crogiolarmi nella marea di domande che resteranno senza risposta.
Mi piace sentirmi un puntino d’intelligenza nell’estensione universale del sapere.
Se anni fa pensavo alla vita come ad un problema da risolvere, oggi la guardo come un mistero da vivere.
Passare dal “problema” al “mistero”, mi è piaciuto tanto.
E’ come se mi fossi data il permesso di riposare nella calma dell’infinito silenzio.
Qualche volta il silenzio, è la risposta più intelligente che possiamo dare.
Il silenzio di cui parlavi tu.
Il silenzio che cercava Gesù quando andava a pregare nel deserto, Buddha quando meditava sulle sponde del fiume Nairanjana, Maometto quando si rifugiava nelle grotte del Monte Hera, o Lao-Tse sulle montagne della Cina.
E’ come immergersi nella gentilezza del mondo.
Ascolti il silenzio e, pian piano, ti accorgi che tutto parla.
E’ un momento sacro in cui ti accorgi che anche una goccia d’acqua contiene un’intera biblioteca dedicata alla meraviglia.
Chiudi gli occhi e ti lasci
sfiorare dal vento che contiene tutti i minuti della tua vita.
E’ un vento buono che ti rilassa.
Non lo vedi con gli occhi ma lo senti.
Senti che ogni tuo minuto trae vita da un’Eternità che contiene tutti i minuti del mondo.
In quei “sovrumani silenzi e profondissima quiete” è serenamente eccitante immaginarsi l’Eterno presente e lasciare che “per poco il cor non si spaura”.
Senti di essere un puntino di un’Immensità che ti coccola, ti contiene e ti regge in piedi.
Ed in quel momento, sia che tu sia in cima ad una montagna o in riva al mare o nel chiuso della tua camera, puoi dire come il grande Giacomo “Così tra questa Immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare.”
La dolcezza, poi, si trasforma in meraviglia.
La meraviglia di avere una famiglia incollata con gesti di amore quotidiani…
La meraviglia di scoprire una libertà che ci lascia muovere le cinque dita della mano, come vogliamo noi…
La meraviglia di farsi attraversare dall’amore per la vita, a dispetto e nonostante la delusione che, tante persone vive, ci lasciano addosso.
E così perdoniamo, ci entusiasmiamo, ci arrabbiamo, ci blocchiamo e ci sblocchiamo, abbracciamo e ci chiudiamo, piangiamo, ridiamo, invidiamo ed amiamo, coltiviamo, sbagliamo e ricominciamo…no, non è una malattia. Si chiama: vita!
Quando si è vivi, si cambia abito a seconda della stagione, si rinasce ogni giorno ed ogni mattina si ricomincia a dipingere il nostro personale capolavoro, composto coi minuti che ci vengono regalati.
Questa tua lettera?
E’ un piccolo capolavoro di domande esistenziali.
Continua così: vivi proteggendo le tue radici bagnate di terra, ma muoviti concentrata sempre sul cielo.
Sii un’inarrestabile cercatrice di sole e lasciati sedurre dalla sua luce.
Non ti accorgi, dolce Jamila, cosa stai facendo?
Stai pregando.
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